QUALCOSA DA RENDERE
(v. a m. 18 anni)

di Paolo Corsini e ***
Con Paolo Malatesta (Ódhinn) e Dalila*


È tardi, esco dal pub e sono anche mezza incazzata, quei due a sbaciucchiarsi così davanti a tutti, davanti a me che proprio queste sere non riesco a dormire... Ho pianto per dei mesi, poco a poco sono tornata forte, più forte di prima.
Che freddo! Ma non mi allaccio la giacca, voglio sentire la pelle rabbrividire, inturgidirsi dal freddo fino a fare male.
Lui è qui... c’è, c’è sempre stato, cosa gli ha impedito di contattarmi, di chiamarmi, telefonarmi... quando io gridavo il suo nome fra la rabbia ed il dolore, dopo quello che mi ha fatto... neanche una parola. Follia lo comandava? E Ragione dov’era?
(La macchina corre e neppure mi sono accorta di dove sono...)

I platani di un ampio viale nel cuore della Roma bene gli passano accanto come in una poesia di Rimbaud. Macchine in doppia... tripla fila. Locali gremiti di folla variopinta che si agita, come su una passerella, non riescono nemmeno per un secondo a catturare la sua attenzione.

Era Follia quella notte a Montecarlo? Lo so, l’ho sentito, non era lui, Ódhinn aveva il sopravvento e straziava l’uomo che amavo... con chi potevo prendermela?
(Sono quasi arrivata, rallento...)
Con il suo dolce viso ubriaco o con i suoi baci, sinceri e falsi allo stesso tempo, o i suoi abbracci caldi e distaccati? Non ho avuto il tempo, troppa confusione in quei giorni, credevo di non potere mai più chiarire... Mentre il mio cuore continuava a battere e ricordare le parole: “yo espererò, en la ribeira”, o il suo corpo nudo sotto la luce della luna… tempi felici… I baci, oh dolce scusa quella spiaggia a Rosignano. Gli abbracci, le carezze...

L’ampia strada che piega dolcemente ma inequivocabilmente verso sinistra è quasi deserta: macchine parcheggiate su entrambi i lati della carreggiata, qualcuno porta a spasso un cane.
Lo schnauzer nero volta per un attimo la sua testa verso di lei. Qualcuno si accende una sigaretta.

(Sbatto la portiera, che importa!)
Ódhinn c’è! 
Quel messaggio assurdo di Horus: Ódhinn c’è!
Poi Lancillotto che conferma: Ódhinn c’è!
(Scendo gli scalini...)
Il cuore mi batte come non faceva da tempo. E se…
Il cuore mi fa male. Ma se...
No, le lacrime non deve vederle.
Busso, chiudo gli occhi in un’interminabile attesa, un secondo, due secondi, tre secondi…

La porta si apre ed appare un uomo.
Indossa solo un paio di jeans, è scalzo. Un vago odore di borotalco lo avvolge.

(Mi sento quasi mancare... c’è, grazie o Dèi! Lo fisso combattuta, che confusione, e adesso? Un flash, un’immagine, mi vedo fra le sue braccia, il suo odore... No! Non ci pensare nemmeno! Troppo facile. Mi costringo a distogliere lo sguardo, mi guardo attorno, respiro...) 

L’ingresso dell’appartamento è ingombro di libri. Diplomi, brevetti e fotografie appesi alle pareti. Un cappello militare spunta da uno scaffale. Da una porta si intravede un computer, acceso, su di una scrivania sommersa di libri. L’uomo stava evidentemente lavorando. I suoi occhi guardano la ragazza, indagatori eppure distratti, curiosi, distanti, freddi. Un ampio sorriso illumina il volto che conosceva.

- Ciao... posso?-
(Mi raddrizzo nello spirito, sono forte, sorrido... senza entusiasmo, quello sguardo mi agghiaccia, lo sguardo dell’ultima volta. Anche Lui è qui!)
 
Profumi d'erba e di notte ritornano prepotenti ad inebriare i miei sensi. Poi una brezza marina li disperde mentre il morbido calore della sabbia dopo un giorno di sole mi solletica le suole. Infine un grido di gabbiano che si staglia sopra la risacca del porto esaurisce l’incanto. 

L’uomo fa per parlare, ma una mano corre veloce a coprirgli la bocca: - Dalila*- sussurra lei con un tono complice ma che non ammette errori.
- Dalila*... Dalila*- ripete l’uomo. Ecco che uno degli occhi di lui si spegne, mentre l’altro sfavilla di un insolito turchese. Paolo Malatesta si piega in due in una smorfia di dolore, una mano corre rapida al costato, l’altra si sorregge allo stipite.

(Una stretta al cuore, mi trattengo dolorosamente... forse... ) 

Ma subito si erge nuovamente eretto. - Perdonami mia dolce Dalila*- dice Paolo mentre porta dolcemente il dorso della mano della donna alle labbra indugiando un attimo ad aspirarne il profumo della pelle.

(Un brivido... l’avrà sentito?)

- Sono veramente imperdonabile per la mia mancanza di buone maniere... entra, accomodati.- Lasciato l’ingresso i due entrano in un’ampia stanza dominata da un libreria letteralmente traboccante di volumi. Mucchi di giornali per terra, una cartina dell’Europa segnata con un pennarello riempie una parete. Da un lato una comoda poltrona e ai due lati pile di libri.
Paolo indica la poltrona: - accomodati piccola Dalila*... penso che si debba fare una lunga chiacchierata- e sprofonda in un piccolo divanetto di fronte alla poltrona. Poi si rialza di scatto e battendosi la fronte esclama: - Di nuovo imperdonabile... bevi qualcosa? Hai fame? Una doccia?- 

Lentamente Dalila* si sfila la giacca lunga beige, i movimenti controllati scoprono il top allacciato al collo e la schiena nuda.
(Accidenti, potevo venire in jeans e maglietta!)
Un lieve rossore esaltato dal contrasto dei riflessi azzurro-dorati del top, si affretta a sedersi.
(Non sarà affatto facile... una doccia? ci vorrebbe proprio…)
- Grazie, non ho fame, cos’hai da bere?- si guarda intorno dubbiosa...

- Lo so cosa pensi, ma non è così! Sai, ultimamente cerco di coccolarmi parecchio... e diciamo che ho smesso di bere, almeno per un po’. Quindi sia il frigo che il bar sono pieni!- 
Gli occhi di Paolo non possono non correre alla schiena scoperta, le spalle, il collo. Mesi e mesi cancellati in un attimo. Mentre gli da le spalle fa come per allungare una mano. Una carezza? Ma poi la ritrae subito. Apre il frigo e ne estrae una bottiglia di Cortese di Gavi: - Penso che questo possa andare…- E ne versa un bicchiere per Dalila*.

Con uno sguardo dubbioso ma speranzoso lei accetta di buon grado il vino.
D’un tratto scruta più attentamente l’uomo muoversi nella stanza.
(Paolo... sì, Paolo... eppure un po’ sciupato… forse... ma di nuovo lui. Non posso aspettare, se aspetto troppo poi non ce la faccio…)
Chiudendo gli occhi si riscuote da un breve moto di struggimento, scrolla il capo, si ravviva i capelli con le dita spettinando le onde ramate.

(Oddio, il suo profumo.)

Con sguardo fermo: - Ti ho portato una cosa...- tira fuori una scatolina blu notte con un fiocchetto color platino, - Sai cosa significa? Le parole a volte sono così sciocche…- le mani tradiscono la tensione tremando visibilmente mentre porge il pacchetto a Paolo.
Nel pacchetto c’è un globo di cristallo di quelli che se li volti viene giù una pioggia di brillantini, contiene una viola del pensiero: “…però osservai dove il dardo di Cupido finì: cadde su un picciol fiore d’occidente, allora candido come il latte ed ora rosso d’amorosa piaga. Viola del pensiero lo chiaman le fanciulle.” (Da Sogno di una notte di mezza estate Shakespeare).
Ed una pergamena legata con un nastrino… (Nascosto, sotto il raso blu della scatolina, un CD.)

Paolo, con gesti lenti e misurati srotola la pergamena:

Mon cœur s’ouvre à ta voix comme s’ouvrent les fleurs aux baisers de l’aurore!
Mais, ô mon bien-aimé, pour mieux sécher mes pleurs, que ta voix parle encore!
Dis-moi qu’à Dalila tu reviens pour jamais; redis à ma tendresse les serments d’autre fois 
ces serments que j’aimais!
Ah! réponds à ma tendresse!
Verse-moi, verse-moi l’ivresse!
Réponds à ma tendresse!
Réponds à ma tendresse!
Ah! Verse-moi, verse-moi l’ivresse!
Ainsi qu’on voit des blés les épis onduler sous la brise légère, ainsi frémit mon cœur, 
prêt à se consoler à ta voix qui m’est chère!
La flèche est moins rapide à porter le trépas que ne l’est ton amante à voler dans tes bras, 
à voler dans te bras!
Ah! réponds à ma tendresse!
Verse-moi, verse-moi l’ivresse!
Samson!
Samson! je t’aime!

Dalila* che ha osservato fino a quel momento il volto, gli occhi, le labbra dell’uomo quasi potesse leggervi una risposta, posa uno sguardo sulle sue mani... infine affoga i propri occhi nel bicchiere tenendolo con due mani quasi aggrappandosi ad esso. Il piede dondola nervosamente appena calzato nel sabot pitonato facendo fluttuare il pantalone ampio.
 
Gli occhi di Paolo scorrono le righe in un crescendo di emozioni 
(ora mi alzo, la bacio, e facciamo l’amore senza dire null’altro. No, alzo gli occhi dal foglio la guardo e le dico “ti amo”. Ma no, ma no, come posso. gli sorrido e gli dico “Grazie mia piccola Dalila*, è bellissima, l’hai scritta tu?” e piano piano, tra il serio e il faceto, cerco di cambiare argomento, in fondo sono bravo con le parole... Ma con chi mi credo di avere a che fare! Come vorrei poter chiudere gli occhi e sparire, sciogliendomi nel nulla.) 

Attimi di silenzio che sembrano un'eternità 
Con gesti lenti Paolo posa la sfera su di un tavolino, accanto vi ripiega piano il foglio con la lirica appena letta. Si alza e si avvicina a Dalila*, le prende dolcemente le mani scostandogli il bicchiere dalla bocca, poi lo afferra e lo posa su di una delle pile di libri accanto alla poltrona.

Il piede smette di dondolare e rimane bloccato un attimo a mezz’aria poi scende lentamente.
(Oh Dèi, si avvicina, ora farà mille discorsi e non riuscirò a stargli dietro... lo sapevo che diventava difficile.)

Fissa la donna con infinita dolcezza: gli occhi sono quelli dell’uomo, marrone appena screziati di verde.

(Ma quanto ho bevuto?? Oh Madre... che dica quello che vuole.)

Le prende il capo tra le mani e avvicina piano le sue labbra a quelle di Dalila*: un bacio tenero e lungo, carico di sentimento e voluttà. Il bacio di un uomo e di una donna.

Una lacrima scivola veloce sulle guance di Dalila*.

Quando le labbra si distaccano, Paolo le passa una mano tra i morbidi capelli rossi. 
- Mia piccola Dalila*, ho sempre pensato che non si potesse catturare il vento, e invece tu ora mi offri il tuo cuore!- il viso gli si illumina e la stanchezza che Dalila* aveva prima letto sul suo volto sembra dileguarsi.
Per un attimo.
- Dalila*, ma tu sai chi sono?- e qui assume un’espressione severa e tutta la stanchezza torna a segnarne il volto - o meglio, chi sono diventato? Come puoi chiedermi quello che mi stai chiedendo? Come posso io risponderti quello che vorrei risponderti?-

Ancora avvolta dal calore della sua pelle, dalla dolcezza del bacio, gli occhi semichiusi chiedono alle orecchie di non sentire... Chi vuole parlare?! No, non ora. Il crollo improvviso della tensione le disegna sul viso un’espressione...
(Inebetita, ma che cavolo, lo vedi! Non ti sai proprio controllare!)
Dalila* si riscuote dal torpore abbassa un poco il viso, si riprende, connette. Quindi alza gli occhi e scosta lentamente i capelli dal viso.
- Ho avuto la risposta che volevo, continuerò a conservare questa emozione, ne vale bene la pena, Paolo so chi sei, per quanto mi basta sapere, hai ancora un'emozione per me!- 
Lentamente accarezza quel viso che non sperava di rivedere, la fronte, la guancia, il mento e, dolcemente, con il pollice, le labbra... 
- Tu sai chi sono, il mio dono non è assoluto lo è solo nel suo genere. So chi sei diventato e so adesso che puoi conviverci, io non chiedo promesse eterne, io voglio amare l’uomo, non pretendo che un Dio mi ami, Desidero che lo possa l’uomo, Desiderio è libertà, questa libertà chiedo ad Ódhinn!- 

- No, no, ancora una volta non hai capito... nessuno può capire. Un Dio! Bah, la pallida ombra di un dio, il vago ricordo distorto e contorto di quello che fu qualcosa di simile a un dio, imbrigliato impotente in un corpo mortale inadeguato con il fardello indelebile di ciò che è stato. L’Uomo poi… schiavo fra tutte solo di due pulsioni Desiderio e Psiche, chiuso in un rigido percorso segnato da due soli binari che qualcun altro ha posato per lui. L’uno non è senza l’altro ma l’uno è l’altro sono la stessa cosa. Amore e Odio, ricordo e oblio, vita e morte…-
La testa gli gira vorticosamente, la tensione è insopportabile, inumana… e troppo umana.
Il Limite è sul punto di rompersi, il Limite sembra schiacciarlo.

Dalila* ha una stretta al cuore a quelle parole, d’un tratto tutta la sofferenza dell’uomo è visibile e terribile, dal volto traspare il travaglio interiore.
Ora gli stringe la mano tra le sue fervidamente. 
- Perché amore è libertà e non puoi catturare il vento ma il vento può possederti, colpirti e sferzarti con raffiche di sabbia come può lambirti con onde di spuma leggera carezzandoti dolcemente, danzando sul tuo corpo, avvolgendolo di gelo o di calore, di piacere e di dolore. Può alzarsi e straziare vele, cullare fronde... E può tornare con nuova forza, nuovo calore, perché anche il vento ha un suo ricetto, come la vela che ne è preda tornerà al porto.-
Lo sguardo ardente, le labbra dischiuse e le guance arrossate, Dalila* sussurra all’uomo implorando il Dio, i capelli scarmigliati ed il cuore palpitante ancora una volta attende una risposta... ma importa poco, quell’uomo vive e ama anche per lei, sarà pronta a battersi con ogni mezzo, finché sarà così, pronta a strappare ogni bacio, ogni carezza, perché quell’uomo così diverso da ogni altro possa ancora guardarla con quegli occhi.

La vista della donna, i suoi occhi, i suoi capelli, la fragranza che emana da lei fermano ogni pensiero in Paolo, placano ogni tensione in Ódhinn.
Paolo Malatesta la fissa ancora per un attimo... interminabile.
Ódhinn, la Nota immortale, Desiderio di Psiche, non può amare, ma in quel momento quasi arriva a capire, quasi arriva a comprendere, quasi arriva a sentire quello che prova l’uomo: Passione e Follia in fondo non sono l’essenza dell’amore? Il Signore della Sapienza concede e si concede quello che fino ad ora non aveva mai permesso del tutto, si annulla e si fonde in Paolo Malatesta lasciando che, almeno per un poco, sia l’uomo a vivere.
In quell’istante i sensi di Paolo esplodono come a lungo trattenuti e ogni freno si annulla. Le sue labbra si uniscono nuovamente a quelle della donna in un bacio ancora più intenso, più lungo, più intimo e profondo.

Dopo aver osservato immobilizzata il volto di Paolo a tratti duro imperturbabile a tratti sofferente, Dalila* ha un attimo di smarrimento, solo un attimo, il fremito che sente salire su dalle reni è così vivo, così animale che non chiede ragioni, gli occhi si chiudono e le mani affondano fra i capelli, accarezzano il volto: emozioni, ondate di emozioni e gioia e passione...

La sua bocca cerca il corpo di Dalila* quasi affannosamente, il bacio si trasforma in altro mentre le labbra di lui percorrono il viso scendendo rapide verso il collo.

Dalila* rovescia la testa indietro, il respiro si fa più rapido... un brivido dolcissimo.

Le mani freneticamente sciolgono dietro alla nuca il nodo che sorregge il top azzurro-dorato della ragazza.
Mentre la schiena di lei subisce la stretta delle ampie mani di Paolo, la bocca di lui, assaporando e mordendo ogni centimetro della pelle dorata di Dalila*, scende sugli ampi seni, soffermandovisi a lungo.

Il cuore batte all’impazzata, la schiena si inarca mentre una gamba di lei accarezza i fianchi dell’uomo fino a stringerlo a sé. Le mani scorrono sui muscoli tesi godendone il calore... il piacere presagisce il piacere in un crescendo inarrestabile.

Le mani dell’uomo sono nuovamente all’opera per liberare la donna dai morbidi pantaloni... un attimo di tregua per sfilarli e riprendere fiato. Il corpo di lei, finalmente nudo, è un richiamo irresistibile per Paolo: la penombra disegna Rune portentose sui seni e sui fianchi rotondi di Dalila*, mentre la fragranza che emana è l’essenza stessa della primavera.
Oramai nulla lo trattiene dal tuffarsi fra le sue cosce tornite per assaporare la fragranza del sesso di lei. Così, con passione e abilità Paolo accompagna la donna fino alle vette più alte del piacere.

Dalila* artiglia ora le spalle ora i capelli mentre non più trattenuti dalle labbra le sfuggono gemiti di piacere incontrollabili, il calore la pervade mentre il corpo è scosso da fremiti, il Desiderio cresce a dismisura... 

È troppo, per uomo o dio che sia. Paolo Malatesta si alza dal corpo di lei, si libera in fretta dei jeans e con un unico movimento solleva Dalila* sbattendola contro la parete.

Dalila* ansima i capelli sconvolti le coprono parzialmente il volto, gli occhi socchiusi, le guance in fiamme, le labbra gonfie di passione, le gambe si avvinghiano al corpo di Paolo... 

È dentro di lei.

Un gemito. Le labbra cercano avide un bacio, umido, animale fra gemiti, morsi e sospiri e mani che stringono, accarezzano, artigliano…

Il tempo si annulla nell’amplesso dei due corpi immobili e sospesi tra i mille intrecci della realtà.
Luci e suoni, ansimi e grida e baci, il corpo vibra, si arcua, trema in un’esplosione di fuochi d’artificio. Poi si addolcisce, un poco... un poco, un brivido caldo... le mani, le labbra tornano a cercare... dolcemente, poi sempre più insistenti fremono sospirano chiedono... ancora e ancora e ancora.

Fanno l’amore due, tre, forse quattro volte, il ricordo si annulla nella passione della notte, fino a che esausti i corpi dei due amanti non scivolano nell’oblio del sonno sul finire della notte.
Il cinguettare festante di un pettirosso e di una cinciallegra salutano l’alba radiosa che allunga le sue dita sul mondo.

Il risveglio è lento e piacevole, un morbido bacio, un caldo abbraccio.
Quando finalmente Dalila* stiracchiandosi torna in se, le labbra sentono ancora il suo sapore, intorno il suo odore... ogni centimetro di pelle ricorda i suoi baci e le sue carezze.

Lo scroscio della doccia.
Immagina il corpo coperto di gocce d’acqua lucenti, la schiuma, il vapore caldo.

Prima che Lui ritorni, prima che i sensi e la Ragione si risveglino del tutto, forse c’è ancora tempo. Lentamente si alza, cerca nell’involucro il CD nascosto, trova il lettore e lo inserisce selezionando il ritorno a capo: “Mon cœur s’ouvre à ta voix” struggente si alza con la sua voce.

La porta della doccia si apre, neanche il tempo di riflettere, di rispondere che le labbra di lei tacciono le sue in un bacio ardente di voluttà, le mani languide e vogliose scivolano con la schiuma sul suo corpo d’albero mentre i seni premono turgidi sul suo petto.
La bocca si chiude morbida sulle labbra, la lingua si insinua, i denti mordono, le labbra suggono avide... poi lente scendono sulla curva del collo assaggiando, mordendo... scendono sul suo petto forte fino a morderne i capezzoli, la lingua disegna arabeschi sulla pelle, indugia tenera nell’ombelico... poi ancora, in cerca del brivido animale, scende le pieghe dell’inguine fino ad accogliere fra le labbra avide il sesso palpitante di Desiderio. Le mani, le labbra, il corpo chiedono fino al limite, fino a quando la carne sazia ed esausta sembra urlare ansante “basta!” 
Le note finali dell’aria d’opera filtrano fra i vapori... “Samson! Samson! je t’aime!”…

Ora è dolce lasciarsi sapendo che mai più ascolterà la sua voce, mai più guarderà il suo volto, 
senza che un brivido di passione le salga prepotente dalle reni, 
riportando alle labbra il profumo dei suoi baci… 
ed il Desiderio ardente nei suoi occhi!
 
 
 


PATHOS © 2001
Associazione di Letteratura Interattiva