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    Date: Tue, 22 Feb 2000 08:26:11 -0500 (EST) 
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    Subject: [pathosNET] Pathos News: : Clima da Guerra Fredda 


    PATHOS  NEWS
    Rassegna Stampa (a cura di Giorgio Pulitzer)
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    The Pravda Tribune, 21 febbraio 2000

    CHI E' L'UOMO ARRESTATO ALL'AEROPORTO DI MOSCA?

    La nuova linea politica del presidente Vladimir Putin comporta il ritorno della Guerra Fredda? Questo si chiedono oggi gli osservatori internazionali di fronte agli ultimi eventi. Non solo negli ultimi tempi la diplomazia russa a iniziato a rinsaldare rapporti di ogni tipo con alcuni dei maggiori ex paesi-satellite di Mosca, come la Corea del Nord, il Vietnam, l'Iraq, ma soprattutto  ritorna in auge lo stile da Cortina di Ferro con dei comunicati stampa ufficiali, sempre piu' poveri di informazioni come accade nella guerra in Cecenia. 
    A questo proposito e' esemplare il pesante velo di segretezza che e' calato sull'arresto di un serbo all'aeroporto di Mosca il 9 febbraio scorso. Un arresto che ha portato ad una tensione crescente tra il Governo, il Tribunale Internazionale dell'Aja e la NATO. 
    L'uomo arrestato, Lazar Jakovic, e' una delle "tigri" di Zeljko Raznatovic, il famoso comandante Arkan ucciso a Belgrado qualche settimana fa durante un attacco terroristico che rimane ancora inspiegato.  Lazar Jakovic, ufficiale  in congedo dell'esercito regolare jugoslavo, ha partecipato attivamente alle azioni del gruppo paramilitare serbo durante la guerra in Bosnia-Erzegovina e su questa base  e' stato formalmente incriminato dal Tribunale Internazionale dell'Aja. A suo carico sono ascritte, in quanto ufficiale di piu' alto grado presente,  le deportazioni e le indiscriminate
    uccisioni avvenute nella cittadina di Foca ad opera delle formazioni che gli organi internazionali ritengono "irregolari" presenti sul territorio. Secondo le informazioni raccolte del tribunale internazionale, le Tigri di Arkan avrebbero partecipato anche alle azioni dell'ultima guerra in Kosovo, ma questo e' negato sia dalle fonti ufficiali jugoslave che dagli interessati.
    Al momento dell'arresto, Lazar Jakovic era in possesso di un passaporto italiano a nome di Alessandro Mai. Il Ministero degli Esteri italiano ha smentito qualsiasi coinvolgimento e ha denunciato immediatamente alla magistratura italiana il clamoroso falso compiendo tutti gli accertamenti del caso. 
    Il 13 febbraio il parlamento della Repubblica Serba ha fermamente protestato, per voce del Primo Ministro, contro l'arresto di un cittadino di nazionalita' serba, mentre il Primo Ministro dello Stato federale jugoslavo si e' dichiarato pronto a prenderlo in consegna e a processarlo davanti alla Corte Marziale del suo paese come sarebbe suo diritto. 
    Nella stessa giornata il segretario generale della NATO, George Robertson, ha cancellato la sua visita ufficiale a Mosca in programma per il 16 febbraio.
    Lazar Jakovic, a quanto e' dato di sapere, e' ancora in Russia, e il Governo  non ha ancora preso una decisione sulla sua consegna al Tribunale internazionale. Nel frattempo, in un'audiocassetta registrata giunta ieri al nostro giornale, e contemporaneamente alla sede dell'Ambasciata italiana e al tribunale internazionale dell'Aja, un anonimo informatore fa sapere che il detenuto ha tentato il suicidio in cella e ora versa in gravi condizioni. La notizia non e' stata confermata dagli organi ufficiali russi,  ma ha messo in allarme tutti coloro che hanno a cuore l'accertamento della verita' sulle stragi compiute in Bosnia e in Kosovo. 
    Alcuni giornalisti occidentali hanno rimarcato il fatto che in un paese democratico queste operazioni occulte e degne di intrighi internazionali da Guerra Fredda dovrebbero avere fine.  La stampa occidentale non ha nulla da insegnare da questo punto di vista, ma va detto che il rispetto dei trattati internazionali richiede che Lazar Jakovic venga consegnato alla Corte suprema dell'Aja. Se il Governo ritiene di dover condurre una politica di ripristino delle aree di controllo geopolitico antecedente al 1989, lo dica chiaramente, ma dimostri in entrambi i casi di voler davvero continuare su quella linea della "trasparenza" che e' stata inaugurata da Gorbacev e che ora sembra improvvisamente compromessa. 

    Piotr Stifelov
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