CRONACHE DAL PICCOLO NULLA
di
Eterodossi

 Capitolo 3 - Metropolitana

Sei cartucce a espansione. Questa palla fa fori d'uscita larghi come piattini. L'arma che ho in mano spappola. Sotto questa luce le cose non stanno poi così male. Missione del cazzo, ma il materiale è adeguato. Altre sei cartucce in un caricatamburo rapido. Mi preparo, cucio un anello nell'ascella del giaccone e ci lego una cordicella. Ci lego la pistola con un nodo, con un capo che scenda fino al polso. Tiro, e la pistola scivola nella manica fino alla mano. Piegando un poco il gomito la mia mano sparisce per intero.

Roma, Emme zeta... P... N... Ogar... 'Ognuno' non ce ne sono. Or... Ome... Officina... O'hara... Olympus... Olimpo. Un solo indirizzo. Olimpo, Giuseppa, via Barletta 22.
Uscendo dalla stazione "Ottaviano-San Pietro" della linea A, Vinicio nota il puzzo umido e rancido e la gente che entra di fretta nei sottopassaggi a destra tenendo un giornale a tettoia sulla testa, buste di plastica, si sofferma a controllarsi la schiena e le falde del soprabito con torsioni da fachiro.

Dalla mattina sono nella zona della fermata degli autobus all'incrocio con viale Giulio Cesare. La situazione è strana. Su via Barletta volteggiano migliaia di uccelli che scagazzano la strada. Impossibile appostarsi troppo vicino. Per fortuna ho il berretto calcato sulla testa. Se il nemico, o quello che la Ventur chiama così, è nelle vicinanze, col tempo si tradirà. E se fossero empathici? Se fosse un trucco di MOMM per ficcarmi in merda molto peggiore di quella che cade sulla strada? 
Ma perché poi quello stronzo deve avercela tanto con me? Se mi gioca un altro dei suoi tiri, giuro che sarà la sua ultima azione in questa vita del cazzo. Gli caverò gli occhi e me li mangerò alla coque.  Gli strapperò le palle e ci giocherò a golf...

Ho bisogno di un cicchetto. Con la mente del mio nuovo corpo alimentata da un amaro da "uomini duri" pizzico qualcosa di sospetto. Una coppia di ragazzi in una pizzetteria a taglio, appena prima del portoncino del 22. Stanno lì da troppo e le effusioni che si scambiano sono false come Giuda. Io lo so, io ho amato.

Il barbone arriva dopo poco, sale, riappare dopo mezz'ora abbondante con una sporta rossa contenente nonsochecazzo. Le danze si scaldano.

Il barbone esce dal portone di corsa, e io sto per scattare, ma non serve. Si ferma all'imboccatura del sottopassaggio a pulirsi ansimante un paio di uccellate.
Non solo: la coppia nella pizzeria esce e lo segue un po' goffamente. 
Li tampino da presso, il barbone puzza di cane bagnato - un odore che devo aver già sentito. Quando saliamo in metro - direzione Anagnina - la ragazza si dissocia dal maledetto teatrino e torna indietro.
Troppo evidente. Va a dare l'allarme, sicuro sicuro il ballo è cominciato forte; il ragazzo segue il senzacasa e quella fa arrivare rinforzi, magari se lo passano in metro. Pedinamento, e non devo farmi sgamare. Devo tenere aperti cinquanta occhi e altri cinquanta. Tasto, per sicurezza, la pistola nell'ascella.
Il vagone è caldo.
Lepanto. Commuters.
Il ponte sul Tevere. La sera è precipitata e del fiume vedo lucine sparpagliate sulla copia del porto di Ripetta.
"Flaminio. Prossima fermata: Spagna! Flaminio, next stop: Spagna!"
Sale un rumeno con la fisarmonica:
- Buonaseera a tuti! -
Un uomo sulla quarantina, ci ha messo un po' più di me a riconoscere i soliti ignoti che lavorano sul metrò e ne sta accusando una, gli fa una parte a culo enorme, ma la tipa fa finta di nulla e si offende. Per poco scatta la rissa, come al solito tutte fregnacce. Un tipo con l'eschimo nonostante il caldo agghiacciante c'ha la bocca in una smorfia di disgusto, come se tutto sto casino proprio non gli vada a genio, il barbone dà segni di nervosismo, anche lui ha sgamato il ragazzo che non si è neanche pulito la fatta che gli è toccata. Dilettanti - fottuti dilettanti.
Addirittura il mio protetto pizzica il tizio con l'eschimo a occhiarlo sulle punte dei piedi.
- Cos'è, una farsa? -
Posso immaginare i pensieri del pezzente: "Palese palese che non ha lo sguardo basso di chi si vergogna porca troia quello ce l'ha con me. Ma che poco poco tiene nella tolfa un paletto acuminato?"
Ha lo sguardo più circospetto del vagone. E' talmente imbalsamato che tutti i suoi anni diventano chili attaccati alle braccia. 20 per uno, il resto sul petto. Suda come una scrofa al macello, quasi basterebbe l'effetto puzzola a cavarlo dai guai...
Perde pure quell'aria da ti-guardo-di-sottecchi-mentre-controllo-l'ora-su-l'orologio-che-non-ho, smette di ostentare indifferenza con gesti da attore di serie B. Le smorfie e i movimenti maldestri lasciano spazio a una calma finta degna del miglior Matroianni.
Stallo. Vantaggio netto mio, non mi cagano neanche di striscio. Sbircio le gambe di un'impiegata - è raro che una bella donna porti la gonna in questa città.
Barberini.
Repubblica.
Il suonatore di fisarmonica scende. Nella calca moderata il ragazzo si posiziona per scendere alla fermata successiva, Termini.
Il barbone si è avvicinato facendo il vago per uno studio da vicino  e io mi sono appressato per seguire in processione, se si fosse messo in testa di passare da lepre a segugio. Alla fermata il ragazzo scende senza degnarlo di uno sguardo. Lo stesso al mio protetto gli viene l'insulto cerebrale.
Sgrana gli occhi e si accorcia come gli avessero dato una mazzata in testa; prima che io faccia in tempo a indagare, le risposte entrano nel vagone.
Chiunque siano questi qua, chiamati dalla ragazza, non sono venuti a rilevare il ragazzo con l'eschimo per proseguire il pedinamento del barbone.
Sono venuti a caricarselo proprio.
Lui arretra con passetti da scolaro beccato fuori della classe dal bidello manesco. Dal suo lato entra un armadio di muscoli con la testa rasata che ce l'ha con lui, sicuro come le tasse. Arretrando mi da una gobbata. Bofonchia una scusa mentre mi guarda negli occhi senza vedermi. Il panico lo cortocircuita e non credo che mi senta quando rispondo:
"Si figuvi..." e mi allontano nell'ingrigire del vagone.
"... next stop: Vittorio Emanuele."
Dalla porta centrale è entrata una bella ragazza, ho appena il tempo per dirmi un:
"Però, bella topina!"
che quella si avvicina ondeggiando, forme splendenti. Il barbone la fissa trasognato e diventa rosso con sfumature giallo panico, sta lì lì per urlare, se servisse.
Qualcosa succede e i passeggeri del vagone sembrano esseri di un altro sogno. Ignari, impassibili, con espressioni grigie, non-osservano la non-scena. Un sussultino del vagone quando il guile-terminator-ziosam muove un passo verso la vittima. 
Mi guardo intorno, cosa vedo? Facce grigie. Espressioni inespressive, visi senza volti. Indifferenza. Nessuno lo può aiutare. Solo io. Gli uominigrigi si lasceranno vivere e  lasceranno la vittima sparire conniventi e muti.     
Vanno tutti e tre verso il vano della porta opposta, il lato che non si apre. Possibile che nessuno veda che ce l'hanno con lui, che vado lì facendo scivolare l'arma nel tubo della manica?
Le gambe gli si piegano, il barbone diventa più basso della testa bionda e della testa rasata.
E' nell'angolo, a quello grosso basta mettergli le mani in testa e lo stritola come una lattina di coca. La ragazza che allunga la mano perfetta e gli prende una mano.
Labbra come amarene e denti porcellana esprimono un  ordine irrifiutabile:
"Vieni con noi, per favore."
Sembra che sono l'unico che si muove nel resto del vagone.
Il rullo compressore allunga dita rosa e grosse come cacciatorini e agguanta il braccio del barbonaccio  in una morsa 'co 'ste mano spezzo 'e sbare de fero...'
Ho sempre apprezzato questi momenti, parlo con voce impostata, decisa:
"Fine della Vicveazione... e togligli le mani di dosso, stvonzo."
Ho dita non grigie, gialle sulla spalla del golem. Non significano molto, sembra la mano di un bambino su un divano di pelle - Ma adesso non è solo il terminator-ziosam ad avere un  indice d'acciaio da puntare: della mano ritirata nella manica a bandiera del giaccone, spuntano solo i primi centimetri lucenti della rivoltella cromata. Anzi - cvomata.
Il bestione liquidatore gira uno sguardo a fessura sulla mancata vittima e poi su di me e sulla sua domatrice.
"Per il primo dei quattro..." sibila di rabbia la ragazza.
"Sileeenzio, fica pelata... Zitta e buona." interrompo.
"Non hai il potere per parlarmi così..."
"Ho la povta per il quinto infevno, dove ti viene dato un covpo di fuoco lungo quindicimila miglia se non ti stai zitta e buona. Se mi vompi i coglioni apvo la povta del quinto infevno, una povta calibvo tventotto."
Li spingo da parte:
"Daje, mettigli queste. Incatenali al vagone."  Dico al barbone, mentre gli butto in grembo delle manette.
"E pvendi il povtafogli a quello gvosso."
Il pezzente esegue meccanicamente, trasognato. Il bracciale d'acciaio contiene appena il polso del picchiatore, che segue l'operazione con occhio clinico, da sotto il bracciolo del sedile esterno stringe l'altra ghiera al polso della ragazza, che gli fa:
"Non pensare di andare lontano, cadavere che respira..."
Mentre gli pianta le unghie della mano libera nel collo!
 "Fevma, fvocia!"
La spingo per il bavero rosso e premendo la manica armata su una delle tette adorabili libero l'uomo sanguinante dal collo. 
"Vittorio Emanuele. Prossima fermata: Manzoni."
"Fovza, scendi!"
Arretra stordito verso la porta, parla con la voce femminile che pietrifica di un barbone doppiato da Marlene Dietrich:
"Sono sempre stat@ un morto che cammina." 
"A chi lo dici!" mormoro a bassa voce, più a me stesso che a lui. E intanto non smetto di controllare l'impareggiabile duo in manette.
Lascia una manata vermiglia su un sostegno, sbatte con un paio di passeggeri che salgono. Scende.
"... next stop: Manzoni."

Imbosco la pistola nella manica. Beh, mi pare di aver svolto il mio compito. Ho efficacemente protetto l'uomo con la sportina, e ora lui ha anche il  portafogli del picchiatore.
La metro riparte sferragliando.
I due sono ammanettati nel vagone. Non fanno storie, si limitano a guardarmi. Il picchiatore potrebbe avere la forza di svellere il sostegno a cui è bloccato, ma forse si rende conto che, pure evitando di  sparargli, potrei chiamare la vigilanza e ficcarli nei guai. Un sacco di domande e non vogliono rischiare. Uguale se tirassero il segnale d'emergenza per bloccare il treno. Finché resto nel vagone stanno calmi. Ad Anagnina c'è il controllo che i vagoni siano vuoti e lì verranno liberati dal personale Cotral. Possono dire una storia qualunque per liberarsi delle domande della PS, meglio che io non sia lì quando arrivano i ferrovieri con una tronchesi.
Li "accompagno" fino a Subaugusta, scendo e rapidamente faccio il giro per prendere la metro in senso inverso. Scendo a Vittorio Emanuele. Uscendo dalla stazione, cerco le tracce del derelitto. Aveva una mano ferita,  mi dico, potrebbero esserci gocce di sangue per terra. Comunque mi sembrava alquanto intronato, quindi non dovrebbe essere andato tanto lontano.
Invece è andato lontano. Non lo trovo. Torno a casa. Per oggi mi sono meritato la pagnotta.
Sbracato sul divano, ripenso al barbone che ho "protetto":
- Mammamia che razza di gente ritrovo sulla mia strada!
Ma "quelli", i miei "datori di lavoro", non hanno nessuno un po' meglio in arnese cui affidare le missioni? Almeno si lavasse. Puzzava tanto da attirare l'attenzione. Ancora non mi è chiaro come e perché mi ritrovo in questo corpo. Non capisco i legami tra Ivanovic, il Pathos, il movimento di Distruzione e questo misterioso professore quattroO che devo aiutare, pena la vita. Ma da quando mi sono svegliato, in QUESTA vita, intendo, sto cercando di vivere alla giornata, senza pormi tanti problemi. Prima o poi, però, vorrei fare delle domande alle due signore che mi accudiscono amorevolmente.  Se Alain è morto da tempo, come possono aver accettato di vedermi circolare per casa? Cosa sanno? Chi pensano che io sia? -
Mi accorgo di avere in mano l'ennesima sigaretta della giornata. IoLazar ne fumavo solo una ogni tanto, nemmeno tutti i giorni. Ma il corpo di Alain mi spinge ad accenderne in continuazione. E poi anche i Toscani! Che miscuglio! Mi fanno schifo, ma mi sento costretto ad assecondare l'impulso che viene da dentro. E ora ho bisogno di scolarmi qualcosa di forte.

La mattina dopo ricevo una lettera che contiene una  pagina delle pagine  gialle con una linea evidenziata. Una pensione vicino al cinema Volturno.
Ora di colazione! Cornetto, cappuccino e lettera!
Mi vesto rapidamente e mi incammino.
Ogni volta che esco controllo attentamente l'ambiente circostante. Cerco di capire se qualcuno mi osserva, se qualcuno mi segue.
Guido con calma, non ho fretta, non c'è un orario da rispettare. Lascio la macchina al parcheggio della Stazione Termini, tremila lire l'ora. La sosta potrebbe essere lunga, mi costerà caro. Ma non mi sembra di avere problema di soldi. Devo verificare anche questo aspetto.
Arrivo al cinema Volturno. L'insegna della pensione è davanti ai miei occhi, poco invitante. Mi sembra un postaccio. E ora? Aspetto, forse dal portone uscirà qualcuno che dovrei riconoscere.
 


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