Tanto per svagarsi
 

di Alexander Haag

 


-E' libero questo posto?- una voce squillante di donna sorprende un uomo, seduto tranquillamente in uno scompartimento vuoto di un treno notturno, diretto da Venezia a Pescara. L'uomo quasi sobbalza, mentre ripone velocemente un fagotto di stoffa scura nel suo zaino: guarda la donna, più che altro la squadra, cercando di capire chi ha di fronte. Avrà una ventina d'anni: la pelle quasi bianca e liscia rilascia un gradevole profumo alla violetta, mentre dei timidi occhi, un po' assonnati, rossi di stanchezza, guardano un po' l'uomo un po' la stanza, in un immotivato imbarazzo creato dalla strana reazione dell'uomo. Il corpo snello presenta delle dolci forme nascoste da un cappotto non tanto pesante: le gambe scoperte spuntano da sotto una minigonna più corta del cappotto stesso, protette da pesanti calze nere. Un timido piede racchiuso da uno stivaletto è già dentro lo scompartimento. L'uomo non risponde e si alza di colpo: la ragazza vacilla un poco per la sopresa e perde la presa alla maniglia. La pesante valigia che regge con l'altra la trascina in una caduta: ma l'uomo stende il braccio e la blocca. La presa è forse un po' troppo forte e la ragazza si lamente un poco.

-Scusami... ero sovrappensiero... lascia che ti metta la valigia a posto... prego, siediti pure... hai l'aria stanca- sono le parole che pronuncia quello strano uomo. La ragazza lo guarda per la prima volta in viso: occhi piccoli e tristi in un viso illuminato da un sorriso caldo e sincero. L'uomo è piuttosto grande, vestito con una magliettina di cotone a maniche corte e dei pantaloni di lino scuro come la maglia, tra un grigio ed un nero, vecchie scarpe da tennis ai piedi. La ragazza arrossische un poco: quell'uomo la imbarazza, sentendosi subito a suo agio con lui ma percependo nello stesso tempo anche un distacco innaturale e freddo.

-Non ti preoccupare... grazie... scusami, non ho bussato perchè ti ho visto sveglio... non credeco di disturbare- dice la ragazza, mentre si siede di fronte all'uomo -dato che passiamo la nottata qui insieme, presentiamoci- ride un pochino- Mi chiamo Lucia... piacere- e la ragazza porge la mano, chiedendosi perchè mai avesse sentito l'esigenza di presentarsi a quello sconosciuto.

-Piacere mio, Alexander... non ti preoccupare non disturbi... anzi, fa sempre piacere viaggiare con qualcuno...- e le stringe la mano: una stretta calda che fa piacere alla ragazza, salita sul treno dopo essersi infreddolita per la lunga attesa alla stazione.

Lo sguardo di Lucia cade sullo zaino ancora aperto: uno binocolo fa capolino, ma è strano, pensa la ragazza, ha tutti quei fili scoperti e poi sembra avere una specie di elastico, come se si dovesse indossare come un paio di occhiali... La gamba di Alexander si sposta, ostacolando la vista della ragazza. Lucia se ne accorge e arrossisce un po': che dolce, pensa Alexander, il suo rossore è la manifestazione di una naturale sincerità di emozioni... piacevoli da sentire scorrere tutto intorno...

-Dove te ne vai, Lucia?- domanda Alexander

-Scendo ad Ancona... a Venezia studio architettura- risponde Lucia, sorpresa di aver detto più di quanto voleva -e tu? cioè... non volevo essere indiscreto... cioè- ed è subito rossa nel viso.

-Sono venuto a Venezia per una conferenza... sono un ricercatore... torno a casa, a Pescara- risponde Alexander, ed il suo sorriso caldo rilassa Lucia -ma mi sembri stanca... forse vuoi dormire... riposati pure, ti sveglio io ad Ancona... ok?-

-Va bene... grazie... si, forse hai ragione... sono un po' stanca... grazie, sei molto gentile- risponde Lucia.

La ragazza prende il suo zainetto e lo appoggia sul sedile, vicino al finestrino, poi si sdraia e sorridendo ad Alexander si sistema per riposarsi un po'. Passa davvero poco ed il respiro di Lucia si fa regolare e calmo: sta già dormendo, chissà quant'è stanca per prendere sonno così, fidandosi del primo venuto, pensa Alexander.

Poi prende lo zaino ancora aperto e ne estrae un piccolo fagotto di seta nera e lo appoggia sulla sedia accanto, fra lui e il finestrino. Poi ripone con cura lo zaino a terra, assicurandosi che il suo contenuto non sia più visibile... un visore infrarosso non passa inosservato...

Riprende il fagotto scuro e lo stringe fra le mani: chiude gli occhi e butta indietro la testa, come se il contenuto nascosto dalla seta gli facesse venire in mente chissà quale ricordo... Alexander sorride mentre scuote la testa ed appoggia il misterioso fagotto sulle gambe... guarda la ragazza, sì dorme tranquillamente... allarga la stoffa e ne scopre il contenuto... osservandolo si perde in un ricordo fresco fresco...

  

Due giorni prima, Museo di Venezia, orario di visite.

-...ed ecco i due preziosi manoscritti rinvenuti dalla spedizione archeologica del prof.Petrosa della locale università lo scorso marzo. Si tratta di antiche pergamene risalenti al I secolo d.C e rinvenuti nella valle di Q'Ruam, ricca come alcuni di voi ben sapranno di molti manoscritti della setta degli Esseni. Si tratta di due trascrizioni del noto Vangelo di Tommaso, uno dei tanti vangeli apocrifi esistenti. Ovviamente, si tratta di brani scritti in ebraico, poiché gli Esseni erano una setta ebraica che predicava un radicale distacco dal mondo fisico in preparazione alla vita ultraterrena dell'anima immortale. Mi permetto di farvi osservare come il concetto di immortalità dell'anima non sia tipicamente ebraico ma reintrodotto dal cristianesimo e di origine probilmente platonica... proseguiamo ora nella stanza successiva per poter ammirare...- le parole della guida del Museo di perdono lontano mentre uno dei visitatori rimane indietro nella stanza dei manoscritti, proprio sotto l'unica telecamera di sicurezza che punta dritto sui manoscritti. Il visitatore non si è perso: c'è intenzione nel suo ritardo, c'è azione nel suo pensiero. In mano una delle tante telecamere che ogni buon visitatore può avere in un museo: punta dritto sui manoscritti e poi fa un lenta panoramica della stanza, soffermandosi in alcune zone apparentemente vuote, per poi fermarsi su una piccola finestra del breve corridoio che separa le due stanze. Abbassa la telecamera e sorride. Il pensiero è già azione nella sua mente.

-Ora se i signori vogliono seguirmi...- sono le parole della guida che si avvicina per passare in un'altra stanza ancora. L'uomo si affretta: chiude la telecamera e si acquatta in un angolo con il finto intento di allacciarsi le scarpe. Ecco che passano, prima la guida poi gli altri visitatori: l'uomo di aggrega al gruppo rialzandosi e spostandosi velocemente, in modo che nessuna telecamera possa accorgersi della sua lunga fermata nella stanza dei manoscritti....

 

E' notte. Nei vicoli stretti ed umidi di questa splendida città anche la notte, scura e senza stelle, appare romantica e sensuale. Un uomo osserva il museo, un vecchio edificio un po' separato dagli altri: due piani, un lato che finisce nella laguna, un'altro con accanto un piccolo garage. Ed ecco la finestrella del primo piano: da dentro sembrava più grande, pensa quello stesso uomo. Vestito di nero, con abiti larghi di lino, forse troppo leggeri o forse no, difficilmente qualcuno lo noterebbe, passando distrattamente nella strada vicino. L'uomo si china, apre uno zaino scuro piuttosto gonfio, e ne estrae uno strano paio di occhiali, grossi e ingombranti, non molto comuni a dir la verità se non fra qualche gruppo scelto e qualche addetto di alcune industrie. Li infila al collo, pronto per l'uso, mentre controlla che alla gamba un pugnale affilato, probabilmente da lancio, sia ben attaccato. Si rimette lo zaino dietro la schiena: un rapido sguardo alla strada, un passamontagna che viene infilato e dei guanti che vengono fatti aderire per bene alle mani, e poi veloce l'uomo attraversa la strada, stando ben attento a non comparire nelle telecamere esterne che vigilano solo un lato del museo. Ed ecco che si trova sotto la finestrella: ci sono delle sbarre, ma le aveva già viste, come pure si era accorto che il muro non era molto sano a causa della forte umidità che aveva fatto un po' marcire lo stucco. Pensava che un leggerissimo colpettino ben assestato poteva far cedere quelle sbarre, ma prima doveva controllare dove era l'impianto di sicurezza. Occorreva cercare un piccolo filo metallico che fungeva da terminazione elettrica ed era in contatto con la finestra e probabilmente anche con le sbarre. Occhi attenti ma emozionati scrutano quella piccola porzione di muro: finalmente trova la terminazione elettrica, prende una piccola pinza attaccata ad una polsiera magnetica ed effettua il cambio di linea... dovrebbe funzionare, pensa rimettendo la pinza a posto. Infila gli occhiali e il mondo cambia intorno a lui, assumendo colori strani, da videogioco: incrocia le dita fra loro, facendo entrare meglio i guanti, più per nervoso che per necessità. Pensiero che diventa Azione. L’emozione che gli attraversa il corpo in un brivido. Ed ecco che si muove...

  

Un rumore lo desta dal ricordo: la porta dello scompartimento si è aperta. Un uomo cerca un posto per poggiare i bagagli e riposarsi un po’. Fa un cenno con la mano: non vuole svegliare la ragazza e sorridendo richiude la porta, allontanandosi. Alexander ricambia il sorriso ma i suoi occhi sono ancora persi nel ricordo di poco fa. Poi guarda fuori, rilassandosi, senza pensare. Ripone il fagotto nello zaino quando una voce metallica che annuncia la fermata di Ancona. Si alza e si avvicina a Luisa, che dorme senza curarsi di nulla: ci piega sulle gambe e le tocca la spalla. La ragazza si sveglia e vede il sorriso caldo di Alexander che l’accoglie. – Stiamo per arrivare ad Ancona – dice Alexander – ci sei? Ora ti aiuto con lo zaino.- Luisa si stiracchia, mormora di esserci e si mette a sedere. Alexander è in piedi, davanti a lei, entrambi gli zaini a tracolla: i suoi occhi lo osservano, soffermandosi sulle sue spalle e sul suo viso. La ragazza si alza ed il treno sobbalza, facendola finire addosso all’uomo. Si perde, piccola come, sul suo petto: sente battiti veloci del cuore, ma poi rallenteno e tornano normali. Lei alza lo sguardo ed incrocia Alexander che sorride. La voce metallica che annuncia la prossima stazione, libera i due dall’imbarazzo. Luisa apre la porta dello scompartimento ed esce, seguita da Alexander. Arrivano alla porta ed aspettano, senza dire una parola. L’uomo osserva la donna, mentre lei fugge il suo sguardo, colpita dalla freddezza e dal calore che riesce a sprigionare nello stesso tempo.

Il treno rallenta fino a fermarsi, la porta si apre, Luisa scende: mentre prende lo zaino dalle braccia di Alexander vorrebbe dirgli qualcosa. Ma poi gli occhi tristi dell’uomo la trattengono. Lui la saluta e lei risponde con un cenno della mano. Il treno si allontana. L’uomo torna al suo posto e lì rimane: poco prima della stazione di Pescara compra un giornale. Lo sfoglia seccamente, fino ad una pagina di cronaca:

 

RUBATO MANOSCRITTO ANTICO.

VENEZIA. Nella notte tra il 16 e il 17 c.m. ignoti si sono introdotti all'interno del Palazzo Ducale deludendo la rigida sorveglianza delle guardie e i vari sistemi d'allarme si sono addentrati nelle sale del palazzo e impossessati di un prezioso manoscritto custodito nella cassaforte lasciando comunque alcuni oggetti e manoscritti di valore immenso; il Furto è stato scoperto soltanto la mattina successiva quando gli addetti all'esposizione hanno trovato gli allarmi disattivati, la cassaforte socchiusa e si sono accorti della mancanza del manoscritto. "Chi ha rubato il manoscritto era interessato a quello soltanto" ha dichiarato il Vice Procuratore di Venezia alla conferenza stampa dopo il colloquio con il Direttore del museo "altrimenti non si spiegherebbe perché abbia lasciato altri oggetti di valore superiore, l'unica alternativa è che il ladro possa essere stato disturbato ma secondo le testimonianze delle guardie nessuno si è accorto di nulla, comunque le forze dell'ordine sono già all'opera se il ladro si trova ancora a Venezia riusciremo ad incastrarlo" e rispondendo alle nostre domande continua " comunque dai pochi indizi a nostra disposizione posso solo aggiungere che il ladro conosceva bene i sistemi di sicurezza e la locazione della cassaforte quindi possiamo supporre che ci troviamo di fronte a un professionista...

 Alexander sorride e si alza: il treno si è fermato. Lascia il giornale sul sedile si allontana. Scuote la testa e mormora una parola: un professionista...

 


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