Vuotare gli archivi: Operazione Johar
 

a cura di Patrizia Frosi

con

Dan Autarchi, Alexandra De Ambrogiis, Damien Diomenni, Patrizia Aliria Fabbri, Ariele Rubedo, Arthur Turant, Alessandro Villalobos.
 

master Elio “Digio” Di Giovanni


 
12 gennaio 2002.
AGGHIACCIANTE SUICIDIO DI MASSA IN SOMALIA
Ci giunge una notizia terribile dal nostro corrispondente ad Addis Abeba, Etiopia. A Johar, cittadina nella valle dello Uebi Shebeli, attraversata dalla Strada Imperiale per Mogadiscio, che corre verso l’Acrocoro Etiopico, è accaduto un terrificante esempio di suicidio di massa. Un gruppo di ragazze, circa una trentina di pazienti dell’ex ospedale militare Italiano, costruito dal nostro contingente durante l’ultimo intervento di pace, ricoverate per complicazioni  inerenti alla barbara procedura dell’infibulazione, ha assassinato durante la notte tutto il personale medico e paramedico, procedendo poi all’automutilazione dei propri organi genitali. Le ragazze di varia etnia e di età compresa tra gli undici ed i sedici anni si sono poi lasciate morire per emorragia, dipingendo le pareti con decine di simboli sconosciuti, fra i quali spicca come più ricorrente il P Greco. L’area, controllata dal signore della guerra Aidid, è interdetta a giornalisti ed occidentali, per cui non si riescono a reperire, al momento, notizie più precise in merito. 

Giorgio Pulitzer,

PathosNEWS, dai Fatti alle Parole
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Aeroporto di Ginevra, Lunedì 21 gennaio, 11,00 AM

Gli aerei sembrano giocattoli sulle piste, al di là delle vetrate del bar. Patrizia li guarda, tra poco anche lei si imbarcherà, destinazione Johar. E’ passata poco più di una settimana dalla notizia della strage, una settimana di preparativi, di incrociarsi frenetico di mail, di scambi di informazioni, poche, troppo poche, sui Guardiani, e il messaggio di MOMM: 

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Johar, 15 gennaio 2002

Qui MOMM. Sono giunto a Johar (Somalia) poco dopo mezzogiorno del 15 gennaio 2002. All’altezza del monumento al Duca degli Abruzzi sono stato fermato da un posto di blocco. Uno, più anziano, sulla quarantina, aveva una specie di bastone bianco, forse di avorio, con una punta acuminata alla sommità, si è qualificato come un inviato di Mohammed Fara. Questo Fara sembra sia il capoccia locale. Data la popolazione posso valutare la locale in diverse centinaia di miliziani, male addestrati ma combattivi. Mi hanno invitato ad andarmene. Mi hanno detto che la città è chiusa. Il diavolo è arrivato col vento. Nessuno deve disturbare gli anziani, mentre lottano contro il diavolo. Ho chiesto di parlare con gli anziani. Dopo alcune ore di attesa sono stato messo al cospetto di un vecchio. Un pezzo d’uomo ormai assai anziano, si appoggiava a un bastone e a un ragazzo sui dodici anni. E’ stato definito dal mio interprete: “Un Grande Anziano”. Era cieco, come se gli avessero cavato gli occhi in un tempo lontano. L’anziano ha detto: “Quali che siano le tue intenzioni, non ti avvicinerai. E’ stato detto che un uomo sarebbe giunto dall’altra parte del mare e che il Diavolo avrebbe camminato al suo fianco”. Mi e stato impedito di entrare in città, anche se avevo offerto collaborazione e rifornimenti. Ho lasciato la periferia di Johar poco dopo.

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E finalmente tutto è pronto: due squadre, la missione umanitaria, composta da Arthur Turant come Arthur Dal Cais, medico e chirurgo di emergenza, Damien Diomenni, supporto medico, Alessandro Villalobos, trasmissioni, e lei, organizzazione e logistica, arriverà in aereo, l’altra squadra, missione commerciale sponsorizzata dalla GE composta da Alexandra De Ambrogiis, Dan Autarchi, Idolo Pagano, Luca Fabbricotti e Simona Whitman, arriverà in nave via Kenia. Si terranno in contatto per coordinarsi. 

Ancora una volta risponde alla chiamata, senza farsi domande. Ancora una volta segue il volere di Destino Sovrano, scoprire cosa è successo a Johar e fermare i Guardiani. Poche informazioni e, per quanto la riguarda, nessuna esperienza. Ma il Sovrano è con lei. Ha la Sua protezione. Ha la sua fede. E la benedizione di Horus. 
Horus, che l’ha accolta nella sua casa e l’ha trattata come una figlia. 
- Sarai fiero di me, Padre. – mormora.

Ancora una volta. 

Ancora una volta la Narrazione chiama e Io rispondo.
Quale sara’ il mio Destino?
Ho perso parte della mia Ragione, la Salute e forse anche parte della mia anima.... eppure mi sento cosi’ ricco...
Damien arriva in taxi all’aeroporto, un po’ triste forse, certamente rabbioso... ma tutto celato da una finta calma.... Quasi subito va al bar si siede facendosi portare un bicchiere d’acqua... paga, rovista nelle tasche interne della giacca e si infila una pillola in bocca butta giu’ l’acqua tutta d’un sorso... Per un paio di minuti rimugina sulla missione in Siria, l’Armageddon, Lucca... nervosamente spalanca gli occhi e con una manata di rovescio butta a terra il bicchiere distruggendolo… Si rende conto e chiede scusa alla bella cameriera...lascia un paio di monete sul tavolo e esce.... Fa una sigaretta... e fuma per tranquillizzarsi... sorride... Si siede in attesa degli altri... Chiama Arthur, scoprendo che e’ a una ventina di metri e lo raggiunge... tutti insieme... 
Pronti Partenza e Via...
Damien parla poco, dorme poco, pensa troppo... Il Sogno... la sera precedente ancora il Sogno... Continuamente cerca di addormentarsi. Continuamente e’ divorato e assalito... Si sveglia spesso sudato e agitato.... ma e’ felice....

Arthur salì i gradini della scaletta dell’aereo con passo rapido. Rispose con un sorriso alle parole di benvenuto della hostess e si diresse verso il posto assegnatogli. Si accomodò e appoggiò al sedile. Ripercorse mentalmente i giorni di febbrili preparativi fatti alla Villa con Damien e Patrizia. Villalobos li aveva raggiunti il giorno prima e avevano trascorso la notte a mettere a punto gli ultimi dettagli. I documenti che riposavano nel suo bagaglio a mano li identificavano come una équipe della Croce Rossa Internazionale inviata ad effettuare un sopralluogo sanitario nella regione di Johar. L’irlandese si trovò a sorridere all’idea che la copertura non era poi tanto diversa dalla Realtà. In fondo stavano partendo per l’Africa al solo scopo di raccogliere una traccia, un briciolo di comprensione sul modo con cui sconfiggere uno dei Guardiani. 

L’aereo decollò diretto al Cairo. Lì avrebbero fatto scalo e avrebbero preso un’altro aereo per Mogadiscio. Arthur si chiese che mondo lo attendeva al di là del Mediterraneo. Era stato in Africa anni prima, in Rwanda, e i ricordi non erano piacevoli. Immaginò che la situazione in Somalia non si sarebbe rivelata migliore. Dopo il tentativo di intervento da parte delle nazioni del primo mondo la Somalia era sprofondata in un periodo ancora più buio. L’uomo era in grado di farsi del male da solo senza bisogno di aiuto. Ma l’odio e la Violenza erano un richiamo ghiotto per i Guardiani e poco faceva stupire che il Diavolo fosse arrivato col Vento a Johar a portare morte e distruzione. Mentre sorvolavano le acque del Mediterraneo Arthur sperò che non ci fossero complicazioni a Mogadiscio. All’aeroporto qualcuno li avrebbe accolti. A Ginevra alla sede della Croce Rossa gli avevano promesso che sarebbe stato accolto da personale che aveva collaborato con l’associazione prima che la maggior parte dei suoi dipendenti lasciassero la Somalia. Per quanto cercasse di evitarlo alla sua mente tornavano i ricordi di precedenti missioni. Ricordi di un periodo in cui tutto era più chiaro e avvolto dalla sicurezza che solo gli Ignari possiedono. In quel periodo il suo spirito era animato dalla volontà di porre rimedio
alle efferatezze che gli uomini compivano sui loro simili. Il Desiderio di restituire un briciolo di vita ai deboli che  erano stati schiacciati nel fango dai forti. Il pensiero corse alle ragazze dell’ospedale, al personale medico, al bagno di sangue che doveva essere stata la notte in cui il vento era giunto a Johar. Strinse i pugni e i denti. Sentiva dentro di sé montare una rabbia conosciuta. La stessa rabbia che aveva provato per i cecchini di Sarajevo, i costruttori di mine antiuomo, per la cieca rabbia razziale degli hutu e dei tutsi. Ma questa volta la rabbia era rivolta ai Guardiani, alla minaccia che rappresentavano per l’Uomo e la Narrazione. Cercò di calmarsi, di non lasciare crescere in sé emozioni che avrebbero soltanto reso più forte il nemico. Cercò di lasciarsi trasportare dal suo cuore, di percepire come sempre che i suoi passi erano guidati da una mano  invisibile, la mano del Sovrano. E se in Somalia lo attendeva il Volto di Morte, beh lo avrebbe affrontato con il sorriso sulle labbra... E lentamente l’irlandese si addormentò.

Alessandro prese l’aereo, si sedette tranquillamente al suo posto dopo aver ringraziato il personale di volo. Come il velivolo si staccò da terra e fu libero di muoversi si portò dai compagni e porse loro dei fogli di carta imbustati in modo da essere protetti da acqua e umidità, una rapida occhiata bastò per identificarli come cartine tematiche della Somalia.

- Le ho recuperate all’ultimo, non ho potuto plastificarle, spero che le buste di plastica bastino - commenta mentre le consegna loro, sono fogli singoli in formato A3 inseriti in buste di plastica apposta e sigillati con un filo di silicone. 

- Ho anche preso dei pennarelli per prendere appunti - e consegna quattro pennarelli a testa, uno nero, uno rosso e uno verde, in quarto è un solvente per correzioni. 
- Spero che possano bastare. – 
Detto questo si risiede e si immerge nei propri pensieri, è leggermente agitato, probabilmente le parole di Arthur sui rischi hanno colpito nel segno. Una volta riacquistata la calma decide che è il caso di essere un po’ più espansivo con i compagni di viaggio e quindi torna verso di loro. La prima a cui rivolge la parola è Patrizia.
- Ciao, senti noi non abbiamo mai avuto modo di parlare che fai tu nella vita? -

L’aereo decolla dolcemente da Ginevra. La giovane guarda le case diventare sempre  più piccole sotto di loro. Sassolini gettati su di un tappeto verde. Il  mondo occidentale che si lascia alle spalle, verso l’Africa. Ancora una volta l’Africa. Ma questa volta è molto diverso, vanno a cercare un Guardiano. In Somalia hanno già abbastanza disgrazie, la fame, la guerra, le malattie, la miseria: i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse, ed ora anche il demone a tormentare questa povera gente.

Non è Giusto, non glielo lasceranno fare. Lo combatteranno e riusciranno a ricacciarlo da dove è venuto, come il suo compare Demogorgon. Sorride ad Alessandro. Si sono lasciati un mese fa prendendo strade diverse, ed ora i loro Destini si incrociano di nuovo.

- Ciao! Bella domanda! Bè, prima del risveglio mi occupavo di alcuni settori della nostra azienda, a Torino. Sai, la mia famiglia ha un’industria che produce profilati metallici, abbiamo uffici e stabilimenti in quasi tutto il mondo, ed io ho girato parecchio, per coordinare e ispezionare le varie filiali. Un settore della Fabbri si occupa di finanziare spedizioni archeologiche, restauri e missioni umanitarie, è il mio settore preferito, ed ho finito per occuparmene spesso, anche perché l’archeologia è il mio hobby. Dopo il risveglio... ho continuato a viaggiare molto e, in un certo senso, ad occuparmi di archeologia. Ho servito il Sovrano  in ciò che mi ha chiesto. A proposito, io sono figlia di Destino di Enigma, Merlino. E tu che cosa fai nella vita, oltre che l’Araldo di Tiresia?-

- Io lavoro per il ministero dell’interno, sono un dipendente pubblico, diciamo che mi occupo... delle comunicazioni - le risponde il giovane strizzandole un occhio per farle capire che in realtà c’è dell’altro ma che non gli va di parlarne in pubblico - il mio è un lavoro interessante, certo non giro moltissimo ma scopro un sacco di segreti piccanti su un mucchio di gente. - aggiunge divertito ricambiandole il sorriso.

- Ma com’è che il mio titolo mi ha preceduto? - il tono della domanda è chiaramente autoironico ma probabilmente l’enigmatico è anche parecchio curioso - e pensare che credevo di essere il più sconosciuto di tutto il p... di tutta la truppa - conclude allegro. 
 

IL CAIRO 21 Gennaio 2002

Il viaggio fino al Cairo prosegue senza incidente alcuno. Purtroppo il volo per Mogadiscio viene ritardato. Probabilmente non riusciranno ad arrivarvi prima delle 12.00 del 22 Gennaio.

Mentre aspettano, Arthur scarica la posta con il palmare della Fato, per vedere se ci sono messaggi dagli altri.

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DA ALEXANDRA A PRIMA SQUADRA
Bollettino di viaggio:
Arrivo a Nairobi 21.01.02 ore 12.00. Partenza da Nairobi per Mombasa ore 00.30. Imbarco e partenza per il Porto Nuovo di Mogadiscio arrivo previsto per le 15 del 22.01.02. Mogadiscio - Afgoye (eviteremo Balad, forse) – Johar Tre jeep: la prima armata, la seconda con la guida, Idolo e Fabbricotti, la terza con Simona, Dan ed Alex. Per ora tutto bene. Il prossimo messaggio entro le 48 ore.
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DA ARTHUR A SECONDA SQUADRA
Noi siamo al Cairo. Il volo per Mogadiscio è stato ritardato, in teoria dovremmo comunque arrivare a Mogadiscio per le 12 AM di martedì 22. Una volta arrivati contatteremo del personale sanitario legato alla CRI. Dovremmo recuperare mezzi e guide in breve tempo A quel punto ci muoveremo per Johar. Non ho idea di quanto impiegherete via mare, però credo che la sera del 22 saremo tutti in Somalia. Non sono sicuro se anche noi saremo pronti a una partenza immediata, o in breve tempo, per Johar, quindi è probabile che siate voi a partire per primi. Vi raggiungeremo il prima possibile. Per il momento direi che non è necessario un rendevouz a Mogadiscio.
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Poi Arthur ne approfitta per pianificare cosa fare appena arrivati a Mogadiscio.

 

- Dunque... secondo quanto ci ha fatto sapere Alexandra il suo gruppo arriverà a Mogadiscio via mare. E’ probabile che alla fine si arrivi prima noi a Mogadiscio, ma dobbiamo ancora trovare una guida e i mezzi per spostarci, quindi alla fine della fiera penso che saremo noi a dover raggiungere gli altri. Appena arriveremo cercherò di trovare l’Ambasciata o il consolato o l’ufficio reclami Francese e Italiano. Vedremo se sarà possibile avere un aiuto da loro. L’ambasciata Francese dovrebbe essere interessata ad aiutarci specialmente perché il personale medico ucciso all’ospedale era in gran parte di nazionalità francese. Spero che possano farci un quadro sufficientemente realistico della strada fino a Johar e magari indicarci una guida. Per quanto riguarda i mezzi di trasporto... per il carico e i materiali che portiamo dovrebbe essere sufficiente una jeep di dimensioni medio grandi. Chissà, magari ci sono delle jeep dell’ONU in giro. Forse potrebbe addirittura venirci fornita da una delle ambasciate o dal personale legato alla Croce Rossa che è rimasto a Mogadiscio. Però non mi dispiacerebbe se riuscissimo a recuperare anche un paio di moto. In questo modo avremmo due mezzi di appoggio che in caso di pericolo o di necessità di abbandonare la jeep ci possono portare tutti e quattro in salvo, o dalla padella alla brace... Sappiamo che l’accesso a Johar è limitato alla popolazione del luogo. MOMM ha provato ad entrare nel paese ma non gli è stato permesso. Non ho idea se accadrà lo stesso per la spedizione di Alexandra. Io confido che la Croce Rossa sia un sufficiente lasciapassare, anche se in linea generale il popolo somalo è abbastanza irritato con la CRI e altre organizzazioni coinvolte nella missione Restore Hope. Comunque speriamo nei 7. Per il momento le nostre priorità sono trovare mezzi e guida e avere una chiarificazione della situazione raccogliendo informazioni sul posto. -

 

Aspettano nell’aeroporto del Cairo che sia l’ora di ripartire. Il Tempo scorre pigro, tra un rinvio e poi un altro rinvio, e poi il volo viene ritardato ulteriormente. L’aereo atterra all’Aeroporto di Mogadiscio alle 12.00 del 23 Gennaio.

 
 

MOGADISCIO, 23 Gennaio 2002 h.12.00

Scendete dall’aereo e rimanete un attimo interdetti. La pista dell’aeroporto è di terra battuta e non c’è traccia di terminal. I vani bagagli si stanno aprendo e c’è gente che scarica i materiali con dei mezzi di fortuna, usando la forza di braccia e alcune camionette malmesse. L’aria è un vero inferno di polvere rossa e irrespirabile. Il caldo è atroce. Alto, unico testimone di tecnologia avanzata, un termometro indica +48° C. Il sole picchia enorme nella conca dell’aeroporto. Alla vostra destra una fila ininterrotta di dune, alla vostra sinistra, muri perimetrali in parte abbattuti con colpi di mortaio.

Arthur conosce le ferite che la guerra può incidere in un luogo, le ha viste molte volte. Ma anche questa volta una sottile angoscia gli avvolge il cuore Una fila di donne e bambini vociano vicino alle baracche tentando di avvicinarsi alla zona dei bagagli ma un gruppo di poliziotti in tuta kaki li percuotono a casaccio con dei bastoni per allontanarli.
Patrizia si guarda intorno scendendo dall’aereo. Le foto viste sulle pagine delle riviste patinate, nei comodi salotti delle nostre case occidentali. Servizi in televisione. Trenta secondi al TG1 per parlare delle guerre dimenticate. Eccoli, gli originali. Fame. Miseria. Malattie. Disperazione. 
Nella spianata, a poca distanza da noi, un camion tipo ACM della CRI si avvicina rapidamente. Un uomo si sbraccia nella nostra direzione. E’ un uomo alto, dalla pelle bruciata dal sole. Alla guida un giovane di colore in abiti occidentali.
 

- Dottor Del Cais?- chiede l’uomo - L’ho riconosciuta dalle fotografie. Mi scuserà per l’assalto, ma abbiamo urgente bisogno di tutti i medici disponibili. In città temo sia arrivata un’epidemia di colera di inaudita violenza....-

Arthur non batte ciglio, annuisce e si volta subito verso i compagni.

- Mettiamoci subito a caricare tutto il materiale. – 

Sul suo volto un’espressione decisa, ma diversa dal solito. Damien la riconosce, è simile a quella che Arthur aveva durante le cure a Ginevra.

Alessandro rimane un attimo paralizzato dallo spettacolo che gli si para innanzi, aveva avuto modo di vedere le fotografie delle missioni ma affrontare la realtà senza schermi è più dura di quanto si immaginasse. Arthur sembra reagire bene alla situazione, forse perché più abituato ad una realtà di questo tipo, forse solo per doti personali, fatto sta che Villalobos si sente ben presto un idiota a rimanere con le mani in mano in una situazione come quella. Estrae una grossa bandana dalla tasca dei pantaloni, se la avvolge intorno al capo e alla bocca per non scottarsi il cranio, si rimbocca le maniche e comincia a dare una mano. I primi minuti sono di lavoro frenetico ma ben presto il sudore, la paura di tagliarsi e l’aria rovente che gli penetra nei polmoni riducono il padovano a più miti consigli; Alessandro procede ma stavolta con maggior calma e attenzione cercando di non essere di eccessivo intralcio. I volti e le voci che gli giungono lo affascinano moltissimo, gli odori pungenti del sudore e della terra lo stordiscono ma il ragazzo riesce a reagire e a rendersi utile per quanto possibile.

L’irlandese non perde tempo, sudando copiosamente comincia a caricare gli scatoloni e i materiali sul camion. Patrizia gli si affianca in silenzio, aiutandolo. Prima finiranno prima potranno diventare operativi, fare qualcosa di utile. Damien aiuta a caricare, cercando di non affaticarsi... cosa molto semplice ormai... 

Durante il lavoro Arthur scambia alcune frasi con l’occidentale.

- Tra i materiali che abbiamo portato ci sono alcune casse di anticolerici. Principalmente  doxycicline e furazolidone, e un buon quantitativo di preparato per soluzione reidratante. Siamo tutti vaccinati e io ho già fatto il colera nel 94. Purtroppo di noi quattro sono solo io medico, ma credo che anche loro daranno volentieri una mano. –

Una volta salito sul cassone del camion insieme agli altri approfitta del rumore del viaggio per parlare ai compagni.

- Mi sembra evidente che il nostro aiuto è Necessario. Non possiamo esimerci dal dare una mano. –

- Sono d’accordo – gli risponde Patrizia - Io non ho una preparazione medica specifica, ma vedrò di rendermi utile lo stesso. Inoltre, penso che potremmo trovare informazioni sul nostro “amico” anche qui. Se questo è l’unico posto dove si possono trovare dei medicinali, tutti i malati verranno qui per farsi curare, non solo i malati di colera, e magari ne troviamo qualcuno che viene da Johar. - si guarda intorno - però direi che la prima cosa da fare è aiutare questa gente. –

- Se davvero è in corso un epidemia di colera dobbiamo assolutamente prendere delle precauzioni. - continua Arthur - Il colera è un vibrione. Prolifera negli escrementi umani o animali. Lo si contrae attraverso acqua o cibi contaminati, o tramite contatto oro-fecale, quindi, bollire sempre l’acqua, possibilmente colorarla. Non mangiare cibi che non avete preparato voi dopo aver curato l’igiene. Siamo tutti vaccinati, ma lavoreremo a rischio contagio. Il periodo di incubazione è di 1-3gg. Siate solerti a segnalare i primi sintomi, che si manifestano in diarrea e vomito improvvisi e non dolorosi. Di colera non si muore, ma si muore della disidratazione che ne consegue. –

Poi sporgendosi dal cassone verso il finestrino del passeggero chiama l’occidentale:

- Signor???? Ascolti... qual’è la situazione al momento? Quanti focolai sono sospettati? Come sono organizzati i soccorsi? Da quanto tempo? –

- Mi chiamo Maliani, Ernesto Maliani... purtroppo la situazione è critica... Siamo sconvolti. Il colera si è manifestato con una rapidità incredibile, come se fosse stato sparso artificialmente, questo è il sospetto. I casi sono scoppiati dovunque in città fra la popolazione non vaccinata, e contemporaneamente, senza preavviso. Una cosa clinicamente impossibile. –

Alessandro ascolta le parole del nuovo venuto con un’espressione scossa, il nuovo arrivato non pare accorgersene ma i compagni di viaggio con cui Villalobos scambia un paio di sguardi allarmati non hanno potuto fare a meno di notare l’effetto che la notizia ha avuto sul giovane.

Turant risponde a Maliani, il volto del giovane si è rabbuiato.

- Sparso artificialmente? Merda... In quanti siamo alla Croce Rossa?-

- Oltre a questo, avete notato anche un cambio radicale nel comportamento o l’atteggiamento della popolazione colpita?- chiede Damien, lo sguardo passa velocemente da Maliani ad Arthur, e poi ancora Maliani...

- Le persone colpite dal colera mostrano poca volontà di vivere, come se fossero rassegnate alla morte, e questo, non si capisce perché, accellera il decorso... E’ la cosa che mi ha maggiormente colpito...- risponde il medico.

Intanto l’ACM esce dall’Aeroporto. Una jeep bianca piuttosto malmessa con alcuni uomini armati, con un kalashnikov montato sul tettuccio si affianca al camion.

- Non vi preoccupate... è la nostra scorta. - li rassicura Maliani.

Il viaggio a bordo del camion pare svolgersi tranquillamente, Arthur espone le sue conoscenze in materia medica con voce rassicurante, gli altri due non hanno ancora reagito, Alessandro si guarda intorno cercando di catalogare tutte le immagini suoni e odori che gli arrivano, è come se stesse cercando di assimilare tutte le emozioni che lo attraversano.

Avanzate in un quartiere di macerie. Gruppi di bambini armati vi guardano con odio. Uno lascia partire un colpo di fucile, che buca il telone dell’ACM passando a pochi centimetri dalla testa di Patrizia. Alessandro si abbassa istintivamente sul sedile tirando con sé anche la giovane.

- Cazzo!- Impreca Maliani. Aggiunge poi rapide parole in somalo all’autista. Questi sterza rapidamente, l’ACM, seguita dalla jeep sterza violentemente in una strada laterale, attorniata da case fracassate dai mortai. Dalla jeep partono rapidi colpi di fucile in direzione dei bambini. Uno cade a terra, gli altri si disperdono.

Arthur osserva la scena preoccupato. La situazione è ancora peggio di quanto aveva temuto. Nella sua mente l’immagine del bambino soldato ucciso dalla scorta. Demogorgon era stato scacciato nell’Abisso, ma la sua Essenza ammorbava ancora la Narrazione. L’irlandese lancia uno sguardo a Damien. Villalobos alza la testa quel tanto che gli serve per osservare la scena di fronte alla quale rimane allibito... 

- Fanculo!! Certo che se li nutrite a pallottole non è che potete aspettarvi fiori!- 

sono le prime parole che si lascia scappare.

Patrizia invece rimane sul fondo del camion. Per qualche secondo i suoi  compagni temono che sia stata ferita, poi si tira su, pallidissima ...  

- La Rete - mormora ansimando - qualcuno ... i nostri Padri ...- 

Stringe i denti cercano di riacquistare il controllo di sé. Si passa una mano sulla faccia, ricominciando a respirare normalmente. Torna a sedersi al suo posto, ma la sua espressione ora è visibilmente preoccupata. 

Damien sgrana gli occhi...una vita stroncata ancora...un bambino… Ricorda gli avvenimenti preceduti dalla possessione di Demogorgon... quando Arthur venne catturato... Lo sguardo e’ sempre piu’ cupo...
L’ACM corre veloce per la città. Dopo diverso tempo, si entra in una zona relativamente più tranquilla, pattugliata da gruppi di poliziotti in uniforme kaki. Le case sono state rabberciate alla bell’e meglio, utilizzando sacchi di sabbia e travi di legno per coprire i buchi. Un complesso in muratura davanti a voi piuttosto ampio su cui sventola la bandiera della Croce Rossa e delle Nazioni Unite. Passate il cancello e date un respiro di sollievo. 

Mentre sono a bordo del camion Alessandro ha un lievissimo mancamento che gli provoca un conato, per fortuna dei compagni non rimette ma appena si riprende ha un moto di stizza nei confronti dell’autista del camion che in realtà non sta guidando poi tanto male; accortosi della reazione eccessiva il giovane fa per scusarsi con i compagni di viaggio sui cui volti comunque nota un pallore non giustificabile con un comune mal d’auto. La situazione lo spinge a pensare che il giramento di testa sia dovuto al cambiamento di clima o... “scemo non è possibile che tu abbia già contratto il colera!!” pensa tra sé e sé prima di rendersi effettivamente conto che quella sensazione non gli è nuova... era solo tanto tempo che non ne avvertiva una simile. Si volta verso gli altri per cercare conferma dei suoi sospetti nei loro volti...

Arthur salta giù dal camion e raggiunge Maliani.

- Io sono abbastanza riposato, e immagino che in corsia ci sia qualcuno sveglio da troppo tempo. Se mi fai strada potrei dargli il cambio. I miei Colleghi penseranno ai materiali. Preferisco farmi subito un’idea della situazione di prima mano. Poi più tardi ci potrà essere tempo per una chiacchierata. – 
Si mette quindi a disposizione per qualunque compito necessario nelle corsie. Recupera la borsa con il suo materiale privato e indossa il suo camice. Prima di andare scambia uno sguardo con Damien e Patrizia, c’è un ombra di preoccupazione sul suo volto. Senza farsi sentire aggiunge: 
- Sistemiamoci qui. Se vi occupate dei materiali potete dare un’occhiata in giro. Io cercherò di valutare la situazione e di parlare con qualcuno dello staff che manda avanti le cose. –
Poi rivolto a Damien:
- Non ti ricorda Kuneitra? Cosa vedi Damien? –

La ragazza si mette subito al lavoro, aiutando a scaricare e sistemare i materiali. Mentre lavora  dà un’occhiata ai magazzini, come sono organizzati e quanto materiale c’è. Poi si fa indicare i loro alloggi e ci porta i loro bagagli personali. Sistemati i materiali si fa dare un camice e va a cercare Maliani.

- Io non sono medico e non so fare niente di più che medicare una ferita, ma se posso fare qualcosa, qualsiasi cosa, sono a tua disposizione. Se invece non hai niente da farmi fare vorrei dare un’occhiata all’ospedale, senza essere di intralcio a nessuno. –

Arthur si reca in corsia, affianca i colleghi del posto e cerca di comprendere l’organizzazione della clinica, i numeri dell’ospedale e come funzioni la struttura, qual è il numero dei malati ricoverati, e di quanti se ne sospetta l’esistenza in città. E soprattutto si informa su quali sono le scorte dell’ospedale, per quanti altri malati ci sono i medicinali, infine il numero di morti avvenute. Parlando con il personale cerca di capire quanto la situazione politica della città ostacoli i soccorsi alla popolazione. Ha visto che l’ospedale si trova nella zona controllata dalla fazione “lealista” mentre l’aeroporto si trova oltre una zona controllata dai Ribelli. Non può fare a meno di chiedersi se la popolazione di quest’area stia ricevendo cure. L’irlandese lavora senza pause per ore, con i gesti sicuri e veloci di chi li ha imparati e praticati per lungo tempo, ma questa volta non c’è solo il medico a muoversi tra i malati, c’è anche il Maestro del Segreto di Destino. L’Irlandese vedeva gli effetti di Pestilenza sotto i suoi occhi e le sue mani, e nella sua mente non poteva fare a meno di risuonare la mail di MOMM: “Il Diavolo è arrivato con il Vento ha detto il vecchio”. Doveva assolutamente verificare se questa epidemia era dovuta a uno dei Guardiani fuggiti. Pestilenza è uno dei Quattro Cavalieri..... chissà come era conosciuto in Somalia.

 Il padovano salta giù dal mezzo il prima possibile, la scena che gli si para davanti gli dà il voltastomaco ma la sensazione di sicurezza che queste mura rattoppate gli danno è più forte di ogni altro orrore... almeno per il momento. Come Arthur si mette in movimento Alessandro si trova disorientato, lo sente parlare arabo e si accorge di essere un pesce fuor d’acqua, sì e no un’altra bocca da sfamare. E’ con queste considerazioni che comincia a rendersi utile scaricando il mezzo.

- Chi è che comanda qui?- chiede a Maliani indicandogli la scorta armata.
- Ovviamente, qui comanda la Croce Rossa, - gli risponde il medico - quanto alla scorta è necessaria. Nessuno si muove più senza scorta, in questa città...-
 Per il resto della giornata si rende utile dandosi da fare per riparare tutti gli strumenti e le apparecchiature guasti, cercando di ottenere dal personale qualche informazione in più su quanto si dice a proposito del Diavolo venuto con il Vento, se qualcuno ha qualche storia, credenza o leggenda da raccontare.
 

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24 GENNAIO 2002
EPIDEMIA DI COLERA A MOGADISCIO
Sempre più disastrosa la situazione sanitaria in Somalia. Oltre ai terribili danni che alla città capitale hanno arrecato decine di anni di guerre civili, un’epidemia di colera di inaudita violenza si è abbattuta sulla città. Siamo ancora in attesa di notizie più particolareggiate dai nostri inviati....

Giorgio Pulitzer,

PathosNEWS Dai Fatti alle Parole
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DA ARTHUR A SECONDA SQUADRA
Siamo a Mogadiscio. E’ in corso un’epidemia di colera. Stiamo dando una mano. Spero che siate tutti vaccinati, se no fate assolutamente molta attenzione. Conoscete tutti i sintomi, se qualcuno di noi venisse contagiato contattatemi immediatamente.
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DA ALEXANDRA A PRIMA SQUADRA – 23.01.02
Per problemi vari la ns. partenza per Mogadiscio è stata rimandata. Sono ora le 4.00 a.m. del mattino, stiamo ancora navigando alla volta di Mogadiscio, l’arrivo è previsto per le ore 6.00 a.m. circa. Dalla radio abbiamo avuto conferma di quanto dicevi sul colera e abbiamo dovuto convincere l’equipaggio a proseguire. Siamo molto tesi, ma la lucidità è ancora saldissima. Siamo tutti vaccinati, il colera non ci spaventa. La ns. prima meta è Johar. Prossimo messaggio entro le 48 ore da ora.
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DA ARTHUR A SECONDA SQUADRA
Epidemia clinicamente impossibile. Si sospetta il contagio artificiale. Stiamo cercando di misurare la situazione. Ci troviamo all’Ospedale dell’ONU e della CRI, nella zona della città sotto il controllo dello pseudo - governo. L’aeroporto è separato da dove ci troviamo da una zona sotto il controllo di bande di soldati bambini. Anche se l’abbiamo ricacciato nell’Abisso Demogorgon lascia sentire ancora la sua presenza. Vi raccomando la massima prudenza, la città non è sicura, nè per l’epidemia nè per i proiettili. Cercherò di verificare se dietro il Colera ci sia il Diavolo venuto con il Vento... Il Vento ha sempre annunciato Pestilenza… Mi sto chiedendo chi fra i tre Guardiani rimasti porta l’attributo di Malattia? Balban? Agrath? O il terzo che rimane?
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Vi prendete una pausa. Siete sporchi e affaticati. Sono ormai due giorni che lavorate all’interno dell’Ospedale per alleviare il dolore della popolazione colpita. Avete camminato fra le corsie piene di morti e avete trasportato i cadaveri nei forni. Avete anche aiutato a bollire l’acqua, avete fatto da barellieri e collaborato a curare le ferite da armi da fuoco. Ora siete stanchi ed esausti... e la vostra missione è ancora all’inizio. La mattina del 25 Gennaio, alle 06,00 Alessandro comincia ad agitarsi nel letto (sono oramai quattro notti che vi siete abituati a sentirlo agitarsi nel sonno) stavolta però con un lamento mai sentito prima, un infermiere di turno si avvicina per sincerarsi delle sue condizioni, al tocco Villalobos si alza a sedere di scatto sulla branda con gli occhi terrorizzati, il paramedico fa un salto indietro lanciando un urlo sommesso alla vista dell’espressione del giovane che ribaltando gli occhi all’indietro si accascia sulla branda. L’infermiere si avvicina per controllare le condizioni dell’enigmatico che dopo qualche secondo si riprende. 

- E’ tutto ok.- sono le uniche parole che riesce a biascicare mentre si deterge il viso madido di sudore - è stato solo un incubo. –
Come il paramedico si allontana tranquillizzato dalle parole di Villalobos questi si alza per svegliare i compagni di viaggio. 
- Scusate se vi sveglio ma quello che ho sentito è stato qualcosa di terribile - poi abbassa la voce fino a renderla un sussurro appena percepibile - Non si tratta di uno strappo nella Rete come il ritorno in Okeanos di una Nota... questo non lo avevo mai provato... voi...voi lo avete sentito...vero?? - domanda guardando gli altri in cerca di una conferma.

Arthur era seduto sul suo letto nel momento in cui Alessandro era entrato. Uno sguardo tra i due confermò i sospetti di Alessandro. Gli occhi azzurri dell’irlandese non nascondo le lacrime. 

- Si. C’è stato uno strappo nella rete. Conoscevo la sensazione, ma è stato come provarlo una prima volta. Ma è quello che è venuto dopo che.... –
Le parole dell’irlandese muoiono sulle sue labbra. China la testa e serra i pugni.
-Sono tremendamente forti fratelli....Ora gli occhi di tutto il Pathos sono annebbianti da dolore e vendetta... Agrath...Il primo di Desiderio...- 

Damien china la testa e una lacrima cade a terra...

- Non lo rivedremo mai piu’ probabilmente... Ora come ora non possiamo vendicarlo, ma avverto lo stesso clima di Kuneitra, ho aspettato a dirvelo perche’ credevo fosse solo una questione psicologica... In questa stessa citta’ qualcosa e’ attivo qualcosa...proprio qui...qualcosa che si avvicina alle sensazioni che avevo a Kuneitra....qualcosa che mi ricorda....- Damien riprende fiato e alza la testa...-qualcosa che mi ricorda l’Abisso. –

Arriva anche Patrizia: ha un’aria stranita e si strofina un polso, che si sta facendo rapidamente livido. Guarda gli altri. Non c’è bisogno di chiedere niente, le loro facce dicono tutto. 

- Allora non era un incubo. Lo speravo tanto. Io ... credo di essere svenuta, mi sono ritrovata sul pavimento. E’ una Nota, una Nota che è stata ... uccisa ... una Nota di Desiderio... - si siede stancamente sul bordo del letto di Arthur - Non credevo che fosse possibile. Ma se sono riusciti ad eliminare una Nota, allora quanto sono potenti questi demoni ? –

La mattina dopo prima di riprendere le attività il padovano raccoglie i fratelli. 

- Sentite, non possiamo rimanere qui ancora a lungo, so che il nostro aiuto è prezioso per quanto sia una goccia nel mare, dobbiamo cercare di risolvere il problema alla radice e in tutta sincerità io non so da dove iniziare. Qui nessuno del personale ha sentito parlare del Diavolo venuto con il vento, neanche durante il delirio di un infermo, nessuna leggenda nulla. Mi spiace non essere riuscito a parlare con i Somali ma in tutta onestà non riuscirei a farmi capire, a voi è andata meglio?
- Niente di che. – risponde l’irlandese - A parte che ci sono troppe cose che non tornano in questa epidemia... In ogni caso è vero, dobbiamo cercare di muoverci verso Johar il prima possibile. Anche se l’altro gruppo si sta muovendo con maggior sicurezza. Eppure.... speravo di riuscire a raccogliere qualche voce, qualche indizio che ci permettesse di valutare meglio la situazione. Ho troppa paura che il tutto si riveli una trappola. I Guardiani si sono mossi, e ora nulla li fermerà... Cercherò di farci autorizzare a un trasferimento a Johar con la scusa di monitorare la situazione ed eventualmente fornire servizio e medicinali per eventuali malati di colera sul posto. La cosa che più mi preoccupa e che dobbiamo ben tenere presente è che i 300 km scarsi che ci separano da Johar sono territorio di scontro tra le bande di signori della guerra. Vorrei evitare di essere fermato da una pallottola... mi chiedo se sarà possibile avere una scorta o dei lasciapassare per quanto possano realmente valere. Una cosa da provare a cercare di sentire in giro potrebbe essere proprio un quadro aggiornato dell’attuale situazione feudale. Magari chiedendo al personale ONU del posto. Speravo di riuscire a contattare MOMM, ma niente di fatto. Forse potrebbe raggiungerci Ariele Rubedo, prima di Discordia, ma anche questo è un’ipotesi. Proverò a parlare anche con il ragazzo che guidava il camion che ci è venuto a prendere all’aeroporto, mi pareva un tipo sveglio. Magari potrebbe esserci utile -
Dopo aver terminato la discussione Alessandro chiede di poter parlare con Maliani: ha in mano un blocco di carta per prendere qualche appunto 
- Senta, dove si sono verificati i primi casi? C’è un villaggio o una città o un quartiere dove il focolaio è nato? E quando si sono verificati i primi contagi di massa?-

- Stranamente si è verificato in città, e contemporaneamente in tutti i quartieri...-

- Ma, mi scusi, vi siete fatti un’idea del perché? Un attentato batteriologico da parte di uno dei signori della guerra, un carico di viveri andato a male, cosa può aver scatenato tutto ciò solo qui e in tutti i quartieri contemporaneamente? Mi spiace se posso sembrarle polemico ma il fatto è che non capisco, magari è solo perché non sono medico ma vorrei capire meglio l’idea che vi siete fatti delle cause dell’epidemia. – 

- Francamente no... anche se è evidente che qualcuno deve avere infettato i pozzi o qualcosa del genere. Il vento che ha portato la polvere rossa ha investito la città la sera prima dell’inizio dell’epidemia, proveniente dalla valle dello Uebi Shebeli. In quella direzione c’è la più fertile zona della Somalia, con capoluogo Johar.- 

Alessandro prende appunti e, durante le sue pause dal lavoro, chiede di poter scattare delle foto, prendere qualche ripresa e registrare qualche intervista al personale e ai degenti, quelli che proprio non se la passano da paura, magari con un interprete... insomma è pur sempre il reporter e il documentarista del gruppo, riprende tutto con la videocamera digitale (cercando di filmare tutti i presenti, ma proprio tutti), successivamente studia attentamente tutte le riprese in cerca di qualcosa che può essersi lasciato sfuggire. Il tutto ha lo scopo di scoprire se qualcuno, magari superstizioso, crede a qualche maleficio o profezia che possa aver scatenato tutto ciò.
 

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24 GENNAIO 2002
EFFERATO OMICIDIO NEL CARCERE DI LUCCA
Un efferato omicidio nel carcere di massima sicurezza di Lucca. Il noto faccendiere Leonardo Di Giovanni, famoso per essere stato incastrato per la vicenda Pathos dal Procuratore Di Coccio è stato barbaramente assassinato nella sua cella, a Lucca. Non si conoscono ancora i particolari perché le indagini sono ancora in corso ma sembra che il corpo sia stato mutilato selvaggiamente.

Giorgio Pulitzer,

PathosNEWS Dai Fatti alle Parole
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DA SIMONA A PRIMA SQUADRA
MOGADISCIO, 25 GENNAIO 2002
La situazione sta precipitando. Alex è straziata, non la riconosco, è come se nessuno di noi esistesse, la morte di Gilgamesh che ha colpito tutti noi profondamente l’ha atterrata completamente, in lei non c’e più una goccia di sangue freddo, è in preda a mille emozioni e tra tutte campeggia il dolore, non so come aiutarla, abbiamo paura ad avvicinarci a lei... per questo mando io il messaggio. Siamo arrivati alla villa di un certo Adel Arabsade, un Signore della Guerra minore, grazie ai contatti di Araya. La situazione è drammatica, la città è in preda al panico. A causa di combattimenti sulla periferia Nord della città ci fermiamo per tutta la notte in questa villa, ripartiremo alla volta di Johar domani mattina. Prossimo messaggio entro 48 ore a partire da ora. Simona
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Mentre Alessandro effettua le sue interviste Arthur va alla ricerca di Maliani, lo prende da parte spiegandogli che il suo incarico da parte della Croce Rossa è effettuare una verifica delle condizioni del campo ospedale di Johar, dopo la tragedia che l’ha colpito. Proprio per conto del suo incarico CRI Arthur fa presente a Maliani che non appena la situazione dell’epidemia non richiederà il suo appoggio 24h su 24h, è intenzionato a organizzare una spedizione fino a Johar, naturalmente con la sua collaborazione per fornire mezzi ed un lasciapassare. Maliani concorda con Arthur spiegandogli che di lì a pochi giorni dovrà effettuare una consegna di medicinali in un villaggio vicino, per cui si potrebbe approfittarne per organizzare un sopralluogo a Johar.

 
 

MOGADISCIO, 26 Gennaio 2002

La nave con Ariele Rubedo a bordo si avvicina lentamente a terra, e, sebbene svegliata da poco, si affaccia pronta a vedere i primi scorci di questa Somalia che è ormai la sua destinazione. La nave su cui viaggia è ormai alla rada del porto nuovo di Mogadiscio, che si dimostra subito uno dei posti più orrendi che abbia mai visto in tutta la sua vita. Probabilmente i morti ammazzati vengono buttati in mare e galleggiano per diverso tempo. La prua della nave fende i loro corpi procedendo. Nell’aria uno stantio puzzo di putrefazione. Già ora, di mattina, il termometro segna i 40° centigradi e lei inizia a sudare. Il sole ad oriente tinge la città, fatta di rovine bianche fracassate dai colpi di mortaio, di sinistri bagliori sanguigni. Attorno, capannoni abbattuti dai colpi di mortaio e gruppi di bambini vocianti che razzolano fra i rifiuti delle navi, ammazzandosi a colpi di pietre per rubare agli altri i tesori trovati fra l’immondizia. Nonostante sia un paese islamico, lunghe code di prostitute si affollano sui moli. Dovunque, sui moli, sui tetti dei capannoni, sulle carcasse delle navi ferme con tonnellate di banane marcite, si stende una pesante coltre di polvere rossa. La nota scende  con una certa preoccupazione, avvolta nel suo travestimento, e si avvicina ad un uomo con una camionetta. C’è potere nella sua voce e un’immensa forza di convincimento... Ma c’è anche potere nelle tre banconote da un dollaro che gli allunga. In poco tempo viene portata all’Ospedale della CRI, attraversando una città sconvolta dall’epidemia. Le persone accasciate sulle strade sono decine. Attorno palazzi sventrati da decine di anni di guerre. Procedendo verso l’ospedale si entra in una zona relativamente più tranquilla, pattugliata da gruppi di poliziotti in uniforme kaki. Le case sono state rabberciate alla bell’e meglio, utilizzando sacchi di sabbia e travi di legno per coprire i buchi. Un complesso in muratura davanti a lei piuttosto ampio su cui sventola la bandiera della Croce Rossa e delle Nazioni Unite. 

Sei all’Ospedale. Dal cancello puoi vedere Patrizia passare nel cortile. 
Li hai trovati.

Un uomo sui trent’anni si avvicina in direzione di Patrizia attraversando il cortile. Indossa un camice da medico e sta trasportando quelle che sembrano essere alcune scatole di medicinali. A pochi passi dalla giovane volta la testa in direzione del cancello, come a rispondere a un silenzioso richiamo. Gli occhi azzurri si stringono cercando di vedere meglio nella calura del mattino. Il giovane prende e si dirige verso il cancello in direzione di un uomo arabo di mezz’età che lo sta osservando, arrivando a pochi passi col capo leggermente chino. 

- Prima di Discordia, bentrovata. –

- Alza gli occhi Uomo, o ti piacciono i miei piedi ?-

Lo sguardo di Turant incrocia quello della Prima Nota, negli occhi per un istante brilla una fiamma, che però scompare subito. Le labbra di Arthur sono per un istante tirate, come se stesse trattenendo una risposta, poi si distendono in un sorriso e un cenno del capo. Ariele sorride di rimando e carezza il volto di Arthur, che la conduce nel cortile presentandole Patrizia. La giovane ascolta l’irlandese che le presenta la Prima di Discordia,  osservando la persona che ha dinanzi con un misto di cautela e  curiosità, poi le sorride: 

-Benvenuta, spero che tu abbia fatto un buon viaggio. E complimenti per il travestimento!-

- Portami dentro. – fa la Nota rivolta all’irlandese.

- Ok vieni pure - risponde Arthur facendo strada ad Ariele. L’ospedale dell’ONU è in piena attività. Tutte le superfici trasformabili in corsie sono state riempite di malati. File di donne, giovani e uomini, giacciono uno accanto agli altri nella spossatezza della malattia. Sul volto di molti di essi un’espressione di apatia, quasi avessero già rinunciato alla lotta per la Vita. 

- La situazione non è delle migliori. E’ scoppiata un’epidemia di proporzioni e virulenze anomale, anche per un clima caldo e umido come quello di questi giorni. Il personale della CRI sta facendo il possibile, ma il colera continua a imperversare. Si suppone che ci sia stato un contagio artificiale, perché un’epidemia non può scoppiare così all’improvviso in diversi quartieri. - poi aggiunge - Il Vento Rosso è arrivato dalla valle dell’Uebi Shebeli. E uno degli anziani di Johar ha detto che il demonio è arrivato con il vento..... –

- Quel che ricordo – risponde la Nota - e’ che erano molti i Guardiani legati in qualche modo alle malattie. Ma spesso solo perche’ la loro natura fisica era tale da favorirle. Se anche Balban fosse dietro al suicidio di massa, cosa molto probabile, dubito sia ancora qui, comunque. Non e’ da lui prendere dei Vas, quindi sara’ difficile trovarlo. Avete qualche idea? –

- Per il momento l’unica speranza di trovare qualcosa, o meglio l’unica traccia è proprio Johar. Partiremo nei prossimi giorni per il villaggio, abbiamo avuto l’incarico di portare dei medicinali fino lì. Viaggeremo come personale della Croce Rossa. In tempi normali i convogli della CRI non vengono attaccati. Non tanto per ragioni umanitarie, ma di comodo. Mi chiedo soltanto se questi possono essere considerati tempi normali. Se il potere di un Guardiano si sta diffondendo in questi luoghi… Ad ogni modo spero che a Johar si riesca almeno ad avere qualche elemento per capire qual è il Guardiano con cui abbiamo a che fare – 

- Però, potremmo far poco senza Sentinelle o qualche rituale. Voi che ne dite ? –

- C’è un altro gruppo di Fratelli che si sta muovendo verso Johar, sono avanti nel tragitto. Tra di loro c’è Angelo, e quindi su una sentinella possiamo contare. –

- Oltre alle cure fisiche, avete provato a tirare su il morale di questi uomini e donne ? –

Ariele si avvicina ad un uomo che non appare malato ma sul cui volto appare una nera espressione di apatia Nonostante gli abiti non consoni e’ ben chiaro che e’ una donna. Appoggia la mano sinistra sulla guancia dell’uomo e gli sussurra qualcosa nell’orecchio. Gli sorride e si allontana. L’uomo si scuote, accenna un sorriso poi riprende un’espressione seria, non piu’ apatica. 

- Gli ho chiesto di toccare la Qaaba anche per me, quando fara’ il suo pellegrinaggio alla Mecca. – spiega agli altri due - Perche’ io non avro’ tempo di andarci. Forse una battuta sporca o uno scherzo razzista avrebbero avuto lo stesso effetto: distoglierli dal torpore. Verrò con voi, ma, ti prego, vedi se riesci a rimediare un giubbotto antiproiettile per me. E se passiamo da qualche signore della guerra locale mi piacerebbe parlarci cinque minuti, sai, sono sempre la Prima di Discordia e quegli uomini sono figli miei. -
 

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DA ALEXANDRA A PRIMA SQUADRA
Balad 27 gennaio 2002.
MOMM è stato qui oltre una settimana fa. Di lui non ci sono più tracce. Proseguo quindi per Johar senza porre tempo in mezzo, non credo avrò speranze di poterci parlare. Abbiamo ricevuto l’ordine di far rientrare le alterazioni di Enigma. Idolo e Simona si apprestano a rientrare al più presto. Oggi stesso contiamo di partire anche noi, dovremmo arrivare entro domani pomeriggio. Johar sarà la nostra ultima tappa, da lì se resteremo in vita faremo ritorno in Italia nei tempi e modi del viaggio d’andata. Per il Pathos tutto intendo far presente che la mia precedente non voleva dare motivi di Discordia o spaccature, ma solo puntare l’attenzione su comportamenti di Odhinn che non rispecchiano la sua NATURA. Chiedevo a voi tutti di proteggerlo e controllarlo da vicino. Lui ed il suo seguito. Nella ricerca di CONCORDIA e di UNIONE. Angelo dove sei?
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Mogadiscio, 8 febbraio 2002.

 

Vi viene fornita una ACM della CRI con dei medicinali che effettivamente dovevano essere portati a Johar. Vi viene conferito l’incarico ufficiale di rimettere in funzione l’Ospedale. Maliani verrà con voi e così pure una crocerossina, Adele. Il programma prevede che passiate per Balad e distribuiate dei medicinali anche alla popolazione locale, come pedaggio. In realtà li dovrete dare a tale Ahmed Battistini, potentato locale, e uno dei Signori della Guerra, capo di una grande banda di briganti. La CRI ha con lui i lasciapassare necessari. La scorta è superflua. La CRI nella zona ha stretto rapporti con tutti i signori della guerra locali.

Arthur controllò per l’ennesima volta che il camion fosse stato caricato per bene, scambiò alcune chiacchiere con Maliani circa il viaggio, chiese quanto tempo sarebbe dovuto durare e a che punto del percorso si trovasse Balad, per quando sarebbero arrivati a Johar. Poi prese il suo borsone e ne estrasse dal fondo un vecchio giubbotto antiproiettile della Croce Rossa. Con due manate lo spolverò....

- Me lo porto dietro da Sarajevo... Fortunatamente non ne ho mai avuto bisogno, e spero che non serva, però non si può mai sapere... - Detto questo saltò a bordo pronto alla partenza.

Alessandro aveva già i bagagli pronti di prima mattina, tutto era tornato nei suoi zaini, un’ultima occhiata all’ospedale prima di lasciarlo, con un senso di liberazione nel cuore e uno di colpa sullo stomaco. All’improvviso una chiamata, Alessandro di precipita al cellulare. I compagni preparano i bagagli per il viaggio mentre il padovano ha una breve conversazione telefonica, poi si mette al terminale, scrive una veloce mail a cui riceve immediatamente risposta. Con un’imprecazione biascicata si avvicina ai compagni, qualcosa lo turba, è evidente. Gli altri lo fissano attendendo che lui parli ma Villalobos fatica a trovare il coraggio...

- Ho appena ricevuto una chiamata dai miei... è un ordine di rientro immediato, pare che debba andare a dare una mano ad una Sentinella... subito. -
Finalmente trova il coraggio di guardarli negli occhi, uno per uno. 
- Sentite... qui le cose stanno messe davvero male, purtroppo non ho ulteriori informazioni, mi dispiace ma pare che sia essenziale la mia presenza lassù... guardatevi le spalle. – 
Detto questo li saluta con un abbraccio e si congeda per organizzare il suo rientro.
Arthur ricambia l’abbraccio.
- Mi hanno detto che le Note di Enigma vi stanno richiamando. Idolo e Simona stanno tornando. Che Fortuna ti assista fratello. – 

Alessandro guarda il camion allontanarsi nella calura della mattina, il cancello si apre, lui saluta con una mano i compagni, il cancello si chiude, lui si sente un traditore. -Buona fortuna...- sono le uniche parole che sussurra prima di tornare all’interno per telefonare.

 
 
 

BALAD, 8 febbraio 2002

 

Siete in viaggio già da alcune ore. E' circa mezzogiorno quando la vostra ACM carica di medicinali, con Adele, Patrizia ed Ariele dentro al camion, per motivi di prudenza, tre donne occidentali danno troppo nell'occhio, Damien, Matteo e Maliani alla guida davanti. 

- Il camion ha un solo fucile di dotazione - dice Maliani, - ma è meglio così.... darebbe strane tentazioni...-
Avanzate sul tracciato della strada imperiale. E' questa un’ampia strada a tratti asfaltata che avanza nella savana, raggiungendo e superando con un ponte il Fiume Uebi Shebeli. Il fiume si srotola rosso e fangoso come un serpente nella savana. In sua prossimità cresce qualche sparuto albero. Sulla strada si incrociano tanti mezzi, soprattutto camion sfasciati scortati da mezzi di fortuna armati. Avanzate sulla strada senza grosse difficoltà. 
Durante il viaggio, Arthur riceve una telefonata. Sembra disturbata e l'irlandese si sforza di farsi sentire dall'interlocutore:
- Si? ...... E' partito..... No, no, stiamo dirigendoci a Johar.... Si dovremmo fare una tappa a Balad in giornata.... si la chiamo io... -
Arthur chiude. Dopo una ventina di minuti si appunta qualcosa sul palmare.

Pare che qui, nella campagna, l'epidemia di colera non sia arrivata, e le scene di disperazione di cui siete stati testimoni a Mogadiscio non ci sono più. A mezzogiorno arrivate alla periferia della cittadina di Balad. C'è diverso bestiame al pascolo, portato da donne e bambini, Le case sono basse e in migliori condizioni che a Mogadiscio. Nessuno le ha triturate di colpi di mortaio. Probabilmente, a dispetto della sua pessima fama, Balad ha sofferto meno dalla guerra civile di altre zone vicine. Guidate il camion fra le case. Gruppi di bambini si affollano urlando: “Mancia... mancia...” Poi dirigete verso una specie di grande palazzo a tre piani, in stile fascista, circondato di miliziani armati. Maliani urla qualcosa in somalo sotto una finestra. Un uomo si affaccia, scambiano alcune parole, discutono un po' alla fine sbuffando l'uomo scende e apre i cancelli, facendovi entrare.

Arthur scambia un'occhiata con Damien. Non c'è bisogno di parole. Occhi aperti. In tutti i sensi.
Damien annuisce senza aprire bocca.
- Avanti - dice Maliani - è il momento di scaricare i medicinali. Questa è la casa del Signore della Guerra locale....-
Arthur è pronto a saltare giù dal camion. Nel farlo mormora a Damien:
- Dai un'occhiata e dimmi che ne pensi. Ci dovrebbe essere anche l'altro gruppo. Non li conosciamo.-
Poi si dirige al cassone, sporgendosi all'interno e rivolgendosi alle compagne di viaggio.
- Qui fuori è pieno di miliziani, scarichiamo e ripartiamo. Cerchiamo di evitare inutile pubblicità. –
Patrizia annuisce: 
-Va bene. Noi tre restiamo sul camion, ma voi non vi  allontanate troppo, nel caso qualcuno volesse dare un'occhiata qui dentro. -
Poi dà una mano a scaricare portando le casse dal fondo del camion, badando a non farsi vedere da fuori. Indossa una t-shirt con sopra una camicia di tela con le maniche lunghe, una taglia più grande della sua, che la copre fin quasi alle  ginocchia, jeans ed ha raccolto i capelli in una treccia. In tasca tiene un foulard, pronta a metterlo in testa al primo uomo che si avvicina. 
Rapido Arthur si fa passare le casse e si fa indicare da Maliani dove deve portarle. Un occhio a cosa sta facendo, e un occhio a cosa succede intorno al camion. Per il momento lascia che sia Maliani a dare le indicazioni per l'operazione di scarico. 
Damien scende tenendo la testa china con lo sguardo coperto dai capelli bianchi:
- Lasciamo fare a Maliani, penso che anche lui se ne voglia andare al piu' presto. Non mi sembra di avvertire nulla di strano, non ci serve stare qui...-
Poi va sul retro del camion e lancia un telone che copriva le casse verso Patrizia e Ariele perché si coprano evitando complicazioni. Con un certo sforzo scarica il cassone e segue gli altri.
 
 

BALAD, 8 febbraio 2002

Incuriositi dalle notizie ricevute, Alexandra, coperta dai suoi foulard multicolori che celano la sua identità e Dan alla guida della jeep, escono definitivamente dal loro nascondiglio e si avvicinano al palazzo dove hanno udito essere il camion della CRI. E' con un sospiro di sollievo che vedono salire sul camion, che ha appena finito di scaricare i medicinali, Matteo Arthur Turant e Damien più un uomo sconosciuto. Ci sono persone che stanno guardando con una certa curiosità la jeep. I due scendono e si avvicinano al camion. Un gruppo di uomini armati imbraccia il fucile e si avvicina con aria spavalda ad Alex e Dan. Alexandra non riesce a definire le loro espressioni quindi prende il braccio di Daniel e se lo trascina davanti: ad un occhio esterno pare una donna che cerca di coprirsi perché teme l'uomo. Abbassa la testa e sussurra veloce a Dan: 

- Mi sa che sia meglio che tu chiami a gran voce e senza fare nomi gli altri. Urla “un dottore immediatamente” con un bel sorriso stampato in faccia per favore. Tratteremo dopo con questi bei tomi -
Dan abbassa gli occhiali da sole sul naso, allarga le braccia come per abbracciare qualcuno, facendo anche notare che non tiene armi in mano, si prodiga in un sorriso a 64 denti e urla a gran voce:
- Ehi! Dottori, finalmente siete arrivati col mio carico di medicinali! Non vedevo l’ora di incontrarvi!- 
Cercando di dissimulare al meglio la tensione avanza tranquillo come se non ritenesse gli uomini armati una minaccia per lui ma quasi una scorta. 
Arthur non si aspettava qualcosa del genere, ma badò di non voltarsi immediatamente verso l'uomo. Finse di notare lo spostamento degli uomini che si interessavano alla jeep prima di guardare in direzione di chi aveva parlato in italiano. Mentalmente li conta e li osserva, alla ricerca di qualche segno comune, e dell'eventuale presenza di un capo. 
Mentre Dan sta urlando Alex gli tira una gomitata fortissima:
- Ti ho detto di non fare nomi e tu stavi per far capire a tutti che li conosciamo!!!!- questo in un sibilo - Ora stai fermo qui e controlla di aver attirato la loro attenzione se no riurla.  E ricordati che non li conosciamo quindi presentati e presentami come tua moglie. –

Damien era gia' salito sul camion, mettendosi al centro. Sente una voce, e guarda nello specchietto. A bassa voce dice ad Arthur: - Mi sembra Dan, e l'altra imbacuccata potrebbe essere Alexandra. Spero che quelli non capiscano l'italiano...-

A Maliani:- Mi scusi, come avra' notato fra noi manca un amico che e' dovuto partire per un’emergenza... quel tizio e' il suo sostituto... e purtroppo si e' portato la moglie...- dice sorridendo 
- Verranno con noi...ma vorremmo evitare problemi, se e' il caso, dovremmo chiarire la situazione a quegli uomini armati... purtroppo io di questa lingua non capisco nulla... ci puo' dare una mano?-

Arthur guarda per un istante i due immaginando la loro identità. Poi si volta e finisce di sistemare il telone del camion. Sicuramente anche Maliani avrà sentito la frase in Italiano. Si augurò che il rendevouz si svolgesse senza complicazioni eccessive. Avrebbe lasciato fare a Maliani, in fondo è lui l'esperto del luogo, inoltre era abbastanza sicuro che Alexandra avrebbe avuto una storia sufficientemente buona. Nel caso poi il suo parere sarebbe stato ovviamente favorevole. L'unica cosa che non gli tornava era questo movimento improvviso di uomini. Si augurò che Ahmed Battistini non giocasse brutti scherzi, e che soprattutto una vecchia conoscenza si facesse strane idee...

Maliani sembra perplesso, esita un attimo poi scende dal camion e si dirige di alcuni passi verso Alex e Dan. Arthur è di fianco a lui e aggiunge:

- Non ci posso credere... l'uomo è un dipendente di uno dei fornitori di medicinali della mia fondazione, parte dei medicinali che abbiamo portato a Mogadiscio sono della società per cui lavora. L'ho visto un paio di volte. Non credevo di trovarlo a Balad, sapevo che sarebbe venuto a Mogadiscio... Ma! Il pianeta è proprio piccolo. -
Poi attende l'arrivo di Alex e Dan. Alexandra si fa avanti tendendo la mano ad Arthur e al compagno che non conosce, attenta a scoprire solo una parte del volto. 
- Piacere Alexandra De Ambrogiis, vi chiedo scusa per gli schiamazzi del mio collega, quegli uomini armati non mi piacevano molto e abbiamo provato a fargli credere che io fossi sua moglie, ma non pare che la cosa possa in qualche modo preoccuparli. Ho chiesto io a lui di attirare la vostra attenzione. Siamo della Ge Oil&Gas Nuovo Pignone. Per una serie di sfortunate vicissitudini la nostra spedizione si e dovuta dividere ed una parte di noi ha fatto rientro in Italia. - Alex si rivolge verso Daniel - Daniel avevi poi portato quella partita di medicinali, destinati qui in Somalia, alla CRI? - Poi sorridendo un po' imbarazzata continua - Vi chiederei di poter far sembrare a queste persone che siamo insieme. Non vorrei diventare una vostra paziente prima del dovuto. Non vi disturberemo, abbiamo la nostra jeep ed il necessario per la nostra sicurezza ed eventualmente la vostra se ci dovesse essere uno scontro armato mentre viaggiamo... - pare esitare... - Sempre che andiate in direzione di Johar. – 

Il medico ascolta i due e si presenta a sua volta come Ernesto Maliani, medico della CRI, italiano di Genova. Scambia uno sguardo perplesso con Turant. L'irlandese risponde sollevando le spalle

- Hanno un loro mezzo e loro scorte, un pezzo di strada assieme non credo che faccia male a nessuno. E in fondo ispettori della CRI non dovrebbero essercene in giro –

I miliziani intanto si sono mantenuti a distanza, hanno osservato con interesse lo scambio di battute, ma quando sembra chiaro che la jeep viaggerà con il camion tornano ai loro interessi. O così pare, i viaggiatori non riescono a togliersi di dosso l'idea di essere osservati. Poco dopo Maliani rimette in moto mormorando qualcosa. Il camion si muove, mentre i miliziani di Balad si fanno da parte. Il loro sguardo è truce e i viaggiatori lo sentono addosso fino a quando si trovano fuori vista. La jeep di Alexandra segue a breve distanza il camion della Croce Rossa, mentre la polvere della strada imperiale nasconde per l'ultima volta Balad. Il caldo africano non concede tregua, ma man mano che i chilometri si accumulano il paesaggio inizia a mutare. Lentamente il terreno incolto lascia il posto a una piana coltivata. Un fitto sistema di irrigazione permette ai numerosi contadini di coltivare diversi campi. L'improvviso cambio del paesaggio però non risolleva il morale dei viaggiatori, ma sembra sollevare interrogativi sul perché tutto il territorio non sia stato trasformato così. La strada imperiale corre larga, fedele ai principi con cui i Genieri del Fascio la tracciarono decenni prima, al fine di collegare Mogadiscio con Addis Abeba. Lungo il tragitto i due mezzi superano più volte camionette o jeep piene di uomini armati. Non sembrano indossare alcuna divisa. Un paio di volte il camion è costretto a rallentare perché un mezzo carico di uomini gli ostruisce parzialmente la strada. Entrambe le volte sguardi sospettosi vengono scambiati tra i miliziani alla volta dei viaggiatori. Istanti di tensione, sottolineati dai fucili spianati con noncuranza, ma in entrambi i casi il tutto si risolve senza problemi. Sembra che esista una sorta di tregua sui mezzi della Croce Rossa, i miliziani dopo aver constatato la presenza di bianchi a bordo li lasciano passare. Il viaggio prosegue per alcune ore, Arthur dà il cambio al medico alla guida del mezzo e Maliani conferma che questa è una delle regioni più coltivate della Somalia. A differenza di altre zone colpite dalla guerra civile quest'area sembra avere goduto della protezione della tregua non scritta che riguardava la Strada Imperiale.

- Stiamo per lasciare il territorio controllato dal Signorotto di Balad - annuncia Maliani - Tra un poco entreremo nella zona di Johar e lì comanda Mohammed Fara -
Quasi a confermare le parole del medico genovese dopo poche centinaia di metri dietro una curva un gruppo di uomini armati occupa il centro della strada. Dietro di loro un camion e una camionetta sono stati messi di traverso. La camionetta ha il pianale scoperto, e sopra di esso è montata una mitragliatrice. La strada è sbarrata. Arthur sporgendo il braccio dal finestrino segnala alla jeep di Dan e Alexandra di fermarsi, mentre egli stesso arresta il mezzo pesante a una ventina di metri dagli uomini Maliani scende rapido mentre sei uomini si avvicinano ai mezzi. Indietro rimango gli uomini sulla camionetta e un'altra mezza dozzina. Nessuno degli uomini indossa una divisa comune, a prima vista si direbbero miliziani, ma la qualità delle armi da fuoco che tengono in mano rende più probabile che siano mercenari. Il genovese scambia qualche parola in somalo con il portavoce del gruppo, poi si volta verso i compagni di viaggio.
- E' un check point. Qui cambia l'autorità tribale. Devono ispezionare il nostro carico. E lo faranno minuziosamente. Non conviene fare resistenza di sorta, dovrebbe filare tutto liscio. -
Poi insieme ad Arthur si dirige verso il camion per aprire i teloni e permettere il controllo.
 
 

JOHAR, 8 febbraio 2002

Al check point guardano con aria sospettosa le armi che portate con voi. Uno dei miliziani rivolge parole aspre al dottor Maliani, che risponde in somalo con un aria quasi imbarazzata. Ogni tanto lancia sguardi di fuoco in direzione di Alexandra e Dan. Alla fine vi lasciano passare. Procedete per diversi chilometri a nord. Quando il terreno comincia a farsi un po' più arido e a nord si intravede la periferia di una città piuttosto estesa, Maliani, che si era chiuso in un silenzio totale si blocca improvvisamente, tirando il freno a mano. Scende con aria molto irritata, senza curare di uno sguardo Arthur e Damien che sono accanto a lui. Arriva davanti ad Alexandra e l'apostrofa violentemente:

- Allora a che cazzo di gioco stiamo giocando?- poi si volta verso Turant –E lei dottor Del Cais, abbia la compiacenza di non raccontarmi balle.... questi non sono i sostituti di Alessandro... lo ha ammesso anche lei – indica Alexandra - dichiarando di essere inviati da una cazzo di azienda petrolifera. E sono armati fino ai denti! Esigo delle spiegazioni.... Non metterò in pericolo il prestigio guadagnato dalla CRI in questa zona a costo di tante vite umane per un gruppo di avventurieri....-

Alex si toglie i foulard di dosso, poi con calma si rivolge a Maliani: 

- Voglia scusarmi dottore non so chi le abbia fatto credere che io sia la sostituta di qualcuno, quello che posso offrire è forse opera di volontariato, non ho molte conoscenze in campo medico. Daniel invece ha conoscenze mediche e soprattutto chimiche e lavora per una ditta farmaceutica associata GE. I medicinali che trasportate li abbiamo dati noi. Non siamo in cerca di avventure e non sono certa di saper usare le armi che trasporto, non ne ho mai usata una, ma venire qui senza armi l'ho ritenuto stupido, nella necessità spero di potermi ingegnare. La nostra azienda ha l'interesse di poter sfruttare le risorse di questa Nazione e ci ha mandato in avanscoperta per vedere ciò che potevamo offrire in cambio di questi sfruttamenti. Partendo da Johar, che ha registrato poche settimane fa quell'orrendo suicidio di massa, di cui non si sa niente, ha pensato di mandarci a valutare le condizioni delle poche strutture ospedaliere e le necessità di prodotti farmaceutici e personale medico e paramedico per poter pianificare un'offerta in questo campo, in cambio dei dovuti permessi di poter cominciare i rilevamenti del caso. Ora... abbiamo chiesto di poterci unire a voi perché il capo spedizione ed altre due persone sono state richiamate urgentemente in sede e ci hanno lasciato qui ordinandoci di arrivare almeno a vedere l'ospedale di Johar e le condizioni dei suoi abitanti. Ci siamo sentiti un po' sperduti ed ho pensato di poter approfittare della benevolenza con la quale è guardata la CRI. Ma se crede che questo possa inficiare la sua opera ci allontaniamo subito e non vi daremo più fastidio. –

Arthur è saltato giù dal camion dietro a Maliani, si aspettava una reazione del genere, o per lo meno la riteneva probabile. Socchiude gli occhi quando sente parlare Alexandra di GE e sfruttamento delle risorse. Per il resto non dà segni di riconoscerla, quando si toglie i foulard. Quando Maliani lo apostrofa Arthur mantiene un'espressione calma e replica:

- Dott. Maliani, le ripeto quanto le ho già detto. Non sono i sostituti di Alessandro, speravo che ci raggiungesse qualcuno per sostituirlo, ma così non è stato. Sono stato sorpreso quanto lei di trovare a Balad il dipendente di uno dei fornitori della mia Fondazione - dice indicando Dan. - Le motivazioni per cui siano qua, e perché si stiano dirigendo verso Johar, le conosco quanto lei. Personalmente non credevo che il percorrere un tratto di strada assieme potesse mettere a rischio il buon nome della Croce Rossa. Perché? Per le armi? Beh credo che sia abbastanza normale per chi non ha una protezione nominale come quella della CRI. In ogni caso dottor Maliani, è lei che conosce il territorio ed è il più indicato per gestire la situazione. Se lei ritiene che ci siano delle cose che devono essere chiarite e dei comportamenti che devono essere tenuti dica pure. Non credo che la signora e il suo compagno avranno problemi ad adeguarsi alle regole e gli atteggiamenti che riterrà più opportuno. Cosa le hanno detto al check point? -
Poi si volta a osservare la periferia di Johar.
- A me basta arrivare all'Ospedale e valutare la situazione, e se possibile riattivarlo nel più breve tempo possibile. E se sarà possibile renderlo operativo in qualche settimana. -
Arthur annusa l'aria come per percepire un odore lontano, per un istante sembra non essere presente, poi si volta nuovamente verso i suoi compagni, sperando che le spiegazioni che avrebbero dato a Maliani fossero sufficienti. Non era la cosa migliore rimanere a litigare in mezzo alla strada a meno di un chilometro dalla tana del lupo.

- Ah....- commenta Maliani con espressione indecifrabile -... e mi dica dottor Del Cais... Lei conferma questa versione?-

- Le ripeto quanto le ho già detto. Parte dei medicinali che ho portato al mio arrivo sono stati forniti dalla società per cui il signor Autarchi lavora. Una parte di questi medicinali è già stata utilizzata all'ospedale di Mogadiscio. Anche alcune delle scatole che portiamo nel camion arrivano da quella partita. Non avevo idea che dietro questo ci fosse la GE. - Arthur sottolinea le ultime parole con un tono un po’ scocciato, quasi che non gli faccia piacere vedere in campo una multinazionale. - Non so. In questi giorni ci sono un sacco di voci sul fatto che la Somalia sia nel mirino dell'Operazione Enduring Freedom. L'Ambasciatore americano in Kenia sta facendo un giro tra i vari Signori Somali per valutarne l'opinione. E' già stato sia a Baoida che Johar. Non so cosa dirle, se anche la GE sta valutando il terreno è probabile che ci siano degli sviluppi futuri in proposito. Le multinazionali non si muovono a caso. Che ne so, ci sarà qualche profitto da fare a Johar. -

E' chiaro dal tono di Arthur che anche lui è perplesso. L'espressione del medico sembra essere anche un po’ seccata nei confronti di Alexandra e Daniel. 
- La signora sembra essere disponibile a dare una mano. Credo che farsi un po’ di esperienza in un ospedale possa sicuramente aiutarla nell'incarico affidatole dalla sua multinazionale. Così nel suo rapporto oltre ai possibili guadagni potrà segnalare la realtà dei fatti. -
Arthur si fa più vicino ad Alexandra, dando leggermente le spalle a Maliani come se ora si rivolgesse solo a lei.
- Credo che sia sufficiente che i signori abbiano ben chiaro che questa è una spedizione umanitaria. Che stiamo portando soccorso. Che non siamo qui per profitto. Che ogni rischio che questo gruppo deve assumersi deve essere solo in funzione dello scopo, che è il soccorso. Queste sono le condizioni per continuare il viaggio assieme. Per questo motivo io, e credo anche il mio collega, non accetteremo che la missione CRI possa essere messa in qualche modo a rischio per le azioni personali di qualcuno. –

- Si appunto è ben chiaro - ora il tono di Alex non è più quello di prima, ha un sopracciglio alzato - mi sono state chieste spiegazioni e le ho date, offrendo il mio supporto come volontaria se questo potesse risultarvi utile vista la situazione che ci immaginiamo di trovare a Johar ed in cambio dell'aver potuto fare un pezzo di strada insieme. A questo punto però vi dico io un'altra cosa, non ho intenzione di mettermi a disquisire sull'umanità o meno delle multinazionali e sul perché e percome facciano opere di beneficenza, non trovo che sia nè il luogo nè il momento adatto. Come ho già ripetuto se ritenete che si sia d'intralcio basta dirlo – Alex si rimette i foulard e continua - non gradisco più di tanto il dovermi giustificare e credo appunto di averlo fatto fin troppo. Quindi dottor Maliani se vuole una mano sono qui e starò letteralmente a quanto mi dirà di fare, se non gradisce me lo dica e ce ne andiamo seduta stante. -

Lo sguardo di Alex è diretto e decisamente fermo, non considera minimamente Arthur e concentra l'attenzione solo su Maliani.

Damien guarda la scena dal finestrino... Non c'e' tempo da perdere. Si avvicina al finestrino e dice:

- Allora? Che aspettate? Volete fare un pic-nic?-
Torna dentro e accende una sigaretta...

Maliani guarda fisso Arthur. Annuisce. Sembra che le sue parole lo abbiano definitivamente convinto. Rivolto verso Alexandra dice poi:

- Bene, signorina. Non amo molto le multinazionali e i loro... agenti. Ma qui di certo c'è bisogno di tutti. Benvenuta a bordo...-

Avanzate con i vostri mezzi verso la città, rallentate, passate le bidonville. C'è bestiame al pascolo portato da donne e bambini che vi guardano con diffidenza. La città doveva essere un tempo un luogo molto bello. il suo nome significava gioiello, e di certo doveva essere un vero gioiello. Al centro di un’ansa dello Uebi Shebeli, rappresentava l'ultima zona fertile a nord. Le case sono a due o tre piani, ma al contrario di quanto ci si aspetterebbe, c'è pochissima gente per la strada. Siete arrivati con i vostri mezzi nella piazza principale della città. Stranamente vi è sembrata deserta. Donne e bambini fuggono al vostro approssimarsi. Il monumento al Duca degli Abruzzi, in mezzo alla strada, è stato coperto da uno straccio colorato, i cui brandelli a fiori svolazzano strapazzati dal forte vento. La sabbia da nord invade questa zona, piuttosto umida. L'afa è soffocante e la sabbia impalpabile vi si incolla alla pelle. Un gruppo di quattro somali si avvicina. Sono tutti armati, e ne intuite altri sui tetti vicini. Hanno un età variabile fra i 16 e i 18 anni Tre di loro hanno dei Kalashnikov. Uno, quello che parla, è più anziano, forse avrà quarant'anni e ha una specie di bastone bianco, forse di avorio, con una punta acuminata alla sommità. Vi si rivolge in somalo, e Maliani traduce immediatamente.

- E' un inviato di Mohammed Fara. Chiede quali sono i nostri affari. – Parla rapidamente poi al somalo che gli risponde aspramente. 
- Non capisco. Vuole che andiamo via. Dice che Johar è chiusa, perché il diavolo è venuto col vento, solo quando gli ho detto che vogliamo riaprire l'ospedale mi ha detto che ci farà parlare col Signore della Guerra–

Attendete a lungo. Il sole di mezzogiorno rende la piazza sabbiosa arroventata. I palazzi cadenti in stile fascista che hanno subito decine di saccheggi fanno intravedere nelle orbite vuote delle loro finestre, donne e bambini che si ritraggono spaventati.

- Non è normale - dice Maliani - Non ho mai visto Johar così...-
Arthur accoglie il commento con un cenno della testa, a testimonianza dell'espressione preoccupata che gli si sta dipingendo sul viso. Damien intanto si guarda attorno. Prova qui le stesse sensazioni che ha provato a Mogadiscio, la stessa inquietudine. Un rapido sguardo tra i due uomini non fa che aumentare l'attenzione e la tensione che l'irlandese prova. Quasi inconsciamente stringe un pungo, in sé la rabbia per la profanazione dell'Assenza sta crescendo sempre più. 
Poi il gruppo di armati ritorna e vi chiede di seguirli. Venite introdotti in un grande palazzo fiancheggiato da palme e pesantemente sorvegliato. All'interno salite uno scalone di marmo ed entrate in un grande salotto in stile arabo. Un uomo di colore di circa quarant'anni, un vero colosso, vestito totalmente di bianco e una barba lunga e nera, vi guarda sospettosamente, sdraiato fra i cuscini. Fa cenno di accomodarvi e delle donne portano dei vassoi di frutta essiccata e un tè. 
Arthur saluta l'uomo mostrando il dovuto rispetto, nuovamente lascia che sia Maliani a condurre i colloqui. Alcuni uomini armati rimangono a sorvegliare la sala. 
- Siete venuti a riaprire l'Ospedale, dott. Maliani? O siete venuti a ficcanasare?- dice l'uomo in italiano perfetto.
Maliani rimane interdetto, così come Arthur.
- Signor Fara - risponde Maliani - non capisco. Perché ficcanasare? Noi siamo della Croce Rossa, è evidente che veniamo anche per capire cosa è successo ai nostri colle...-
Ma un urlo vi blocca. Un vecchio è sulla porta e con un gesto pieno di orrore si para la bocca con le mani. Un tempo doveva essere un uomo imponente, ma ora è curvo, cammina in maniera malferma e si appoggia a un bastone e le orbite vuote degli occhi mostrano i segni di un qualche tipo di mutilazione, forse rituale. I lunghi capelli bianchi gli cadono inerti sulle spalle dandogli un aspetto quasi stregonesco. Indossa un paio di jeans strappati e sdruciti e porta una camicia di stampo occidentale, che un tempo doveva essere bianca. Di certo non è di etnia somala, forse kenyota, in ogni caso di ceppo equatoriale. Un giovane di circa dodici anni gli regge il gomito sinistro. Nonostante l'uomo sia palesemente cieco indica Damien con la mano tremante. Dice diverse cose in somalo, con tono concitato. Mohammed Fara salta in piedi, allarmato. Maliani sbianca in viso.
- Ma no - dice in tono spaventato - Non gli darete mica retta... qui siamo tutti fedeli servi di Dio. Veniamo in pace e per carità cristiana... non potete credergli...-

- Non so cosa abbia detto, ma non mi pare amichevole..la sua salute non mi pare un granché… cosa ha blaterato? - Damien chiede sottovoce a Maliani, fissando le orbite del vecchio. Dentro di sé sa benissimo che le parole di MOMM prendono consistenza. -In ogni caso potremmo tentare di curarlo o almeno tranquillizzarlo...-

Arthur scambia un rapido sguardo con i compagni. Nella sua mente ritornano le parole riferite da MOMM “Verrà un uomo con il diavolo al suo fianco... “. Il vecchio era un Risvegliato, probabilmente il marchio di Damien era stato percepito. Fa un cenno a Damien di stare seduto, e si alza. L'irlandese si mette tra Fara  e il vecchio, con le spalle rivolte al primo. Rapido chiede a Maliani:

- Cosa ha detto? Le parole esatte per piacere. -
Maliani deglutisce:
- Dice che tu sei l'Uomo della profezia, e che il Diavolo cammina al tuo fianco. Dice che bisogna offrire agli spiriti te e tutti quelli che hai contaminato...-

- Be' pensavo peggio - Damien sente una certa rabbia incontrollabile salire da dentro, nervosismo... se avesse qualcosa in mano, in questo momento sarebbe in pezzi forse... - Sembra una battuta da film di Indiana Jones, giusto per curiosita' quale sarebbe questa profezia?-

L'espressione di Arthur è cambiata sottilmente, chi lo ha già visto all'opera riconosce la tensione che si mostra nella linea delle labbra e delle sopracciglia. Arthur continua a fissare il vecchio, sembra in qualche modo che ci sia uno scambio di sguardi tra il cieco e il giovane. Dopo aver sentito da Maliani la traduzione, di cui immagina già il significato, gli dice di rispondere rapidamente in somalo direttamente al vecchio.

- Digli che ciò che crede di aver visto non è più. Digli di controllare, potrà rendersene conto da solo. Digli che siamo qua per allontanare l'ombra dalla città. -
Maliani lo guarda sorpreso e traduce immediatamente, ma il vecchio sembra essersi bloccato, come ascoltando una voce lontana. Arthur studia le reazioni, e le possibili vie di fuga se le cose dovessero mettersi male, ma per il momento non sembra assumere un atteggiamento né preoccupato nè spavaldo. Sembra solo determinato. Si volta verso Fara sondandone il volto, cercando di capire quanta influenza avessero le parole del vecchio sul signore di Johar, aveva visto come l'uomo si era alzato di scatto e temeva che le parole del vecchio avessero fatto prendere agli eventi una brutta piega. Fara sembrava interdetto. Fece solo un rapido gesto e tutti i kalashnikov si puntarono sugli otto occidentali. 
Adele si ritrae terrorizzata: - Dottore, che sta succedendo...? – chiede a Maliani.

Arthur mosse alcuni passi verso il vecchio e disse nella speranza che qualcuno traducesse:

- Quale profezia, venerabile? Gli spiriti ti permettono di vedere oltre il visibile, se essi possono permetterti di vedere nel nostro cuore saprai che non c'è più contaminazione, soltanto la cicatrice, della più terribile delle ferite. –

- Ma quali spiriti? - prorompe Damien, non vedendo nulla di particolare nelle persone che stanno davanti a lui - Arthur, mica gli vorrai dare retta? Il loro Diavolo e' l'epidemia, e noi siamo qui solo per fare del bene...-

Alex si tiene in disparte durante lo scambio. Si aspettava qualcosa del genere, ma stranamente non ha paura. E' molto tranquilla. Tiene comunque d'occhio gli uomini armati e fa cenno a Dan di fare lo stesso.

-Hai idea di quali siano gli spiriti ai quali si riferisce ? Puoi chiederglielo ? - Patrizia domanda al medico genovese altrettanto sottovoce, un occhio alla trattativa di Arthur e l'altro agli armati nella stanza.

Ma il vecchio non risponde. Le sue cieche orbite si voltano verso Ariele, il suo volto incartapecorito mostra un'espressione di sorpresa.

- Ubi es, domine?- sussurra sottovoce...
Tutti gli altri sono fermi, in attesa. Ariele e' molto sorpresa. Vecchi ricordi si affacciano alla sua mente...
- Vi prego, tranquilli, non muovetevi, non dite nulla...- dice rivolgendosi a Damien e Arthur, che annuisce con un cenno impercettibile e fa un passo indietro. Poi si slaccia la pesante tunica araba che porta e la fa scivolare a terra, rivelando che sotto ha una tuta avana tipo mimetica e una Katana legata alla schiena. Con un gesto molto lento la slaccia, la prende in mano, la porge con un sorriso al vecchio.
- Probe ac prudens senex. Hic est pulchra quae vides. Ego sum sua vas. Auxilium fer nos in tuo ipso ausilio-
Detto questo, aspetta in silenzio che il vecchio prenda o tocchi la Katana e abbassa lo sguardo. Il Vecchio si avvicina, e con le mani tremanti tocca l'arma. Il suo volto teso si piega in un sorriso, sulla sua guancia rugosa scende una lacrima. Con reverenza, accarezza l'elsa e la bacia. Poi, repentinamente si volta verso Fara parlandogli imperiosamente in somalo. Fara fa una smorfia d'irritazione, ribatte con veemenza, gesticolando rabbiosamente. Il Vecchio ripete la stessa frase di prima aggiungendone altre. Fara rimane un attimo in silenzio, sembra ribollire di rabbia, poi si volta verso gli Empathici.

- Ebbene, questa faccenda va chiarita! Volevate raggiungere l'Ospedale. Ebbene, ci andrete, ma per ora avete l'ordine di non uscire da esso, finchè non mi saranno chiare alcune cose. – 

Si rivolge in somalo ai miliziani che vi intimano di seguirli, con le armi alzate contro di voi. Venite obbligati a lasciare la stanza, dove Mohammed Fara e il vecchio misterioso continuano a fronteggiarsi. Alexandra prende Patrizia per mano e con tranquillità si lascia condurre. Alla fine va dove aveva deciso di andare, il fatto che Fara dica che non le permetterà di uscirne finchè non avrà chiarito la situazione è decisamente un problema secondario a ciò che teme di trovarvi. Arthur si lascia accompagnare verso l'uscita senza problemi.

Il gruppo viene scortato in quella che sembra una camerata di soldati: ci sono dieci brande di ferro, cinque per lato, una finestra con le inferriate ed una porta che conduce ad un piccolissimo bagno. Il posto è spartano ma non ha l’aria di una prigione. La porta si chiude alle loro spalle e sentono che viene chiusa a chiave.

Arthur posa lo zaino su una delle brande, poi dice a Maliani:

- Mi son già trovato in situazioni in cui le credenze della gente del posto hanno avuto un'importanza fondamentale. Per questo sono stato pronto a parlare con il vecchio sciamano. E a quanto pare anche questa volta sembra che dovremo vedercela con la Tradizione. Speriamo che il vecchio mantenga il suo ascendente su Fara, per il momento, così possiamo finalmente metterci all'opera. -

Poi aggiunge:
- Cosa si sono detti il vecchio e Fara? Non mi sembra che abbia mandato giù il boccone facilmente.-

- Il vecchio deve essere uno di quei dannati santoni che hanno mutilato per generazioni le povere ragazze del posto. La CRI ha lottato per anni per cercare di eliminare l'influenza di queste... autorità religiose, invano. Ci sarebbe bisogno di missionari, ma alla faccia della carità cristiana nessun missionario ha la voglia di incontrare il martirio da queste parti. –

Ariele trattiene a stento una risatina. Sembra davvero divertita. Come se avesse appena sentito un'assurdità. Poi si ricompone e dice: 

- Condanno molto piu' di lei chi praticava l'infibulazione come mezzo di predominio maschile, carissimo, ma, no, quel... santone.... e' di tutt'altro genere, glielo assicuro. –

- Oltretutto questo simpaticone si è contraddetto da solo – continua Maliani - Prima ha detto che eravamo servi di Satana, poi ha detto che FORSE siamo inviati degli Spiriti benigni e che si era sbagliato. Fara non ha apprezzato molto la cosa. Di certo non è contento di condividere l'autorità con un vecchio pazzo, ma sa che non gli conviene sfidare l'autorità religiosa, che è l'unica ad essere rispettata in sede intertribale. Suppongo che stia prendendo tempo. Non voleva mostrarsi supino agli ordini del vecchio, ma non vuole nemmeno contraddirlo. Relegandoci per qualche tempo ha salvato capra e cavoli... Comunque devo ammettere che girando con voi non ci si annoia di certo... E quella specie di katana che cosa mi rappresenta signorina Rubedo?-

- E' una questione strettamente personale. Non potrei mai separarmene. La prego di non approfondire l'argomento, mi scusi. –

Alexandra udendola si volta a guardare Ariele con un sorriso sulle labbra, pensa “Finalmente qualcuno che rimette Maliani “il saccente” un po' al suo posto”, poi sempre alla volta di Ariele arriccia divertita il naso e le strizza l'occhio per voltarsi senza attendere reazioni da alcuno e sistemare la sua roba su una branda.

 
 

JOHAR, 9 Febbraio 2002

L'indomani Arthur si alzò presto. Aveva dormito male e poco. La consapevolezza di essere in un luogo infestato dall'Assenza non lo abbandonava mai. I suoi compagni si alzano preparandosi a raggiungere l’ospedale e cominciare il loro lavoro, ma le ore passano ed i miliziani non si vedono, nessuno viene a prenderli. Gli empathici cominciano a pensare che Fara abbia deciso di tenerli prigionieri, quando finalmente, è ormai giorno pieno, la porta si apre e i miliziani li scortano ai loro mezzi. Una camionetta con su alcuni uomini armati fa loro da battistrada, mentre un’altra si mette in coda al convoglio. 

Prima di muoversi verso l'ospedale Arthur disinballa alcune cose da un paio di scatole.

- Visto che non sappiamo se l'ospedale è stato ripulito o meno dopo quanto è accaduto, è meglio se ci dotiamo di queste - dice distribuendo ai compagni di viaggio mascherine e guanti. - Mi raccomando, una volta dentro non toccate niente prima di avere fatto un'ispezione generale. -
Alexandra prende dal suo zaino l'album da disegno ed una matita, si mette la piccolissima fotocamera digitale in una tasca della camicia, disinvolta ma senza farsi notare, rimette lo zaino sulle spalle e infila mascherina e guanti. Ha una pistola nascosta sotto la camicia. 

L'Ospedale di Johar si trova alla periferia settentrionale della città, a poca distanza dalla Strada Imperiale, che prosegue diritta verso Addis Abeba. C'è una cinta esterna con un muretto alto un metro e mezzo e sormontato da una ringhiera arrugginita, in alcuni punti divelta. C'è un solo cancello d'ingresso, che viene sbarrato non appena siete entrati con la vostra jeep e il vostro camion. I miliziani rimangono all'esterno. Davanti al cancello ci sono le prime case di Johar. Dietro si stende un’arida savana. Vi accorgete subito che fuori dal recinto ci sono ronde di miliziani. Il sole che sta cominciando a calare ad occidente, tinge la bianca costruzione di sinistri bagliori rossastri. Si tratta di una costruzione in cemento intonacato di bianco simile a un basso parallelepipedo con quindici finestre per fila su tre file sul davanti, sei di lato e diverse feritoie sul retro (nessuna finestra). Diversi capannoni di attrezzi e un garage con due autoambulanze di fortuna parcheggiate stanno addossati al retro, accanto all'unica porta di servizio C'è anche un gruppo elettrogeno non funzionante. Probabilmente nell'ospedale non c'è più energia elettrica. Il portone è spalancato. Entrate nell'atrio. C'è un bancone di reception con fogli sparsi dappertutto. Schizzi di sangue secco sono su tutte le pareti. Un grande scalone senza ringhiera porta al piano superiore. A sinistra c'è scritto Pronto Soccorso (in italiano), ma la porta di vetro è in frantumi. A destra c'è una corsia con una targhetta scritta in italiano e in francese con scritto Reparto Maternità. Sulla scala un pannello divelto indica 1° piano Chirurgia ed ortopedia 2° piano Comando e medicina.

Arthur osservò l'interno dell'ospedale. non potè fare a meno di sentire un brivido lungo la schiena. Così finalmente erano giunti nella tana del lupo. Si augurò vivamente che la fiera lo avesse realmente abbandonato, che non li attendesse lì. Le notizie che erano giunte sembravano suggerire di si, ma non si sarebbe stupito a trovare qualche cucciolo.

- Credo che ci convenga organizzare il lavoro. Questo posto non mi piace per niente. -
Arthur si rivolge quindi a Maliani per iniziare a programmare il sopralluogo.
- Penso che la prima cosa da fare sia di ispezionare la struttura, valutare i danni e vedere cosa c'è di salvabile. –
Arthur si preparò con cura, preparando mascherina e guanti. In tasca aveva infilato il suo bisturi da 13 (resezioni toraciche) e la piccola custodia per le iniezioni. In una fibbia del giubbotto la torcia elettrica Una piccola videocamera fu infilata nella sacca. Aspettò che anche i suoi compagni fossero pronti. 
- Io direi di cominciare dal piano terreno. Il pronto soccorso deve essere riattivato quanto prima quindi partirei da lì. Non vi nascondo che sono abbastanza turbato dall'idea di entrare. Non riesco fare a meno di chiedermi cosa troveremo lì dentro. Dal clima di paura che sembra aleggiare su questo ospedale non mi stupirei che nessuno si fosse occupato dei morti. - Uno sguardo ai miliziani che pattugliano l'esterno dell'edificio. - E dentro io non mi separerei. Non siamo un esercito e possiamo muoverci assieme. Le ragazze che hanno compiuto il massacro erano degenti dell'ospedale. Probabilmente qualcuna di loro si trovava in maternità, oppure era ricoverata in chirurgia o medicina. Non credo che ci attenda un bello spettacolo. -
Arthur si mise la mascherina ed entrò all'interno dell'edificio. Lentamente Arthur si dirige verso la zona del pronto soccorso e si affaccia sul corridoio. Dietro di lui il dottor Maliani e la crocerossina Adele. Per primi ispeziona gli ambienti illuminati dalla luce del sole, ovvero le stanze sul lato delle finestre. In ogni stanza solleva o apre le imposte per cambiare aria e far entrare la luce. Ovviamente lo sguardo corre spesso sui muri alla ricerca dei segni tracciati col sangue che erano citati sull'articolo, invano. Anzi i segni di sangue in quest'area sono minori che nell'atrio. L'irlandese procede con cautela, appoggiandosi a chi è andato con lui. E' molto cauto, anche a costo di dare l'impressione di essere eccessivo. Alla luce del sole lo spettacolo non era meno macabro, gli schizzi di sangue erano un po' dappertutto, in tutto l'ospedale, come se qualcuno si fosse divertito ad agitare membra palpitanti e frattaglie, strascicandole a volte sulle pareti. Nonostante ciò non c’erano cadaveri, e il sangue è secco da settimane. A volte si trovano macchie di sangue più consistenti che possono far sembrare che una delle vittime del massacro sia caduta lì. Ci sono segni di passaggio di uomini, e tracce di un primo intervento. Pesanti scarponi da miliziani e piedi nudi di pastori, anche di fanciulli e donne. Il mobilio e gli oggetti non sono in ordine, tutto è buttato all'aria, come in preda a un parossismo più che ad una lotta vera e propria. Nel complesso il reparto è in buone condizioni, e le attrezzature sono adattabili. Nella parte terminale della corsia c'è una cucina e una cambusa, con una botola spalancata. Affacciandosi si vedono scorte di scatolame e acqua potabile e una cella aperta con dentro scorte di medicinali intatte. Ci sono anche ampi contenitori sigillati (plasma? sangue?). Forse con un paio di giorni di lavoro il pronto soccorso potrebbe essere di nuovo operativo, anche senza luce elettrica....

Alexandra si avvicina ad Arthur e gli dice: 

- Io vado al secondo piano, teoricamente le infezioni si curano nel reparto di Medicina...- 
Alex sale le scale. Ora comincia ad avere paura... ma procede decisa. Prende il cellulare e chiama un numero.
- Pronto, ciao... sono Alexandra... sono all'Ospedale di Johar...-

Dan è lievemente nauseato dallo spettacolo, e sa che probabilmente dovrà vedere di peggio a breve, messosi la mascherina e riguadagnata un po’ più di serenità si dirige verso Alex e a bassa voce:

- Beh dimmi da dove preferisci iniziare il tour, ti ho accompagnata fino ad adesso, e ti seguirò anche ora non vorrei ti capitasse qualcosa di brutto senza essere protetta da una bella figura maschile come me. - è chiaramente ironico e cercando di sdrammatizzare fa un piccolo sorriso rivolto ad Alex non appena termina la frase. Alex gli schiocca un bacino sulla guancia e gli strizza l'occhio, poi gli sussurra:
- Partiamo dal secondo piano e scendiamo. -
Alex e Dan salgono le scale con circospezione. Dalle macchie sembra siano state inondate di sangue. A metà scala c'è una statua di marmo della Madonna, che è stata decapitata. Uno scalpello le è stato piantato fra le gambe, all'altezza del pube. Arrivano al primo piano e si guardano attorno. I due reparti di chirurgia ed ortopedia si stendono a sinistra e a destra, oscuri e vuoti. Alex e Dan continuano a salire con circospezione.

-Io controllo il reparto maternità. - dice Patrizia - Probabilmente le ragazze erano ricoverate lì, visto che non c'è un reparto ginecologia. Però, secondo me, è meglio se non ci dividiamo tanto. Chi viene con me ? Maliani, terrò il cellulare acceso con la chiamata al numero del tuo, così, se dovessi avere dei problemi, mi sentirai e potrai intervenire. -

Un cenno di saluto ai compagni e si avvia. Dopo un attimo di esitazione, Ariele si avvia dietro di lei, lasciando Damien nell'atrio. Arrivata sulla soglia, prima di entrare, Patrizia dà uno sguardo cauto a destra e a sinistra, per accertarsi che non ci sia nessuno in agguato oltre la porta. Poi le due donne avanzano insieme nel corridoio. Svoltata la prima porta, Patrizia spalanca gli occhi dallo stupore. Davanti a lei c'è una grande camerata. I letti sono stati spostati al centro e così pure i mobili e i materassi. Su tutti i muri, un tempo bianchi, sono stati tracciati col sangue simboli fittissimi, fra cui il più ricorrente è il Pi greco. Purtroppo non c'è molta luce, ed occorre procurarsi delle torce ed entrare per vedere meglio. Patrizia guarda sbalordita lo spettacolo che le si para davanti.
- Occazzo...- mormora. Poi esce dalla corsia, tirandosi dietro anche Ariele, perche non se la sente di lasciarla sola lì dentro anche se è una Nota, e torna nell'atrio.
-ALEX!!! DAN!!! VENITE GIU'!!- Prende una torcia per ognuno di loro dall'attrezzatura e rientra, esaminando con attenzione la stanza. Mentre procede apre tutte le finestre, per far entrare la luce e l'aria, e scacciare le ombre. 
Alex va loro incontro. Entrata nella stanza in silenzio comincia ad osservare tutto, ogni particolare. Una volta procurate le torce partendo da sinistra e procedendo verso l'estremo opposto si attarda su ogni singolo simbolo. Per i simboli in alto monta su qualsiasi cosa la porti a livello, per quelli in basso si accuccia. Riporta il tutto fedelmente su carta. Si attarda sui letti, sposta con circospezione le lenzuola, cerca qualsiasi cosa sia estranea al luogo. Dan inizia a scattare foto dei simboli sulle pareti e guarda se li conosce o li ha già visti, usati in altri rituali con particolari simbologie. Alex è scossa, poi guarda il soffitto... e continua a cercare, cerca conferme di ciò che crede. Controlla il telefono nel taschino:
- Simona ci sei?- attende risposta e poi le passa tutti i dati. - Cerca di farti aiutare da Arianna ed Eraclito, sulle pareti sono impressi dei messaggi... sembrano associazioni cabalistiche... mi vengono in mente le sephirot ma non vedo cosa c'entri.... se hai carta e penna scrivi per favore:
1 (Satana, Il male, La dannazione)
2 (la guerra, il combattimento, l'assassinio)
3 (il tradimento, l'imboscata, il nemico nell'ombra)
4 (il saggio, il mago, il sapiente)
5 (la morte, la fine, il confine)
6 (dolore, la pena, la sofferenza)
7 (il vuoto, il nulla, l'assenza)
Un nome mi tamburella in testa, quel “vento del sole” ha fatto tutto questo... Pazuzu il demone della tempesta “colui che ammala le anime”, demone alato, deforme, munito di artigli e coda di scorpione, temuto fin dall'antichità nelle terre della Mesopotamia: era la personificazione del vento tempestoso di Sud-Ovest, foriero di disastri e malattie. Consultati ed affidati alle due Note che hai vicino per favore...-

Mentre i compagni si concentrano sui simboli sulle pareti, Patrizia, senza allontanarsi troppo dal resto del gruppo, perquisisce il resto della corsia, facendo attenzione a dove mette le mani, cercando di non ferirsi. Indossa mascherina e guanti.

Arthur si rivolge ad Alex appena ha finito la telefonata.

- Pazuzu? Ho sempre sperato di non averci a che fare.... Rappresenta la malattia, la morte per sofferenza, la sofferenza senza significato. E' tutto ciò che ho combattuto prima del mio Risveglio. - sogghigna a denti stretti. - Per favore mi spieghi un po’ cosa hai visto?-

- Arthur non c'è il suo nome dissimulato tra questi macabri segni, ma in realtà credo proprio che sia lui. Il sacrificio umano, le malattie portate dal vento, la follia... Psiche, è lì che attacca... e si combatte con Enigma, per questo ho passato a Simona ciò che ho letto e le mie supposizioni. – 

Alex chiama Arthur e gli altri, con particolare insistenza Ariele, vicino a sé e con la punta della matita comincia a ripercorrere i punti scoperti. Spiega che all'inizio possono sembrare solo un ammasso di simboli senza senso, soprattutto Pi greche, spirali e altri simboli magici ed esoterici messi un po' a casaccio. Ma se si guarda bene non sono i simboli a comporre un reale messaggio, ma sono i punti mischiati fra di essi, di cui i simboli costituiscono solo delle cesure. I numeri dei punti sono tipiche associazioni cabalistiche ebraiche. Dei concetti più che messaggi veri e propri. Sembrano ripetuti gli stessi soggetti, nella medesima sequenza. - Vedete? Ad ogni punto in sequenza corrisponde un messaggio, come ho detto prima a Simona. Sono tutti concetti ripresi nel Faust, sembrano in progressione tra di loro, come se questo fosse un ciclo... Ma non riesco a focalizzalo... Dovrei rileggere quel libro... comunque sia, bisognerà lavorarci sopra... – 

- Posso aiutarvi poco, solo con qualche informazione ora. A meno di non fare qualcosa per liberare le Note di Discordia dagli involucri che le hanno protette dall'Euforia. – interviene Ariele.

Arthur scambia uno sguardo coi compagni:

- Pazuzu dicevi… - fa rivolto ad Alex - Non lo temo, anche se presto credo che ci farà una visitina.–

- Credo che tu abbia ragione... e non sappiamo come combatterlo. – risponde Alexandra.

Nel frattempo, nell'atrio, Damien sembra avere lo sguardo perso nel nulla. Poi riesce a recuperare il controllo, di riflesso cerca di capire da dove arriva l'attacco che crede di avere subito. Poi il panico prende il sopravvento. Corre verso il reparto maternità. Ariele, Dan, Patrizia ed Alex lo guardano sorpresi. Ha gli occhi spalancati e pieni di terrore.

- Ho... ho subito un... un attacco esterno... qualcosa, anzi qualcuno, fatto di ombre ha cercato di impadronirsi della mia mente...-
Poi forse la corsa o forse lo shock si fanno sentire. Damien si accascia, tenendosi il petto con le mani. Sta ansimando e diventando molto pallido. Tenta di afferrare il cellulare, ma i rantoli che emette sono inarticolati, come se fosse in preda a un collasso cardiaco.
Arthur è una scheggia. In pochi secondi è a fianco dell'amico. Lo fa sdraiare e ne controlla immediatamente le condizioni vitali. E' pronto a intervenire con tutte le pratiche mediche di emergenza e cerca di mantenerlo cosciente.
- Damien, ricorda Kuneitra, puoi resistere... lo hai fatto con chi ti ha marchiato, puoi farlo anche con lui. -
Alex accorre al fianco di Arthur e si china su Damien.
- Damien ascoltami, se mi puoi sentire combattilo, lui è nell'ombra, cerca la luce e torna da noi. Arthur hai delle bombole d'ossigeno? Servirà a poco forse ma possiamo provare. –

Fuori, il Sole si abbassa verso l'orizzonte, inizia una nuova notte sull'Ospedale maledetto.

Arthur non può fare a meno di osservare le ombre, e chiedersi che cosa nascondano realmente. Il Maestro del Segreto ha un'espressione indecifrabile mentre indaffarato cerca di aiutare Damien. Alex è perfettamente allineata con il pensiero di Arthur... Non resta che attendere ....
Nel silenzio rotto solo dalla lotta di Damien, l'irlandese stringe gli occhi. Non osa immaginare cosa abbia provato Damien. Questo luogo puzza di Morte e di Assenza in un senso fisico, emozionale. Come Kuneitra. Arthur controlla i segni vitali di Damien ed estrae dalla borsa una scatola di metallo grande come una tabacchiera. Con gesti ormai automatici la apre e ne estrae una piccola siringa. Una fiala è già inserita. Lo ha curato per tutto il periodo della Possessione, e durante la convalescenza. Conosce le sue reazioni e sa come aiutarlo. Lo si sente mormorare a denti stretti:
- Un'altra Crisi da Sindrome di Kuneitra, eh Fratello!? Dai che ne hai passate di peggio! -
Damien mormora qualcosa...
- La prima battaglia… La prima battaglia l'ho vinta.... solo il cuore... il cuore.... E le ombre... fate attenzione alle ombre...-
Damien pare soffrire decisamente, in una lotta che si protrae silenziosa, poi lentamente migliora. L'aiuto di Arthur è stato tempestivo. L'Araldo delle Moire si è ripreso dall'attacco cardiaco, e si addormenta in un sonno agitato. Sia Alex che Arthur sono svegli accanto a lui.

Ad un tratto Arthur sembra folgorato da un pensiero, sorreggendo Damien sbotta:

- Cazzo, cazzo, CAZZO!!!! Il generatore! Abbiamo passato un giorno a guardare il soffitto e non abbiamo pensato a rimettere insieme il generatore.... e sapevamo delle ombre.... -
L'irlandese guarda i compagni nella speranza che qualcuno di loro ci abbia pensato...
- E' evidente... - dice Maliani - Ma io non ho la minima conoscenza di come si riattiva un gruppo elettrogeno. Il suo volto illuminato dalla luce della Luna proveniente dalle finestre sembra per un attimo diventare bianco come la morte, i suoi occhi diventano rossi come il fuoco. Sulla sua fronte brucia un glifo simile a un Pi greco rovesciato. 
Dan stava tranquillamente seduto in un angolo, fumando lentamente una sigaretta e cercando di farla durare il più possibile, era l'ultimo pacchetto quello che aveva aperto e non voleva che finisse troppo presto... a un certo punto gli parve di essersi addormentato e di star avendo un incubo... ciò che vedeva gli pareva tutto meno che reale, la sigaretta gli cadde dalla bocca, gli venne in mente una sola cosa e alcuni consigli di suo padre Nimrod...qualcosa tipo “Gli eroi vivono un giorno scappa oggi e forse ti vendicherai domani” o qualcosa del genere,comunque la prima cosa che fece fu di avvicinarsi lentamente, quasi inconsciamente, ad Ariele... era un bravo ragazzo e voleva seguire i consigli di suo padre...

- D'altra parte, siete carne morta...- prosegue il medico in maniera tranquilla -… e di certo non ve ne farete nulla della luce quando anche le vostre frattaglie saranno sparse sulle pareti... Comunque, se qualcuno di voi sa come riattivare il gruppo, potremmo farci fulminare tutti quanti, almeno non soffriremo molto...-

Poi, fuori, nel buio della notte, da qualche parte in città si scatena l'inferno. Raffiche di kalashnikov, colpi di mortaio. Una battaglia è in atto.
Adele si sveglia di soprassalto e si affaccia alla finestra.
- Mio Dio, stanno combattendo in città... e non c'è più nessuno a sorvegliare l'Ospedale...- poi si volta verso Maliani, lo guarda e lancia un urlo stridulo di spavento.
- Beh? Che ti prende Adele? Non è il momento di lasciarsi prendere dal panico - dice il dottore sorpreso. Il suo volto innaturale inizia a sudare sangue dall'attaccatura dei capelli. - O forse ti brucia e vuoi una ripassata, puttanella? -
Alla vista del glifo rovesciato Alex si alza bruscamente in piedi ed estrae la pistola. Si avvicina ad Ariele e si mette tra lei e Maliani. Alex è cinerea e spaventata, ma la vedete molto concentrata sul bersaglio, mentre dice a tutti: 
- Ricordatevi di NON ucciderlo, ora è prigioniero del corpo di Maliani e lì resta finchè il dottore non muore. -
Sempre tenendo d'occhio il dottore Alex ricomincia a parlare: 
- Arthur hai la morfina? Se riesci prepari due siringhe? Ariele... Ho giurato che avrei difeso le Note, tutte, a scapito della mia stessa vita e sono pronta ora a tener fede a quel giuramento, ma tu sei speciale, in te c'è qualcos'altro che ora può essere la nostra sola via d'uscita. Sei un messaggero... mia Madre me lo ha confidato, tu sola puoi combatterlo ora e ricacciarlo temporaneamente da dove è venuto, così come Nimrod mi disse che grande fu il tuo contributo nella notte dell'Armageddon... Ora ti chiedo, lo puoi fronteggiare? Se sì dimmi cosa vuoi che faccia ed io sarò al tuo fianco. Se no... riparati dietro di me e fuggi per favore, la tua vita vale ben più della mia. –

- Nessuna vita deve essere sprecata, nessun filo della Narrazione tagliato. Non morire per difendere me, se vuoi salvare una Nota, dovesse succedermi qualcosa, porta al sicuro la mia Katana. – le risponde Ariele.

Arthur è rimasto immobile al suo posto. Lo sguardo puntato su Maliani e sull'entità che lo possiede. Lo sguardo dell'irlandese non mostra paura, solo freddo interesse per la creatura.

Patrizia era andata a vedere in che condizioni era il generatore: prima di uscire si era guardata intorno e aveva controllato se c'è la possibilità di essere centrata da un cecchino: palazzi intorno, barricate ecc. ecc.: pareva tutto tranquillo. Lei non aveva competenze specifiche, ma era in grado di capire che non funziona perché aveva finito il carburante. Tornò verso l'ospedale. Aveva l'intenzione di andare da Maliani e dirgli di chiedere ai somali di mandare qualcuno con del carburante. Inoltre aveva trovato dei bidoni e del materiale combustibile per fare dei bracieri per la notte. Voleva anche chiedere ad Alex se aveva una pistola in più da prestarle. Prima però provò a contattare un amico antiquario a Gerusalemme, Slomo Ben Tallud, gli mandò una mail, con il palmare della Fato, con le associazioni cabalistiche che avevano trovato per chiedergli se a lui dicevano qualcosa o se conosceva qualcuno che potesse dare qualche informazione su quella roba. Tuttavia ogni collegamento col palmare sembrava inattivo. Anche il cellulare era muto. Preoccupata, si avvicinò al portone dell'ospedale quando sentì i primi spari provenire dalla città. Si abbassò spaventata e strisciò dentro all'atrio. Piegò verso il pronto soccorso, l'area che era stata ripulita e vide cosa stava succedendo. Sbucò alle spalle di Maliani, interdetta. Alex puntava la pistola sul dottore, mentre parlava concitatamente con Ariele. Maliani si alzò in piedi:

- Che diavolo sta facendo? E' forse impazzita? - ruggì contro Alex. E mentre ruggiva sbavava e le sue mani si trasformarono in artigli affilati come rasoi. La sua bocca si spalancò in maniera innaturale e diventò immensa, irta di denti aguzzi e mostruosi.
- Non vorrà mica spararmi! Fermatela!- continuò ad urlare Maliani con la voragine mostruosa che aveva al posto della bocca, e con un balzo si lanciò contro la donna che lo minacciava. 
Arthur serrò la mandibola alla vista dell'arma. C'era qualcosa che lo disturbava nelle parole di Maliani. 
Adele urlò e si accasciò a terra svenuta.
Alex sparò. Due colpi, uno per gamba. Un fumo sottile sembrò allontanarsi rapidamente dal dottore, dissipandosi nell'aria e disperdendosi fra le ombre. Maliani urlò e crollò a terra.
- Ahhhh! Maledetta! Maledetta! Maledetta pazza! - urlò disperato. Dai fori di proiettile che aveva nelle gambe il sangue zampillava a fiotti. Le ombre della stanza sembrarono sussultare e vibrare, come se avessero vita propria.

Patrizia, che si era tolta subito da dietro Maliani, passò rapidamente da un braciere all'altro accendendolo. Le fiamme si alzano ruggendo e illuminando la stanza, scacciando le ombre. Guarda Maliani che urla, poi Alex. 

- Hai idea di che cosa fosse quel fumo? Dicevi che il demone era imprigionato in questo corpo ... ma se può uscire e rientrare ... magari in qualcun altro ... Bè, comunque ho una buona notizia: il generatore ha solo finito il carburante. Domani questo posto lo illuminiamo a giorno!-

Alex solo ora si riprende dallo choc dell'aver sparato e colpito per la prima volta nella sua vita... Trema leggermente, cosa decisamente inusuale per lei che normalmente tiene sé stessa sotto un perfetto controllo, questo è indice indiscutibile di quanto è sconvolta dalla situazione.

Ariele impugna la Katana tenendola con entrambe le mani ma senza sfoderarla, anche se e' pronta a farlo. 

- Se capisco bene, queste  ombre, questa possessione... non credo si tratti di un Guardiano. Non serviranno trucchi da Sentinelle e nomi veri, almeno non credo. Queste sono emanazioni, brandelli di Guardiano che rimangono al suo passaggio. E, accidenti, i brandelli di un Guardiano Maggiore sono potenti quasi quanto un Nota. Parlate ad alta voce. Qualsiasi pensiero vi frulli per la testa, tiratelo fuori. Riescono ad insinuarsi nel vostro inconscio. Damien credo lo sappia bene. –

- Credo che Ariele abbia ragione, - interviene Alex - teniamo la testa occupata e parliamo a voce alta, testi di canzoni, liriche del tempo che fu, poemi, ciò che volete... - poi comincia a seguire Patrizia e ad aiutarla con i fuochi, tenendo d'occhio tutti i compagni e le ombre, facendo attenzione a mutamenti fisici degli uni o delle altre e la sentite mormorare 

- Cantami, o Diva, del Pelide Achille, l'ira funesta che infiniti addusse, lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco che generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto lor salme abbandonò (così di Giove l'alto consiglio s'adempia), da quando primamente disgiunse aspra contesa il re de' prodi Atride e il divo Achille. E qual de' numi inimicolli? Il figlio di Latona e di Giove. Irato al Sire destò quel Dio nel campo un feral morbo, e la gente peria: colpa d'Atride che fece a Crise sacerdote oltraggio. - e poi ricominciare...

Mentre Alex parlava alla Nota Arthur aveva estratto la siringa della morfina, una sottile asticella di metallo, con un pulsante dosatore. Arthur si muove, con un balzo si accuccia a fianco di Maliani, con un movimento deciso pianta l'ago della siringa nello spazio tra la clavicola e la prima costa. In ogni caso la morfina aiuterà Maliani, due proiettili nelle cosce possono essere letali. Sono i pensieri banali su cui cerca di ancorare la sua attenzione, osserva il collega e le sue condizioni, vuole capire se le ferite possono essere mortali, e se l'emorragia è fatale. Quando la morfina sembra intorpidire il soggetto Arthur applica due lacci emostatici alle ferite, rimane stupito nel non vedere nessuna traccia di sangue sulla sua fronte ma solo quelle dei colpi dei proiettili.

- Maliani non aveva coscienza di essere posseduto, eppure ha agito e parlato come lo fosse. E se fosse stata un'ombra? Dobbiamo trovare una soluzione, non possiamo gambizzarci a vicenda. -
Con un gesto rapido lancia a Dan una siringa e poi indica Adele che giace incosciente.
- Dagliene solo un quarto, dovrebbe bastare. Non voglio che la prossima sia lei. -
Arthur osserva anche qui la metamorfosi con un occhio un po’ clinico. Ha visto cosa succede al corpo umano di un Vascello, e pur sapendo che ogni guardiano è peculiare trova in qualche modo sospetta la  metamorfosi. Come avviene? Una deformazione in qualche modo anatomica? O totalmente impossibile? Turant fa uno sforzo per cercare di ricordare tutto quello che ha visto oggi nell'ospedale. Vuole assolutamente cercare di ricordare qualcosa che gli confermi che il massacro è stato compiuto con armi e mani umane, seppure selvagge, e che non ci sono tracce o segni di unghiate o armi mostruose. Sulla base di questo, della metamorfosi e della dissonanza tra le parole e le azioni di Maliani, vuole cercare di valutare la possibilità che l'accaduto fosse indotto e non reale. In fondo si tratta di un Guardiano che ha a che fare con le Ombre, potrebbe essere questo il modo in cui ha indotto la follia omicida nell'ospedale. Vuole capire a tutti i costi se ci fosse qualcosa negli eventi appena accaduti che gli permettesse di escludere la possibilità che tutto fosse stato un'illusione.
- Impossibile...- conclude, doveva essere stata un'illusione.

Patrizia gli si avvicina, tirandolo per una manica. Ha un'aria perplessa e piuttosto combattuta.

- Ascolta, c'è una cosa che volevo dirti ... prima, quando Alex ha sparato a Maliani, io  ... non ho capito il perché! A me non sembrava che stesse facendo niente di strano, però voi tutti ne sembravate convinti. Ho cercato di capire, ma non ci riesco. Vedo solo che siete tutti sconvolti. Vuoi raccontarmi che cosa avete visto voi ?-
Arthur ascolta le parole di Patrizia e un sorriso gli illumina il volto.
- Patrizia, le tue parole confermano i miei sospetti. Maliani non era conscio di essere posseduto perché eravamo noi a vederlo come tale. Ci sono troppi dettagli che stonano. Il Pi greco rovesciato. non ha alcun significato se non essere un simbolo angosciante nei nostri confronti. E poi la metamorfosi che abbiamo creduto di vedere. Patrizia non è stata influenzata come noi altri, lei ha visto la realtà dei fatti. Il nostro nemico gioca con  le nostre paure, con ciò che noi gli lasciamo prendere. La strada non è in quello che la Ragione o la Follia ci faranno credere, ma nelle nostre emozioni, nel nostro istinto. Dovremo vedere oltre il Velo delle nostre Paure, affidandoci alla Forza del Pathos –

Dan abbassò l'arma che teneva in mano, la ripose nella fondina e si avvicinò ad Adele, le legò un laccio emostatico al braccio e le diede l'appropriata dose di morfina. Fatto ciò l'adagiò contro una parete e diede uno sguardo intorno per vedere come stavano gli altri, alla fine con molta cautela si avvicinò a controllare anche Maliani. Poi si sedette contro un muro, lo sguardo perso mormorando qualcosa:

-....tenere occupata la nostra mente....-
Ha un laccio emostatico legato al braccio, la manica della giacca cacciata e quella della maglietta tirata su, ha in mano una siringa con una dose di morfina e la guarda intensamente mentre rimugina su quelle parole....

Alex guarda Dan e si incazza di brutto: 

- Ci mancava altro che questo!!! Daniel, pezzo di cretino, non ci pensare proprio! Se lo fai ti assicuro che ti rovino la festa e ti ci faccio il Narcan a ruota in vena! Mi sono spiegata?!? ... e cerca di scrollarti lo choc di dosso che non stai per niente rendendo un bel servizio a tuo padre! - Poi si gira verso Arthur e gli dice - Arthur hai del Narcan, vero? -
Poi vedete Alex che con notevole destrezza prepara una nuova siringa e se la ficca in tasca pronta all'uso.

Patrizia la guarda un po’, poi comincia a cantare “Lunga e diritta correva la strada, l'auto veloce correva ...” e si spara un'intera compilation di Guccini, De Andrè e Lucio Dalla. 

Dan guarda ancora un po’ la siringa poi butta la testa indietro e, con una smorfia la lancia contro un muro, poi preme le mani contro la faccia, quasi stesse mettendo una maschera, si alza con un sorriso e guarda Alex, non sa se sorride per tranquillizzare lei o sé stesso.

- Ehi....non preoccuparti, sono l'uomo di ferro, non basta l'ombra di un demone puzzolente a farmi crollare!- Ha riassunto quel suo aspetto scherzoso di sempre, ma sembra che adesso sia celato da un velo di paura e tristezza, poi sempre cercando di rimanere tranquillo si accende una sigaretta e inizia a cantare Fear Of the Dark degli Iron Maiden....ci sta bene, pensa....

L'irlandese non ha affatto preso bene dalla piega degli eventi. E' vicino a Maliani. La tensione sta salendo, e non potrebbe essere altrimenti. Lo sguardo corre alle ombre, in certi momenti non sembrano diverse da quelle di tante notti oscure. Ma in un qualche modo appena al di là della coda dell'occhio non lo sembravano. Guarda il volto di Dan, l'Oblio che corteggia non lo salverebbe. Alexandra mormora le Parole del Mito, e Patrizia ballate sincere. Arthur non è certo che questo possa essere sufficiente. Getta uno sguardo alle condizioni di Maliani mentre si accende una sigaretta, ne fa una profonda boccata e inizia a parlare.

- Io non ci sto! Proprio per un cazzo. Non me ne starò qui con le mani in mano. Ora tocca a noi muovere. - Arthur non parla rivolto a qualcuno in particolare, la voce è ferma, ma sembra celare una rabbia latente. - Abbiamo di fronte un'Emanazione, un pezzo di Assenza, un luogo dove l'Assenza si è sovrapposta alla Narrazione, uno dei fori nella Rete che abbiamo sognato. L'unico modo per sconfiggerlo è riparare la Rete.– 
L'espressione dell'irlandese è notevolmente cambiata. Ha perso la calma che sembrava contraddistinguerla negli ultimi mesi. Una bruciante determinazione sembra illuminargli lo sguardo. 
- Sono venuto qua con l'intento di scoprire se fosse possibile riparare la profanazione di questo luogo. A maggior ragione ora ne sono convinto. Non sono intenzionato a lasciarmi logorare dall'Assenza. Questa emanazione è un pezzo di Narrazione cancellata. -
La sigaretta si consuma tra le mani di Arthur senza che lui la fumi.
- Penso al Pathos, alla sofferenza, alle Storie che qui sono state spente. E mi incazzo! Perché neanche questo è rimasto. Anche questo è stato cancellato. -
Arthur stringe un pugno mentre sembra riorganizzare i pensieri.
- Questo luogo deve tornare alla Narrazione, l'Assenza portata da questa emanazione deve essere sconfitta. Dobbiamo riportare il Pathos in questo luogo. -
Arthur fruga in una tasca interna del giubbotto, ne estrae una scatoletta di piccole dimensioni (tipo tabù), ci gioca con le dita. 
- I sogni, e la mia esperienza con il Flusso di Destino, suggeriscono che alla rete partecipino oltre le Note anche gli Uomini. L'esatta modalità di ciò non mi è chiara, ma di certo la morte di Gilgamesh è stata il primo strappo nella rete percepito anche dalle Alterazioni. -
Arthur si alza, continuando a giocare con la scatola.
- In questo luogo c'è l'Assenza, ma ora c'è anche il Pathos, quello che è in noi, Uomini e Note. In questa scatola c'è lo stesso unguento che preparai per il Rito di Sarzana, quello che tutti usammo. E' stato preparato con il Giusquiamo cresciuto ai piedi di una quercia benedetta dal Seme,l'Energia iniziatrice del Messaggero Ariele, unita al Pathos di ciascuno di noi, un'Emanazione che sconfigga un'altra emanazione. -
L'irlandese guarda gli altri in attesa di una risposta. In quel momento le ombre non gli fanno più paura.

Alexandra fissa intensamente il volto di Arthur, pare così convinto e sincero, aveva giurato a sé stessa e ad altri che non avrebbe rischiato più del necessario, ma dov'è la linea che marca e distingue l'indispensabile dall'in più... sa che è un rischio tentare un rito in quelle condizioni, ma che altra via di uscita in percentuale hanno?... Il demone all'interno, gli uomini di Fara all'esterno... Sorride ad Arthur:

- Non vedo cosa ci possa trattenere dal fare un tentativo Arthur... cosa hai in mente? Diccelo ed organizziamoci, ma ricordati che per usare il nuovo rito dobbiamo essere almeno 14 o sarà ininfluente... –

- No Alex, non un rito come quello di Ginevra. Sappiamo poco della Nuova Rete, ma il poco che sappiamo è che ora non si tratta più di Conoscenza, ma di Sintonia. Il nostro Pathos contro la sua Assenza. - Poi si interrompe.

- Uomo, sono a tua disposizione. - Ariele Rubedo gli si avvicina.

Alexandra si mette accanto ad Arthur: - Cosa vuoi che faccia? –

Le ombre della stanza hanno un nuovo tremito e si alzano. Figure vagamente antropomorfe appaiono negli angoli e avanzano con le loro lunghe dita in direzione di Dan.

Arthur si volta verso il giovane e sibila:
- Sono delle Ombre, non sono Reali. Non usare la tua mente per sconfiggere l'irrazionale, usa il tuo Pathos, il tuo Inconscio. –

Dan chinò la testa indietro e continuo a fumare lentamente....quelle ombre non esistevano...e lui non le doveva temere, cercò di risvegliare dentro di sé le 7 emozioni, iniziò a ripensare alla sua vita quando era stato felice, quando era stato arrabbiato, quando era stato solo,quando aveva desiderato e quando si era realizzato... e intanto lasciava che il fumo uscisse dalle sue labbra, era calmo... Le ombre svanirono nel nulla, come una minaccia che non esistesse. Un soffio leggero nell'aria, come un sibilo ostile, poi più nulla.

E' in quel momento che nell'alveo della porta appare un gruppo di giovani di colore, seminudi e coperti di sangue gocciolante. Sono tutti armati di arme bianche: coltelli, asce, giavellotti. Ne vedete solo tre ma ne intuite altri dietro. Si sono avvicinati silenziosamente. I loro occhi scintillano nel buio. Un colpo secco e un ariete di legno, probabilmente una trave, sfonda la finestra sopra al corpo inerte di Adele, che viene ricoperta di vetri rotti.

Alex scatta veloce ed agile verso Adele e nel frattempo si rivolge secca a Dan: 

- Tira fuori la pistola veloce e dammi una mano a trascinarla dietro il mobilio al centro della stanza!- Poi riparatasi anche lei dietro il mobilio punta la pistola sui ragazzi e chiede a voce alta: - Patrizia anche per te questi ragazzi sono coperti di sangue e minacciosi? -
- Si, li vedo anch'io. Questi sono reali, ed intenzionati ad avere la nostra pelle. Cerchiamo di tenerli a bada e neutralizzarli possibilmente senza ucciderli, ma non vi fate troppi scrupoli: questi ci sbranano se ci prendono! – le risponde la donna.
Alex punta la pistola alle mani armate, intende per l'appunto disarmarli. Comunque esita, spera in un intervento di Ariele e della sua katana. 
Ariele intanto snuda la katana e si mette in posizione di combattimento, davanti alla porta. A giudicare dai suoi movimenti sicuri, non deve essere una novellina nell'uso dell'Arma. Il gruppo di ragazzi si avventa su di lei e l'arma inizia quasi a danzare nelle sue mani. Si abbatte sugli attaccanti con precisione mortale, tranciando arti, infilandosi nel torace dei nemici. Dopo pochi istanti tre cadaveri ostruiscono la porta, mentre alcune mani, da dietro, li tirano per liberarla. Ariele, ricoperta di sangue, continua a sorvegliarla.

Alex razionalizza ed emphatizza e ricorda: “Proteggi te stessa, Alexandra De Ambrogiis... i tuoi Desideri ti portano su pericolosi sentieri... e io non potrò essere lì a proteggerti... Nel momento più terribile, ricorderai queste parole: la Fede sia la tua salvezza e la tua preghiera mi raggiungerà....” Una ruga profonda sulla fronte ed una risposta le attraversa la mente... “Non potrai mantenere la promessa, te ne è stata tolta la possibilità e siamo solo all'inizio, ma non mi arrenderò così facilmente.” Stringe gli occhi a due fessure e si prepara ad affrontare gli eventi. 

Dan impugna la pistola e si tuffa dietro al mobilio con gli altri,si mette vicino ad Alex:

- Forza questi tizi non possono essere peggio dei creditori che mi attendono in Italia!-

Damien si alza in piedi, tremante, senza levare lo sguardo dai tizi entrati, si sposta in un angolo più protetto. E' disarmato e ansima pesantemente, guardandosi attorno con l'aspetto di un animale braccato.

Arthur scruta con attenzione i volti dei ragazzi che sono sulla porta. Vuole valutare la reale situazione. Ha già incontrato uomini sconvolti da uno stato di guerra perenne e conosce gli abissi di follia che possono nascere da queste situazioni. Capisce subito che la loro intenzione è dettata da una furia che mostra in qualche segno l'ispirazione dell'Assenza. I ragazzi sono o in preda a qualche esaltazione rituale, o a qualche droga, o a qualche forma di possessione. Anche Arthur si muove rapido. Si sposta verso la finestra, appoggia le spalle al muro. In una mano il bisturi lampeggia sinistro, nell'altra stringe una siringa ad asta. E' in attesa del primo braccio, testa o gamba che spunti dalla finestra pronto a piantargli l'ago e ad iniettare una dose sufficiente a stordire un energumeno. Poi due figure si gettano sulla finestra tentando di entrare. Arthur è rapidissimo. Infila la siringa nel collo del primo uomo scaricandola completamente. Quando il secondo uomo balza sul davanzale si rende conto che ha perso istanti preziosi. Il primo assalitore si accascia fuori, il secondo gli si lancia addosso senza emettere un solo suono. Nonostante l'assalitore sia armato di un machete, Arthur riesce ad avere la meglio tranciandogli la gola con il bisturi che ha nella mano destra. Si scrolla di dosso l'assalitore, cadutogli addosso come un corpo morto e si guarda attorno. Altri uomini sono entrati dalla porta. Un uomo di grossa stazza, armato di una specie di spranga d'acciaio ha costretto Ariele a indietreggiare. Altri uomini sono entrati e Alex e Dan sparano all'impazzata contro di loro. Alcuni cadono a terra, altri avanzano sopra i loro cadaveri, cercando di raggiungere i due Empathici. 

Nel frattempo un nuovo assalitore entra dalla finestra, e altri due appaiono sul davanzale. Il primo si getta contro Arthur. L'irlandese recupera meccanicamente il machete, ma non utilizza l'oggetto come un coltello, sfruttando la seminudità del bersaglio vibra il colpo con un preciso intento chirurgico. Un taglio profondo all'altezza della cintura dei pantaloni, ovvero sopra il pube ma sotto l'ombelico, che va da una cresta iliaca all'altra. E' un taglio chirurgico tipico e base, utilizzato per praticare il primo taglio per accedere alla cavità addominale. Il taglio recide l'inserzione inferiore dei muscoli addominali retti, e le fasce peritoneali sottostanti, non recide alcuna arteria o vena di grande importanza, nè organi interni, quello che causa però, è l'impossibilità dei visceri di rimanere in sede, questo produce un prolasso dei visceri e l'impossibilità alla stazione eretta. Il soggetto istintivamente si getta a terra e comprime la parte per evitare la fuoriuscita. Ma il nemico non si ferma, un colpo del suo machete colpisce il braccio di Turant di striscio, poi l'uomo si accascia a terra. 

Patrizia si precipita verso il suo zaino e ne tira fuori un pugnale lungo sui 25 centimetri. Appena in tempo perché uno degli assalitori arrivati dalla finestra le piomba addosso. I due rotolano sul pavimento, avvinghiati. 

Il terzo si avvia urlando contro Damien. E' in quel momento che Damien alza la mano destra. Un ghigno crudele sul suo volto e la mano tesa di fronte a sé. L'assalitore si ferma bloccandosi di botto, il suo cuore esplode verso l'esterno, inondando Damien di sangue, poi l'Araldo delle Moire si getta sul corpo infilando entrambe le mani nel petto del nemico e sbavando selvaggiamente.

Gli assalitori provenienti dalla porta raggiungono la mobilia dietro cui Alex e Dan sparano. Alcuni salgono sulla barricata. Uno di loro salta e infila un giavellotto nel ventre di Alex. La giovane cade all'indietro, gli occhi sbarrati, in un lago di sangue. Dan riesce a fare fuori l'assalitore.

Anche Patrizia si alza vittoriosa ma il suo braccio sinistro penzola inerte, con una spaventosa ferita all'altezza del bicipite. 

Quando la katana di Ariele taglia a metà il suo assalitore, la carneficina giunge al termine.

Damien si ritira in un angolo stringendo selvaggiamente il cuore del suo nemico e strappandolo con i denti.
Alex è a terra.
Immobile.
L'asta del giavellotto le esce dalla parte destra del ventre.
Le ombre della stanza sembrano fluire fra i corpi degli assalitori morti. Più di venti corpi sparsi sul pavimento... 
Nel silenzio, il respiro affannato dei compagni, e il rumore di un animale che succhia un cibo succoso e orrendo...
- Ombre, morte… Ombre e MORTE! - Prima Damien sussurra e poi urla. Scaglia il cuore sull'ombra che sta vicino alla sua vittima... Strappa i pochi panni che la coprivano, un pugnale sporco di sangue, tira fuori lo zippo, arrotola il panno sul pugnale e gli dà fuoco... Rimane nell'angolo osservando con ossessione e tristezza il corpo di Alex...

Dan si toglie di dosso il corpo dell’ultimo assalitore poi si guarda attorno e razionalizza, vede Alex per terra, il giavellotto che la trafigge

 -NO!- Si precipita verso Alexandra e cerca di constatare la gravità della ferita, poi si rivolge agli altri - Beh forza siete una spedizione  umanitaria, siete medici cosa aspettate datevi una mossa per aiutarla!-
Arthur è sporco di sangue, gli occhi iniettati sembrano quelli di un animale, mentre con lo sguardo cerca altri assalitori. Le parole gridate da Dan lo riportano alla realtà. Guarda i suoi compagni cercando di valutarne le condizioni fisiche. Butta il machete per terra e raccoglie la sua sacca del pronto soccorso portandosi con un balzo vicino ad Alex. Dan fa per sollevare delicatamente il corpo di Alex, Arthur gli affibbia uno spintone che lo sbilancia e lo allontana, la voce dell'irlandese tradisce un nervosismo marcato.
- Cosa pensi di fare? Lasciala lì. Non ha senso gettarla tra le braccia di mia Madre. -
Poi senza curarsi delle reazioni del giovane si china a osservare la ferita di Alexandra. Dalla sacca estrae delle garze con le quali ne pulisce i margini in modo da poter osservare meglio. Rapidamente spezza le estremità del giavellotto in modo che non lo impediscano nel lavoro, lasciando il troncone nella ferita.
- Dan, aiuta Patrizia. Un laccio emostatico all'altezza della spalla, e garze per fermare l'emorragia. In una delle casse che abbiamo portato qua ci sono diversi disinfettanti, usali. Pulisci la ferita in modo che poi possa suturarla -
La voce non è imperiosa nè saccente. E' il tono di un chirurgo che lotta per salvare una vita, e che si rivolge a chi lo può aiutare. La mente dell'irlandese lavora frenetica. Il giavellotto ha trapassato il fianco destro di Alex. Se è fuoriuscito significa che non ha colpito la colonna o il midollo, questo è già un passo avanti, anche l'aorta e le arterie femorali non dovrebbero essere perdute, però sta perdendo troppo sangue. Forse l'arteria epatica? Cazzo di sicuro se la tiriamo fuori non potrà più sbronzarsi.
- Ariele per favore, sgombra uno dei lettini e avvicinate più bracieri possibili ho bisogno di tutta la luce possibile -
Intanto con cautela inizia a infilare delle bende emostatiche nei margini della ferita oltre a comprimerla per cercare di fermare l'emorragia. Il volto di Alex è sudato e pallido, la donna non riesce nemmeno a lamentarsi. Arthur scambia uno sguardo con gli altri, non c'è bisogno che comunichi quello che è scritto nei suoi occhi. Morte ha chiamato a sé Alex, e solo Fortuna e Necessità potrebbero fermarla. 
- Guardate i documenti di Alex, che gruppo sanguigno ha? Che gruppo avete voi? Sta perdendo troppo sangue e l'emorragia non è facilmente arrestabile. -
Poi rivolge a Damien uno sguardo a metà tra il furioso e il preoccupato. 
- DAMIEN!!!!!!!! Alza il culo! In mezzo a quella pila di attrezzatura ci può essere qualcosa di utile. Mi servono almeno due flebo con tanto di aghi e fili. Vedi se riesci a trovarli. Lascia perdere le ombre, per ora. -
Arthur è frenetico, vedete che continua a controllare i segni vitali di Alex e a tamponare la ferita. Dalla sacca ha estratto uno fonendoscopio e vedete che lo appoggia in diversi punti del torace e dell'addome della donna, un sorriso stretto gli compare sul volto. Si asciuga il sudore, saggia con molta cautela l'asta del giavellotto provando a smuoverlo quel tanto che gli basta per spingere le garze emostatiche più in profondità.
- Dan, Ariele venitemi ad aiutare, la ferita è leggermente tamponata dovremmo riuscire ad appoggiarla su un lettino. Patrizia, prova a svegliare Adele. Se sopravvive allo shock di questo macello potrebbe aiutarci. -
Facendosi aiutare dagli altri due sposta Alex sul lettino sgombrato, apre una delle casse che aveva portato nel pronto soccorso e ne estrae alcune attrezzature. Una di queste è una maschera ad ossigeno con pompetta.
- Non abbiamo l'ossigeno liquido, qualcuno di voi deve mettergliela e continuare a insufflare aria, senza fermarsi. Mai -
Infila un paio di guanti sulle mani sporche di sangue e afferra un bisturi mono uso dalla cassetta che ha estratto e appoggiato vicino a lui. Senza esitazioni esegue un taglio superficiale sull'addome di Alex, sopra e sotto la ferita del giavellotto, poi impugna l'arma mormorando sottovoce:
- Madre Morte, Volto Oscuro del Sovrano, in nome del tuo Segreto lascia che la Fortuna guidi le mie mani, affinché sia fatto ciò che è Necessario. -
Poi con un movimento repentino sfila il giavellotto lanciandolo dietro di sé. L'arma non fa in tempo a toccare terra che le mani dell'irlandese sono nella ferita della donna. L'irlandese ha gli occhi chiusi, in questo caso la vista serve ben poco, il tatto è l'unica strada. Con le dita si muove nella ferita alla ricerca della fonte dell'emorragia, nella sala il silenzio è rotto soltanto dal rumore dei visceri, e dal pompare della maschera ad ossigeno.

Dan non se la prende per la spinta datagli da Arthur, sa che agisce a fin di bene e poi il medico e lui... si avvicina a Patrizia, pulisce i bordi della ferita con del cotone e del disinfettante e lega un laccio emostatico per fermare la perdita di sangue. La giovane guarda la ferita con indifferenza, come se non fosse sua. Si guarda intorno, lanciando sguardi inquieti nell'oscurità oltre la finestra e la porta. Poi porge a Dan un rotolo di garza:

- Fasciamela, e stretta. Ho bisogno di potermi muovere senza che si sporchi. -
Mentre fa questo Dan sente Arthur che chiede il gruppo sanguigno ai presenti, risponde velocemente mentre lega il laccio. 
- Io sono A positivo. -
Poi va ad aiutare il chirurgo a sollevare Alex e ad appoggiarla su un lettino, mentre Arthur opera Dan inconsciamente dà un bacio alla croce che porta al collo... poi riflette, è stupido, lui non dovrebbe chiedere aiuto a Dio... ma è un’abitudine ancora radicata dentro di lui e poi sinceramente non gliene importa niente di chi diavolo intervenga in questa situazione, gli basta che qualche fottuta entità aiuti la sua amica in questo momento critico...
- Anche io sono A positivo - dice Patrizia, poi si alza e comincia a muoversi per la stanza, il pugnale infilato alla cintura: alimenta i bracieri, badando che le fiamme si alzino ad illuminare tutto, recupera la pistola di Alex, la controlla e la ricarica, facendosi indicare da Dan dove sono le munizioni, e si infila anche quella nella cintura. Lancia spesso occhiate alla porta e alla finestra, scrutando le ombre. Poi recupera il machete usato da Arthur e, metodicamente, inizia a decapitare tutti i cadaveri. Mentre fa questo lavoro si rivolge ad Ariele:
- Visto che hai la katana, aiutami! Dobbiamo decapitarli tutti. – 
Parla con un tono piatto, come se stesse parlando di qualcosa di assolutamente normale, non di un orrore. Finito di decapitarli, trascina i corpi in un angolo e ammucchia le teste in un altro, ben distante. Finito il lavoro, si siede per terra, la schiena contro la parete, in un posto dal quale possa tenere d'occhio sia la porta che la finestra. 

Ariele si guarda intorno, pronta ancora a tutto, con calma autoimposta pulisce la Katana e la rinfodera. Aiuta pulire il lettino, aiuta a spostare Alexandra su di esso, aiuta a decapitare, e poi di nuovo ripulisce metodicamente la Katana, si mantiene poi vicina ad Arthur ed Alex.

- Il mio gruppo è zero positivo. Sono sicura possa essere utile. E, qualsiasi altra cosa pensi serva, dimmelo. -
Ariele, accanto ad Alexandra, posa la Katana sul lettino e sostituisce chi sta insufflando aria nei polmoni della ferita, i suoi occhi per un attimo sono neri come la pece.

L'operazione dura a lungo... tutta la notte. Patrizia va a scuotere Adele, ma la donna non si muove. Controlla il battito ed è morta. Nessuna ferita sul suo corpo.

Maliani sembra invece in preda alla febbre e delira.
Le condizioni di Alex sono disperate. Nonostante la trasfusione di sangue donato da Ariele, e nonostante l'operazione sia riuscita, aveva l'intestino trapassato dal colpo e il rene in parte lacerato, ed Arthur si rende conto che la sua sopravvivenza è molto improbabile, anzi, sarebbe un vero miracolo. La ragazza giace sulla barella. Anche Ariele cade addormentata, dopo la trasfusione, la katana posata sul suo petto. Arthur è stanchissimo e sente il bisogno di dormire.
Solo Patrizia e Dan riescono a stare in piedi, mentre Damien si accascia in un angolo per la tensione, ma non riesce minimamente a dormire:
- Arthur, dimmi che c'e' da fare con Alex, la assisto io se non e' un problema per te...riposati...-
Ma Arthur è già addormentato, spossato, e Damien si accorge che gli mancano le forze per alzarsi, come se quello che è avvenuto gli avesse completamente prosciugato l'energia.
Dan passa il tempo seduto affianco ad Alexandra, le stringe la mano tra le sue, ha il capo piegato e sembra mormorare di continuo, ha rimesso la pistola nella fondina e spera ancora che ci sia qualche possibilità di salvezza per Alex.
Patrizia continua a fare la guardia, dopo un po’ comincia a passeggiare avanti e indietro per non addormentarsi, tenendo continuamente d'occhio porta e finestra. E' imbrattata di sangue dalla testa ai piedi, ma la sua ferita non sanguina più. Muove le labbra, pregando, pregando che giunga l'alba e che siano ancora tutti vivi, pregando per non addormentarsi. Solo la Fede sembra sostenerla.
 

JOHAR, 10 Febbraio 2002, alba.

Poi, dopo qualche tempo, all'esterno, non ci sono più colpi di fucile. Al sole del mattino, la città di Johar è silenziosa come la morte, mentre le ombre nella stanza sembrano scomparse...

Patrizia si guarda intorno, passandosi una mano sulla faccia.
- Vado a vedere com'è la situazione fuori. Dan, coprimi le spalle. -
Si avvicina cautamente alla finestra e guarda fuori. Non c’è nessuno. Il camion è ancora al suo posto, ma ha le ruote sgonfie. Poi si avvicina alla porta e, sempre con molta cautela, si guarda intorno. Nessuno in vista, per il momento. Dà un'occhiata ai suoi fratelli: Ariele e Arthur dormono, l'irlandese sfinito dalla fatica, Maliani delira, Alex respira ancora, e Damien veglia su tutti e quattro. La ragazza gli dà la terza pistola, gli fa un sorriso, poi si rivolge a Dan :
- Io esco. Tu coprimi. Voglio vedere se il camion funziona ancora e possiamo andarcene da qui. Stai attento, fratello. Non è ancora finita. -
Si affaccia nello specchio della porta. La luce del Sole la illumina, avvolgendola come in un abbraccio, scaldandola con il suo calore, fugando ombre e fantasmi e gli orrori della notte. 
- Padre ...- mormora, lasciandosi accarezzare dai Suoi raggi. Si guarda attorno, cercando di capire se potrebbe essere un bersaglio per un cecchino. Pistola in pugno fa una ricognizione sul lato della costruzione dove c'è la finestra da dove è venuto uno degli attacchi, guardandosi attentamente intorno. Si dirige poi verso il camion per vedere in che condizioni è, a parte le ruote tagliate. 
Dan si mette alla finestra, pronta a coprirla.
E' in quel momento che Damien sente tornare l'attacco del Nemico, come la volta precedente nell'atrio. Ma ora la sua volontà è forte. Non cederà. Nella sua mente infuria ancora una volta la battaglia. Come la volta precedente, rimane immobile, paralizzato, mentre si difende e quello che vede gli causa un brivido lungo la schiena.
Adele, la crocerossina morta, si alza sulla sua barella. Scende da essa in un innaturale silenzio, come se i rumori che provoca venissero inghiottiti dal nulla. Raccoglie la spranga con cui uno degli assalitori aveva attaccato Ariele e si avvicina silenziosamente alle spalle di Dan.
Damien cerca di urlare, ma qualcosa glielo impedisce. Non riesce a muoversi, a causa dell'attacco che subisce. Tutto avviene in un attimo. Dan sembra d'improvviso accorgersi del pericolo e si scosta lievemente, ma non abbastanza. Il colpo di spranga colpisce la testa dell'Empathico che si accascia a terra, senza neanche un urlo e senza il minimo rumore.
Poi Adele si volta verso Damien e sorride.
- Sei ancora in tempo, Fratello... pensaci... l'Insondabile ti darà ancora tempo per riflettere...-
Poi, rapidissima, si avvicina ad Ariele e afferra la Katana. Veloce come il vento, inforca la porta e corre via. Passano alcuni secondi, poi Damien finalmente si sente libero. Il suo urlo, bloccato a lungo nella gola, esce libero.
Arthur si sveglia di botto e anche Ariele si scuote, debolissima, riprendendo conoscenza. Anche Patrizia, dall'esterno, sente l'urlo dell'Araldo delle Moire.
A terra, la chiazza di sangue si allarga sotto la testa di Dan...
Damien corre alla finestra che dà sull'uscita, con la pistola in pugno: la katana non se ne deve andare assolutamente. Chiama immediatamente Patrizia a squarciagola.
La donna si apposta dietro al camion, pronta a sparare a chiunque esca dall'atrio, ma non esce nessuno.
Arthur scuote la testa scacciando le ultime ombre del sonno. Uno sguardo a Damien poi a Dan. Arthur è già chinato per sfiorare la testa del giovane e valutarne la ferita mentre con uno sguardo vede Ariele e non vede la katana. L'urlo di Damien gli fa inquadrare la situazione. L'irlandese si morde un labbro facendolo sanguinare. Per alcuni istanti sembra cadere in stato catatonico, poi la luce della coscienza riaffiora nei suoi occhi. Fruga nelle tasche della giacca, ci sono ancora gli strumenti che ha usato con Alex. Afferra un bisturi seghettato dalla lama sinistra e si china su Dan:
- Fratello perdonami, Fortuna e Morte danzeranno per te. Spero che tu viva. -
Poi senza esitazione pianta il bisturi poco al di sopra della zona dietro l'orecchio destro. Con evidente sforzo ed energia Arthur pratica due fessure convergenti. Poi pianta la lama e scalza il frammento d’osso tagliato. Immediatamente il sangue comincia a uscirne. Arthur appoggia un panno sotto la testa di Daniel, il Maestro del Segreto di Destino chiude un attimo gli occhi e mormora una preghiera al suo distante Eterno, gli affida la vita di Daniel, pregando Fortuna di aiutarlo, Morte di risparmiarlo e Necessità di sostenerlo. Un'aura di potere circonda Arthur mentre il potere del Pathos lo avvolge, come un caldo manto mentre stringe fra le braccia il corpo esanime di Dan. Il sordo dolore che prova alla vista del ferito nasce dalla consapevolezza che potrebbe tranquillamente salvarlo in un normale pronto soccorso, ma non in quelle condizioni. Lì, avrebbe dovuto farcela da solo. Non perdeva sangue nè dal naso nè dalle orecchie, segno che nessuno dei vasi cerebrali profondi era stato squarciato, con un po’ di fortuna l'emorragia era extracerebrale, in questo caso si sarebbe arrestata in breve tempo. Se il sangue non avesse fatto pressione sull'encefalo Daniel sarebbe potuto sopravvivere, ma in quali condizioni non poteva immaginarlo. Arthur si sollevò e scambiò uno sguardo con Damien.
- Fratello, so quanto ti costa resistere a ogni attacco di Balban. Ma forse sei l'unico che può farlo. Fai attenzione, il prossimo potrebbe essere Maliani, o Alex, o Dan o uno di noi. -
L'irlandese raccoglie la pistola di Dan, controlla che sia carica e la infila nei pantaloni. Getta uno sguardo ai feriti.
- Il primo di loro che dovesse alzarsi... dobbiamo abbatterlo -
La voce di Arthur è quasi assente, come se stesse ascoltando una musica lontana. Qualcosa nel volto e nel portamento dell’uomo sta cambiando. Ariele e Damien vedono Arthur mormorare alcune parole sottovoce... parole smozzicate in una lingua non conosciuta e antica, forse sanscrito. La mano dell'irlandese esce veloce da una tasca e lancia in aria un piccolo oggetto. Lo afferra al volo e guarda la sua mano, poi lo ripone in tasca. Damien e Ariele si lanciano uno sguardo, sono certi di avere visto una moneta nella mani di Arthur, ma nonostante siano abituati all'orrore che li circonda non possono fare a meno di meravigliarsi, a moneta sembrava avere solo il taglio. Arthur era in piedi nella stanza. In qualche modo sembrava essere più presente di prima, come se fosse più reale, più vero. Si avvicina al letto di Maliani e ne ascolta le parole. Poi inietta un'altra dose di morfina  e stringe i polsi dell'uomo con dei lacci di fortuna, sempre facendo attenzione agli altri nella stanza, e tenendo la pistola a portata di mano.
- Adele non può uscire che dall'atrio, e in cortile Patrizia dovrebbe intercettarla. Prova a uscire dalla finestra e vedi se l'ha già trovata. Ho il timore che se Adele è posseduta dallo stesso Balban ci vorrà poco prima che annulli l'essenza di Discordia di Discordia. Fai un fischio ad Patrizia, se non è uscita l'unico posto dove potrebbe tentare di distruggere la spada è la sala maternità. E sicuramente lì che il suo potere è più forte. -
Poi sorprendentemente Arthur sorride, dà una pacca sulla spalla a Damien e dice:
- Vedrai che ce la caveremo, Fortuna ci sorriderà, stanne certo. -
L'Araldo delle Moire rimane per un attimo perplesso al contatto, ma poi è certo di avere sentito l'energia del Sovrano aleggiare intorno al Maestro del Segreto. 
Detto questo l'irlandese estrae la pistola e si avvicina alla porta, si appoggia a uno stipite e si prepara a gettare un'occhiata nel corridoio tenendolo sottotiro. Ha paura, e non vorrebbe trovarsi con Adele che gli pianta Es tra capo e collo, per questo uscirà dall'angolo in posizione semiaccucciata pronto a gettarsi a terra e sparare contro la posseduta. Ariele si alza barcollando dalla barella, non è in condizioni di camminare, meccanicamente la sua mano tocca il polso di Alex: il battito c'è ancora. Alex è ancora sospesa fra la vita e la morte. 
Rimanendo accanto alla finestra, Damien controlla le condizioni di Dan. Incredibilmente, nonostante tutto il sangue perso, il battito di Dan è regolare, come quello di una persona sana. Ovviamente è ancora privo di sensi, e solo il Sovrano sa se oggi riprenderà conoscenza. 
Arthur intanto striscia fino all'atrio, ma non vede nessuno. Nè orme né impronte. Poi un urlo raccapricciante lo blocca.
Damien si volta all'improvviso.
Alex ha gli occhi spalancati e sbarrati, il viso contorto in un ghigno malefico, anche se rimane immobile nella barella.
- Fratello... è il momento di agire. L'uomo che causerà la distruzione di voi tutti ti ha volto le spalle... E' il momento di colpirlo. Uccidilo... Uccidilo...! Uccidi il Maestro del Segreto! Uccidili, Figlio dell'Abisso! -
Dan è confuso non capisce nulla, non sa dove si trova, è vivo è morto, non riesce a capire nemmeno questa che può sembrare una delle cose più semplici... sente delle voci che gli dicono di mollare di lasciar perdere sente Disperazione che lo vuole per se ma lui non ha intenzione di cedere, è arrivato qui con questi uomini perché voleva sapere di più, perché voleva sapere la verità, perche voleva squarciare il velo della menzogna non per morire in uno squallido ospedale in Somalia come un figlio di nessuno la sua mente era convinta lui non voleva cadere quel giorno lui doveva ancora realizzare qualcosa nella vita sentiva che Destino Sovrano ancora non aveva tracciato la sua ultima linea di inchiostro nel libro della sua esistenza non poteva morire cosi, adesso doveva solo sperare che oltre la mente anche il corpo lo sostenesse.... Silenziosamente, continuò la sua battaglia contro la Morte.
Damien con un balzo è accanto ad Alex e la lega alla branda per renderla innocua, poi tranquillizza Dan quando si sveglia e lo accudisce un po' attendendo notizie di Arthur e Patrizia. 

Visto che nessuno esce dalla porta, Patrizia torna cautamente indietro, attraversando il piazzale, pistola in pugno, pronta a sparare a “cosa” esce dalla porta. Raggiunta la costruzione, schiena alla parete getta una cauta occhiata dentro. Intravede Arthur all'interno e gli fa un cenno interrogativo:

"E adesso che facciamo?"
Arthur si volta e le fa cenno di avvicinarsi, ma di tenere sotto controllo l'atrio specialmente le porte della maternità, e di non entrare nella linea di tiro del corridoio. L'irlandese osserva il corridoio temendo di vedere comparire Damien, la pistola è senza sicura e pronta ad essere usata. Poi scoppia in una risata, forte e squillante.
- E' inutile Schiavo dell'Assenza! Quell'uomo appartiene al Sovrano. Non è un Figlio dell'Abisso! Non riuscirai a piegarlo. Lo spezzerai, ma non si piegherà mai. Si ucciderà prima, o lo farò io. E' inutile Servo del Vuoto, non avrai i Figli dei Sette. Non riuscirai a distorcere le nostre anime fino a farci uccidere a vicenda. Dovrai venirci a uccidere di persona, anche se a quanto pare non ne sei capace. E' inutile, ti sfuggiremo o moriremo, ma comunque liberi. Tu non puoi possedere il nostro Destino. Damien sa bene che c'è un solo motivo per cui gli ho voltato le spalle. Mi fido di lui, della sua forza. E tu non puoi fare altrimenti, emanazione del Vuoto. Hai sempre meno forza su di Noi. -
Arthur ha pronunciato le parole ad alta voce, con un tono profondo, e si comprende che crede profondamente in tutto ciò che ha detto. Poi scatta verso le porte della maternità, solo un attimo per dire a Patrizia:
- Io entro nel reparto maternità, coprimi. Stai anche attenta al corridoio. Se non grido o ti richiamo avanza verso la stanza degli altri. Se non è nella maternità dobbiamo ispezionare il fondo del corridoio del Pronto. C'è una cucina con una botola. Potrebbe essersi nascosta li. Se riesci chiedi ad Ariele se può in qualche modo localizzare la katana, sapere quanto è lontana. -
La ragazza annuisce, e si posiziona in modo da fornirgli la massima copertura, sia dal lato del pronto, che dagli altri corridoi. Ascolta attentamente i rumori circostanti, pronta a correre immediatamente se l’irlandese chiama. 
Arthur getta un'occhiata al corridoio per vedere come se la cava Damien poi apre la porta del reparto maternità. Affidandosi alla sorte percorre i pochi metri di corridoio che lo separano dalla sala dei pittogrammi di sangue. Sente i capelli sulla nuca rizzarsi, il tanfo dell'assenza è ovunque, Il Guardiano aveva toccato un tasto dolente per l'irlandese, si sentiva responsabile per i suoi compagni. Ma avevano scelto liberamente, sapevano i pericoli. Non di meno avrebbe fatto qualunque cosa per salvarli. E il Sovrano lo avrebbe aiutato. Tira un respiro ed entra nel lume della porta, pronto a fare fuoco su Adele o su chiunque altro sia una minaccia. Nella sala maternità non c'è nessuno e Arthur sta per andare via quando improvvisamente, forse per un colpo di FORTUNA, qualcosa attira la sua attenzione.
I raggi del Sole del mattino inondano la stanza del massacro di una luce dorata, irrompendo dalle imposte spalancate. Ma qualcosa... un luccichio strano sulla finestra appare per un istante, come il riflesso del Sole su una lama sguainata...
Arthur rimane per un attimo interdetto. Istintivamente si volta a osservare la parete al suo fianco, alla ricerca del possibile origine del riflesso che ha visto.
ma è solo un attimo, un dettaglio lo folgora. La Finestra è aperta verso l'esterno, e non potrebbe riflettere qualcosa. Il bagliore veniva dal vano della finestra e non dal vetro.
- VAI SOTTO LA FINESTRA DELLA MATERNITA'. E' INVISIBILE! - urla a Patrizia e poi mormora:
- Stronzo non ti lascerò andare. - 
Arthur scatta, passa vicino alla pila di mobili e letti che è stata fatta al centro della stanza, afferra un lenzuolo insanguinato con la sinistra mentre con la destra spara tre colpi in rapida successione nel vano della finestra. La mira è posta a una trentina di centimetri sopra al davanzale, e più o meno in un cerchio di quaranta centimetri da dove è baluginata la lama.
- Fortuna mi guidi, e la restituisca a Morte. -
Con un movimento del polso sinistro si arrotola un lembo del lenzuolo, e con un movimento del braccio lo sventola verso la finestra, all'antica maniera dei reziari. Il lenzuolo si impiglia su qualcosa. Arthur cerca di intuire la sagoma e apre il fuoco contro di essa. Un urlo di dolore e di agonia, e la figura di Adele cade oltre la finestra, colpita alla schiena. La katana appare, volteggia nell'aria e cade con fragore sul pavimento. Arthur raccoglie l'arma senza esitazioni. Stringe la mano attorno all'impugnatura.
- Sembra che tu abbia scampato l'Annullamento Es, almeno per ora. - mormora l'irlandese mentre si sporge dalla finestra a osservare il corpo di Adele.
Quando Patrizia raggiunge il cortile le dice:
- Prova a vedere se è ancora viva... ha urlato di dolore, e un cadavere posseduto non lo fa di solito. -
Poi Arthur senza voltarsi torna nella stanza dove sono Damien e gli altri. Si avvicina ad Ariele e le porge la katana. un sorriso sul volto. Per la prima volta Arthur pensa di poter riportare a casa le chiappe. Uno sbadiglio mentre si dedica a controllare le condizioni dei tre feriti: Alex, Dan e Maliani.
 
 

JOHAR, 10 Febbraio 2002 tarda mattinata.

Arthur ha appena finito di sistemare Daniel in una posizione più consona alle sue condizioni, si volta verso i suoi compagni, gli occhi profondamente cerchiati, il volto sporco di sangue, la maglia strappata, la pistola di Dan ricaricata e infilata in una tasca. Le condizioni di Alex sono sempre stazionarie, Dan stava migliorando e il pallore di Ariele stava diminuendo. L’irlandese provava l'impellente bisogno di lavarsi, ma sapeva dentro di sé che lo sporco che percepiva non dipendeva dal sangue che lo imbrattava, ma dall'ambiente ammorbante. Il calore del mezzogiorno somalo stava portando i suoi frutti, i corpi decapitati cominciavano a puzzare.

- Dobbiamo spostare loro o spostarci noi in un'altra stanza. Ma soprattutto dobbiamo decidere cosa fare. Rimaniamo qua? Dan si è appena ripreso, e Alex è sempre grave. Uno spostamento in fretta e furia potrebbe ucciderla. -
L'irlandese cerca di fare chiarezza e di individuare le priorità, parla ad alta voce cercando consiglio nei compagni.
- Il camion ha le ruote forate, potremmo provare a ripararle ma non credo resisterebbero duecento metri sulle strade di Johar. Stanotte ci deve essere stata una battaglia, onestamente credevo che Fara avesse un controllo stretto sulla città, ma è possibile che il Vento di Sangue abbia causato un'ecatombe anche qua fuori. A Kuneitra si erano uccisi tutti, e il potere di un Guardiano è immenso. Davvero non vorrei che fosse successo qualcosa di simile anche qui. Anche perché mi sa che le nostre uniche speranze risiedano in un aiuto da parte di Fara o dello sciamano. C'è una decisione da prendere assieme. Restare un'altra notte qua? O avventurarci fuori dall'ospedale? E in questo caso non potremmo di certo portare con noi Alex e Dan... La Verità è che siamo bloccati in questo luogo maledetto. E dubito che Balban o chi per lui ce la farà passare liscia. -
Arthur si alza e si allontana dalla stanza, dopo una decina di minuti torna spingendo su uno sgangherato carrello due taniche d'acqua, un paio di padelle e alcune sacche.
- Almeno possiamo lavarci, mentre decidiamo cosa fare. Dietro l'ospedale ci sono due vecchie ambulanze di fortuna. Bisognerebbe andare a verificare in che condizioni sono. Se i motori non vanno magari le ruote si possono utilizzare come ricambi e se non le ruote almeno le camere d'aria. Inoltre chissà se i serbatoi sono pieni. Se c'è della benzina possiamo cremare questi ragazzi. Sono state vittime del Guardiano come noi. Chi ha voglia di andare a controllare? Damien, Patrizia? Credo che sia meglio muoversi in coppia. La rimessa è sufficientemente vicina per essere a portata di grido, magari già che ci siete date anche un'occhiata fuori dal cancello dell'ospedale, dove ci sono le prime case. -
Damien e Patrizia escono cautamente dall’ospedale e si recano all’autorimessa. Con grande sorpresa gli Empathici si accorgono che le ambulanze sono in condizioni migliori di quanto avessero sperato e pronte a partire. Da Johar non proviene alcun segno di vita. Dopo avere cremato i corpi, lavoro macabro che impegna loro tutta la giornata, Arthur si toglie la maglia e inizia a pulirsi. Il torace del giovane è cosparso di cicatrici di varie età. Spiccano tre profondi segni che sembrano essere molto più recenti, souvenir di Kuneitra. Nei semplici gesti del pulirsi l'irlandese sembra ritrovare un po’ di rilassatezza e perdere un po’ di stanchezza.
- Dovremo anche mangiare e se decidiamo di fermarci qui un'altra notte dobbiamo riattivare il generatore elettrico. Nel peggiore dei casi potremmo usare la benzina del nostro camion, ma vorrei prima provare a vedere se si trova del combustibile in giro. -
Dopo aver fatto questo Arthur lascia di nuovo la stanza e si dirige nella cucina e alla cella frigorifera. Facendo attenzione a non chiudersi dentro esamina le sacche di sangue e plasma che sono presenti ma le trova deteriorate col caldo, sulla via del ritorno Arthur recupera alcune flebo che provvede a sterilizzare, e prepara una soluzione fisiologica con cui sostenere Alex. Tornato nella stanza Arthur non si ferma, mentre mangia alcune delle razioni che avevano portato con sé tira fuori dalla sua roba un binocolo e si dirige al secondo piano dell'edificio, vuole osservare la città e capire se ci sono o meno segni di vita, movimenti di miliziani et similia, mentre ritorna cerca tra i vari reparti eventuali macchinari di supporto vitale, strumenti che possano se in buone condizioni aiutare a sostenere Alex in un eventuale trasporto. Nel giro termina anche l'ispezione del complesso alla ricerca di eventuali altre stanze con particolari che sembrino in qualche modo simili ai pittogrammi della sala maternità. Aspettando i risultati dell'ispezione di Damien e Patrizia si rivolge ad Ariele:
- Io spero sinceramente che prima o poi qualcuno venga a vedere cosa succede qua, purtroppo Maliani che era l'unico a parlare il somalo non è in grado di fare da interprete. Io qualche parola l'ho imparata ma non è sufficiente. Dovremo sperare nel latino dello sciamano o nell'italiano di Fara se mai riuscissimo a contattarli. E nel caso credo che dipenderà da te far si che le cose vadano a nostro favore. - 
Arthur si alza e fruga tra le cose di Alex alla ricerca di un documento che possa dirgli che gruppo sanguigno ha la donna. Non può certo sperare che Ariele sopravviva a un'altra trasfusione massiccia. Mentre fruga tra le cose trova il taccuino su cui ha visto Alex disegnare la stanza di maternità, lo raccoglie e senza aprirlo lo infila in  una tasca del giubbotto. Nuovamente controlla le condizioni dei feriti somministrando le giuste cure. Cambia la sua fasciatura e quella di Patrizia. Somministra a Damien delle pillole che lo aiutino nel suo stato permanente di collasso di Damocle. - Io vado a vedere se al piano terra ci sono stanze più difendibili di questa e vedere se possiamo attrezzarla alla meglio. -
Poi nel caldo del pomeriggio africano l'irlandese si concede tre ore di sonno chiedendo ai compagni di essere svegliato in casi di necessità o comunque in modo da avere un buon paio d'ore di luce prima del tramonto.
 
 

JOHAR 11-21 Febbraio 2002.

La mattina dell'11 Febbraio gli Empathici si accorgono che i loro cellulari funzionano. Ora il gruppo elettrogeno dell'Ospedale funziona. Gruppi di civili varcano timorosi il cancello dell'ospedale, cercando aiuto medico. Dopo poco è una valanga la massa di persone che si affolla cercando assistenza. Poi, scortato dai miliziani, appare anche Fara. Entra e sembra rimanere molto dispiaciuto dalle condizioni di Maliani. 

- Vedo che anche voi siete stati attaccati dagli Orientali. E vedo anche che avete saputo resistere. Bene. -
Alla domanda di che fine avesse fatto il vecchio non c'è alcuna risposta, come se non ne volesse parlare. Dopo qualche giorno arrivano altri aiuti della Croce Rossa e l'Ospedale si riattiva a pieno regime. Dan è in via di guarigione, ma d'ora in poi avrà sempre frequenti mal di testa. La città sembra essersi rianimata. Camion con macabri carichi di cadaveri passano davanti all'Ospedale. Damien, probabilmente per primo, sbotta sorridendo:
- Non sento piu' la tenebra...L'assenza e' scomparsa per ora- dice sbuffando...
In questi giorni cerca di trovare un civile all'ospedale che lo aiuti nelle traduzioni, cerca di rassicurare quelle persone psicologicamente distrutte... Chi ha perso la casa, i figli, la moglie, i bambini... Chi non può più camminare, parlare, vedere, sentire... Tutto è messo sul conto dei Guardiani... Pagheranno con gli interessi... Nei rari momenti in cui c'e' un filo di calma Damien da una mano ad Alex, Dan e Ariele...
Nei giorni successivi Ariele collabora a rimettere a posto le cose, anche facendo opere di manovalanza per quanto possa, e segue Arthur, che ne è ben lieto, sia nella ricerca del vecchio e di indizi, soprattutto sulla scomparsa delle emanazioni, che nello studio del somalo. Non partirà prima del 28 febbraio a meno che non riesca a parlare con il vecchio prima, quanto meno per accertarsi che le cose si stiano mettendo a posto.
Patrizia collabora alla riorganizzazione dell'ospedale, smistare rifornimenti, organizzazione logistica, dandosi da fare per imparare il somalo e collaborando con i medici del pronto soccorso in tutto quello che può. 
Dan è ancora frastornato, è salvo non sa nemmeno lui come mai la testa gli fa sempre male, si rivolge agli altri: 
- Io ho finito quello che dovevo fare e sono intenzionato a ripartire per l’Italia, scusatemi ma non me la sento di restare ancora per essere la mia prima “uscita” è stata anche troppo “emozionante”.-
Il suo sguardo sembra continuare a chiedere scusa agli altri, si sente in colpa dentro ma vuole andarsene, non vuole più vedere certi orrori.
Arthur non partirà immediatamente, deve terminare l'organizzazione dell'ospedale e vedere se trova tracce dello sciamano. Anche lui pensa che il 28 sia una buona data per partire per Mogadiscio.
 

Johar, 21 febbraio 2002, mattina.

Alla data del 21 febbraio le condizioni di Alex sembrano stabilizzate, ma ancora non riprende conoscenza. Verso l'una, mentre ognuno è impegnato nelle sue attività, sentite un doloroso senso di angoscia, simile alla volta in cui Leonardo Di Giovanni era morto. Alex urla e alza il capo. Sveglia e cosciente. La sensazione di perdita l'ha destata dal coma. Il suo volto è rigato di lacrime. Vi guarda disperata e confusa cercando con angoscia di trovare spiegazioni alle domande inesprimibili che le sovvengono... tra i dolori delle ferite uno è Sovrano ed è al petto e si chiude su di lei come un maglio, le manca il respiro. Cerca affannata di inglobare quanta più aria possibile, sempre con la testa sollevata poi improvvisamente si quieta appoggiando la testa sul cuscino... chiama Arthur... 

- Vorrei un telefono che funzioni... possibilmente il mio che ha i numeri in memoria... –
Arthur si avvicina alla ferita e le deterge la fronte e asciuga le lacrime, non parla nel suo sguardo c'è solo sollievo e tristezza. Stringe la mano della donna con dolcezza, e poi si ritira. 
Entrata in possesso del cellulare la donna compone il primo numero, e con voce roca e flebile dice a chi risponde: 
- Sono Alex... E' mia madre? -
Ascolta l'interlocutore al telefono pochi minuti poi ottenuta la conferma di quanto temuto sussurra un grazie ed interrompe la conversazione... Lacrime copiose scendono sul suo volto, tenta di alzarsi attingendo a forze che non ha. Un immane senso di frustrazione la pervade... "Sono persa... perché non sono morta!..." Singhiozzi silenziosi si intercalano a lamenti strazianti... Fa appello alla poca Ragione che è in lei... Prende il telefono e chiama nuovamente, la voce rotta dal pianto: 
- Nimrod... mi senti? Sono Alex... Ha preso mia madre... non dobbiamo permettere che cancelli anche lei... Cosa posso fare, aiutami ti prego... - Non udite la risposta che si protrae qualche decina di secondi, è concentrata, il lungo coma l’ha atterrata, ma una nuova forza brilla nei suoi occhi, la volontà di non cedere: - Quali Note potrebbero aiutare? Chi è in grado di rintracciare il dito? - Si adombra mentre ascolta la risposta, poi replica: - Chiederò ad Arthur se può fare qualcosa con Merlino, di Dedalo non so niente... Odino... quell'inetto non darà aiuto e non mi fido di lui... – Le ultime parole sono pronunciate con disgusto crescente - Bene... se non ho capito male sono le Note linkate a Destino che possono agire in questo frangente... contatterò Eraclito sperando che possa agire celermente... Ti prego di tenermi informata ed io faro lo stesso con te... - attende ancora qualche minuto e poi dice: - Hai ragione... Anche Arianna potrebbe, Enigma/Rivelazione... tenterò... ci conto... ciao... -
Cerca con gli occhi Arthur e chiede: 
- Puoi aiutarmi evocando Merlino? Agrath ha attaccato, ha strappato dal corpo di Andromaca un lembo di carne contenente l'essenza della Nota che mi è Madre causandone la morte poi è fuggita portandola con sé... temo che il fine sia cancellarla come ha fatto con Gilgamesh... dobbiamo ritrovare il dito e con esso Agrath prima che possa compiere il terribile rito della cancellazione. Pensaci intanto contatto Eraclito e poi Horus e poi Angelo... deve rimettermi in piedi e alla svelta. – E’ sfinita ma porta a termine quanto detto e quindi si riattacca al telefono.

- Eraclito sono Alexandra... Avrei bisogno del tuo aiuto... -

- Angelo sono Alex... ho bisogno di te e dei poteri di Distruzione... -

- Horus sono Alex … -

- Micans sono Alex, tieni Horus lontano dal casino per favore che per una volta abbassi la cresta da gallo e lasci fare a noi galline per cortesia … -

Patrizia le si avvicina.

- Posso aiutarti io. Conosco il rito per evocare Merlino e l'ho già usato più di una volta. Sono a tua disposizione. Quello che è accaduto è orribile e non dobbiamo permettere che si ripeta la distruzione di una Nota. -
Alexandra le sorride e la guarda con gratitudine e fiducia. Poi esausta crolla addormentata con il cellulare attivo al fianco. Si sveglia dopo un'oretta di sonno, chiama Raffaele alla GE di Nairobi: 
- Raffaele sono Alex de Ambrogiis, vorrei che si attivasse se possibile fin da subito per venirmi a prelevare. Sono in pessime condizioni fisiche, avrò bisogno di essere trasportata in barella con un medico. Sono a Johar, riesce ad organizzare per non più tardi di domani? –

Il 22 mattina dopo lunghe ed estenuanti ricerche del vecchio, Ariele ed Arthur riescono a sapere che gli Orientali giunti in città, responsabili delle ultime guerriglie erano stati incaricati di cacciare il vecchio. Di lui non vi è più traccia, vero è che è proprio delle sue peculiarità non restare mai nello stesso posto più di tanto, e infatti parte della sua cultura di nomade. 

Nella tarda mattinata siete improvvisamente disturbati da un assordante rumore di rotori. Vi affacciate per capire che succede e vi trovate di fronte ad un inusuale spettacolo. Quattro elicotteri marcati GE Oil&Gas stanno atterrando negli spiazzi circostanti l'ospedale. Per primo ne scende un giovane atletico di colore di circa 25 anni che si presenta come Raffaele Castomini e chiede ragguagli sulla salute di Alex, subito dopo di lui scendono due ragazzi con una barella ed una donna vestita da infermiera. Castomini spiega che quello è quanto è riuscito a racimolare nel poco tempo che Alex gli ha dato. Gli elicotteri ripartiranno con Alex e chiunque voglia rientrare in Italia usufruendo delle agevolazioni GE non più tardi del primo pomeriggio dello stesso giorno. Faranno scalo a Nairobi. A Nairobi sono state gia prenotate 5 camere d'albergo, Alex e chiunque necessiti di cure urgenti saranno trasportati in ospedale dove sono attesi da specialisti mandati dall'Italia dal Presidente della GE. Il 24 sera Alex e chiunque lo desideri potrà ripartire alla volta dell'Italia in modo da essere presente in patria il 25 Febbraio in prima mattinata.
Patrizia chiede se può far rientrare anche lei. Vorrebbe restare con i suoi fratelli finchè l’ospedale non sarà completamente riattivato, ma Aracne è nelle mani dell’Assenza e il tempo è poco. Saluta Arthur e Damien e si imbarca.
Arthur la ricambia con un abbraccio e uno sguardo d'intesa.
- Io arriverò per i primi di marzo. Fai il possibile per aiutare Aracne. E che il Sovrano ti protegga. -
Poi con un sorriso e un cenno del capo saluta Alexandra.
- Di certo si prenderanno cura di te, ma un po’ di aria di mare non ti farà male. Ci vediamo lì. -
Arthur osserva gli elicotteri allontanarsi, poi ritorna verso l'ospedale. C'erano ancora alcune cose da sistemare. In un paio di giorni anche un piccolo reparto pediatria avrebbe aperto. E allora sarebbe potuto tornare in Italia.
 

Dedicata al Digio che si è fatto in quattro per farci divertire. Grazie.
 

 
 

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